Estetista uccisa a Mola di Bari: l'ex condannato a 26 anni e sei mesi. La madre della vittima: «E' stata fatta giustizia»

Bruna Bovino (foto da gruppo social Giustizia per Bruna Bovino)
Bruna Bovino (foto da gruppo social Giustizia per Bruna Bovino)
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Lunedì 20 Settembre 2021, 17:53 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 10:02

Ventisei anni e 6 mesi di reclusione per l'omicidio della ex Bruna Bovino, estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. E' stato condannato dalla Corte di Assise di Appello di Bari,  Antonio Colamonico imputato per l'omicidio della giovane estetista. La madre della vittima: «Finalmente è stata fatta giustizia».

La decisione dei giudici

La Corte di Assise di Appello di Bari ha condannato alla pena di 26 anni e 6 mesi di reclusione Antonio Colamonico, imputato per l'omicidio della ex Bruna Bovino, estetista 29enne italo-brasiliana uccisa a Mola di Bari il 12 dicembre 2013. I giudici hanno letto la sentenza al termine di una camera di consiglio durata alcune ore. In primo grado, nel luglio 2015, Colamonico era stato condannato a 25 anni di reclusione. In appello, nel novembre 2018, era stato assolto e oggi, dopo l'annullamento con rinvio da parte della Cassazione, un nuovo collegio della Corte di Assise di Appello ha ribaltato la sentenza dichiarandolo colpevole di omicidio volontario e incendio doloso, senza il riconoscimento della continuazione tra i due reati. 

La madre della giovane vittima

«Mia figlia non c'è più, non tornerà più e nessuna sentenza potrà restituirmela, ma oggi dopo 8 anni finalmente è stata fatta giustizia». Sono le parole pronunciate in lacrime da Lilian Baldo, la madre di Bruna Bovino, al termine del processo di appello bis. Uscendo dal Palazzo di giustizia di piazza De Nicola, a Bari, la donna, assistita dall'avvocato Filippo Spera, si è detta «fiduciosa che la Cassazione, se questa sentenza dovesse essere impugnata, confermerà la condanna. Lui era l'unico, non c'erano altri indiziati, non poteva essere stato un altro e adesso lo hanno confermato i giudici.

Mi batterò fino a quando sarò viva perché mia figlia abbia giustizia, per lei e per i suoi figli». In aula, in attesa della lettura della sentenza, la donna si è inginocchiata davanti alla Corte, prima che entrassero i giudici, e ha fatto un segno della croce. Poi, dopo il verdetto, ha urlato nei corridoi «assassino» rivolgendosi a Colamonico. Nel processo erano costituiti parti civili, oltre alla mamma della vittima, la zia e la Regione Puglia, assistite dall'avvocato Pasqua Facciolongo e le associazioni Giraffa e Safiya, rappresentate in aula dagli avvocati Maria Pia Vigilante e Irma Pastore.

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