I 700 esuberi restano, spalmati nei prossimi 5 anni cioè nell'arco temporale del nuovo piano industriale, ma i licenziamenti sono stati scongiurati. Questo il succo dell'incontro che si è svolto ieri al ministero dello Sviluppo economico, fra i sindacati Fim, Fiom , Uilm, UglM e l'azienda tedesca Bosch. Non è ancora stato formalizzato nulla, anche perché il prossimo 21 luglio si terrà un nuovo incontro al ministero, in cui si definirà un po' tutto, il piano industriale che scade formalmente ad ottobre prossimo e gli ammortizzatori sociali in scadenza invece a fine agosto.
La situazione di Bari
La Bosch ieri ha illustrato la situazione dello stabilimento di Bari, la cui produzione è incentrata all'80% sul diesel e al 20% su lavorazioni di meccanica fine.
Le richieste dei sindacati
Ma Fiom, Uilm, Fim e Uglm, chiedono garanzie formali e non più solo generiche rassicurazioni sul mantenimento dello stabilimento di Bari e sul fatto che non ci saranno in nessun caso esuberi forzosi, ma si ricorrerà solo a strumenti di gestione dell'occupazione socialmente sostenibili. Chiedono anche forme di rotazione durante la cassa integrazione che garantiscano l'equa distribuzione del lavoro, nonché forme di sostegno al reddito in una fase di evidenti e prolungati sacrifici per i lavoratori. Dal Governo, dicono, «ci aspettiamo invece il necessario supporto per il prossimo quinquennio innanzitutto in termini di ammortizzatori sociali, anche a costo di dover ulteriormente modificare il jobs act come del resto già fatto in passato per fronteggiare altre delicate vertenze». Infine alla multinazionale tedesca e al Governo italiano le organizzazioni sindacali pongono la questione di fondo: «Trovare nei prossimi anni gli strumenti necessari alla riconversione produttiva della fabbrica di Bari, con un monitoraggio costante che coinvolga anche la Regione Puglia e cercando di allocare nella fabbrica pugliese ciò che viene progettato nel vicino centro ricerca con il cofinanziamento regionale. Come abbiamo più volte ricordato ai ministri Giorgetti ed Orlando sottolineano i sindacati - la cosiddetta transizione all'elettrico comporta difatti la necessità di una riconversione industriale per gran parte del settore automotive e Bosch costituisce forse il caso più grave ed emblematico».