Conte, fiducia menomata. E sul finale in Senato il giallo Ciampolillo

Conte, fiducia menomata. E sul finale in Senato il giallo Ciampolillo
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Giovedì 21 Gennaio 2021, 01:18 - Ultimo aggiornamento: 01:20

Francesco G. GIOFFREDI
I numeri sono da fiducia mutilata, precaria innanzitutto sotto l'aspetto politico, e perciò pure dell'agibilità programmatica. Giuseppe Conte sopravvive al Vietnam del Senato, ma incassa solo 156 voti a favore, col giallo finale del sì a fil di sirena del barese ex cinque stelle Lello Ciampolillo: il premier s'attesta al di sotto della maggioranza di 161, ma i 156 voti (quota strappata grazie al supporto di tre senatori a vita) sono appena sufficienti per non affondare e per rincasare a Palazzo Chigi dopo un'altra giornata di appelli accorati, di aperture al centro, a pezzi di centrodestra, a pattuglie di transfughi, incrociando le lame dialettiche con Matteo Renzi e i suoi fedelissimi (al voto serale Italia viva si astiene, come da annuncio di Teresa Bellanova: segnale di parziale, teorica, «disponibilità»). Il governo è tuttavia costretto a navigare a vista e sotto costa, la crisi resta aperta, un enigma dai mille scenari. Il secondo tempo comincia oggi: il premier dovrà puntellare la maggioranza reclutando qui e lì pezzi di quelli che aveva ribattezzato «i volenterosi». Rimpasto o Conte-ter, che implicherebbe un passaggio al Quirinale, sono le due opzioni prioritarie. Il crollo, un nuovo governo e - forse - il voto è l'altra strada che corre parallela ai moderati entusiasmi giallorossi.
Il finale di giornata ha visto protagonista un pugliese, ieri. Si tratta di Lello Ciampolillo: barese alla seconda legislatura, eletto con il M5s e però espulso lo scorso anno (per l'affaire rimborsi), noto per posizioni spesso all'insegna del complottismo più estremo, ieri era letteralmente scomparso. Per tutta la giornata il pallottoliere dei retroscenisti di palazzo Madama non sapeva se attribuire al fronte del sì o del no il voto del senatore del gruppo Misto. Ciampolillo non risponde nemmeno alla prima chiamata nominale della presidente Casellati. Scomparso. Al secondo round sembrerebbe ancora disertore, al pari del socialista Riccardo Nencini. Riappaiono entrambi sul gong, quando cioè Casellati sta per decretare chiusa la votazione. Che fare? Caos, bagarre, Var come su un campo di calcio: si ricorre alla ricostruzione video, i due desaparecidos possono essere riammessi. E scandiscono entrambi il sì, tra la soddisfazione di leader e peones giallorossi. Ciampolillo così s'arrampica per una notte sulle copertine. Era già accaduto, nel 2018: sempre iscritto al fronte dei minimizzatori del flagello xylella, decise di eleggere la propria residenza parlamentare su un ulivo in agro di Cisternino che doveva essere abbattuto in quanto infettato dal batterio. Riuscì a inibire le operazioni per un po', l'albero è stato poi tagliato. Può comunque essere particolarmente istruttivo un tour sulla pagina facebook del senatore barese: gli ultimi post hanno come filo conduttore i dubbi sulla vaccinazione Covid, oltre che su restrizioni governative e pandemia. In tarda serata, Ciampolillo spiega così: «In un momento così critico per il Paese ritengo necessario porre l'interesse comune della Nazione avanti a singoli interessi di partito. Aprire una crisi di governo nell'attuale condizione di emergenza sanitaria, economica, sociale, significherebbe solamente aggravare una situazione già compromessa con ulteriori ripercussioni sulla popolazione già stremata. Non mi hanno offerto incarichi. Il mio voto è nell'interesse di tutti gli elettori e della nostra bellissima Nazione che deve rialzarsi quanto prima». Renzi passa subito all'attacco: «Ciampolillo? Quello che dice che la xylella si cura col sapone...». In effetti, sul curriculum del barese c'è anche questo.
Il bollettino degli altri senatori pugliesi alla vigilia ritenuti in bilico, è invece senza scossoni. Si schiera col governo il salentino Maurizio Buccarella, curriculum sulla carta speculare rispetto a quello di Ciampolillo (ex M5s, seconda legislatura, espulso per il caso rimborsi), ma toni decisamente più moderati: da qualche giorno ha aderito al neonato gruppo Maie-Italia23, ritenuto il primo embrione della truppa leggera di «volenterosi». Non disattende le indicazioni di scuderia invece Anna Carmela Minuto: barese di Forza Italia, anche lei latitante per l'intera giornata, ha votato no, nonostante venisse indicata tra i forzisti-centristi in libera uscita verso il contismo. In effetti, Forza Italia ha perso per strada ieri un paio di pezzi: Maria Rosaria Rossi e Andrea Causin, la prima fa particolarmente clamore perché è l'ex assistente-ombra di Silvio Berlusconi.
Cosa accadrà, ora? I senatori guidati da Matteo Renzi al momento tengono in ostaggio l'esecutivo giallorosso: se si sommassero alle opposizioni, a Palazzo Madama i rapporti di forza si ribalterebbero (senza Nencini, sono infatti 17 i renziani; sono 140 i no delle opposizioni). Che vi sia un «problema di numeri» lo mette a verbale anche il premier: «Se non ci sono, il governo va a casa». Il frullatore non si ferma qui: c'è innanzitutto il ministero dell'Agricoltura da affidare, la delega dei servizi da esercitare e, soprattutto, l'azione del governo da rilanciare con un nuovo patto di legislatura, a partire dal Recovery plan, cercando di allargare la maggioranza alla pattuglia di «volenterosi», per poter piazzare in acque più sicure l'esecutivo. Il premier s'è dato dieci giorni per chiudere a doppia mandata la crisi. Già durante la convulsa giornata aveva fatto filtrare che, sotto una certa soglia di voti, «si va al voto»: spauracchio per tutti i senatori. Il gruppo che Conte vorrebbe far nascere, una terza gamba della coalizione, dovrebbe raccogliere i nuovi innesti di ieri e magari qualche scippo ai renziani e ancora al centrodestra. Il governo per ora salvato anche da Ciampolillo è un'incognita, ancora.
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