Baritech, cessione a rischio: tremano 153 lavoratori Brsi, via a 92 licenziamenti. L'azienda tratta con un gruppo turco

Baritech, cessione a rischio: tremano 153 lavoratori Brsi, via a 92 licenziamenti. L'azienda tratta con un gruppo turco
di Beppe STALLONE
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Giovedì 3 Febbraio 2022, 09:18 - Ultimo aggiornamento: 10:46

Il 2 dicembre scorso il presidente della task force regionale per l'occupazione, Leo Caroli, aveva indicato (sulle pagine di queste colonne) fra i tre tavoli di crisi più caldi quello della Baritech (gli altri due Natuzzi e Brsi). Ciò che è emerso due giorni fa dalla riunione della task force costituisce solo il triste epilogo di quanto previsto. La Baritech, ex Osram, è un'azienda storica barese che produceva lampadine. Con Baritech si è passati alla realizzazione di mascherine anti-covid, ma la fine della produzione era già stata fissata al 31 dicembre scorso.

Il rischio per i posti di lavoro

Il punto è che, in questi giorni, fra gli oltre 150 operai si era diffuso un certo ottimismo, in quanto si dava quasi per scontato l'acquisto dello stabilimento da parte di un'azienda turca di componentistica per auto, la Martur.

Ora, anche se la trattativa fra i vertici di Baritech e la Martur non si è formalmente interrotta, ciò che pare davvero lontano è l'incontro fra domanda e offerta. In pratica ciò che cerca la Martur sono profili assolutamente lontani da quelli dei 153 dipendenti della Baritech, che sono per lo più operai. Martur, attraverso Porta futuro, starebbe selezionando ingegneri e operai specializzati e di età non superiore ai 40 anni.

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«Una scelta inammissibile, insostenibile. Così facendo - sottolinea Gigia Bucci, segretaria generale Cgil Bari - vanno a casa i dipendenti che rischiano il posto di lavoro per mancanza di professionalità richieste dalla multinazionale turca dell'automotive». Non è tutto, perché Martur ha presentato alla Regione domanda per un contratto di programma. Insomma finanziamenti per un grande investimento industriale. «I soldi pubblici, nonché l'impegno che la Regione mette attraverso le sue risorse - commenta Gigia Bucci - devono essere utilizzati per riassorbire il personale attraverso percorsi di formazione e riqualificazione. Si tratta di competenze che non possono essere perse». Situazione complessa che contrappone la libertà di impresa alla salvaguardia occupazionale di persone ancora molto lontane dall'età pensionabile. C'è un particolare che dovrebbe far riflettere. La libertà di impresa non può essere invocata se poi si fa ricorso a soldi pubblici.

E allora c'è da tutelare innanzitutto il lavoro esistente, anche perché il 30 aprile, per i 150 dipendenti, termina la cassa integrazione e non ci sarebbe per loro nessun sostegno al reddito. A partire da oggi si terrà un'assemblea unitaria di Cgil, Cisl e Uil con i lavoratori. «Non possiamo permettere che nella nostra area industriale arrivino veri e propri predatori a fare investimenti, utilizzare risorse pubbliche per poi aprire una guerra fra poveri, ossia fra i padri ultracinquantenni fuori dai cancelli che avranno perso il lavoro e i figli che entreranno, le cui professionalità sono rispondenti ai profili che la nuova azienda ha richiesto e per cui sta procedendo con le selezioni del personale».
E a chi racconta di un'area industriale barese in crescita e in fermento, la segretaria generale della Cgil Bari oppone la sua visione. «L'area industriale di Bari che molti dicono sia piena di lavoro, è invece satura di crisi, piena di problemi occupazionali derivanti proprio da queste multinazionali che vengono, investono col ricatto di scegliere chi dicono loro a lavorare, e per mancanza di commesse, liquidano le società e mandano a casa centinaia di dipendenti. Devono intervenire responsabilmente istituzioni e politica sostiene Bucci - ma sono anche e soprattutto le imprese che vanno richiamate ad una responsabilità sociale che stanno dimostrando di non avere, perché nel momento in cui fanno un investimento devono dar conto al territorio e alle persone che abitano quel territorio».
Bucci ha incontrato il presidente Caroli il quale ha sottolineato quanto segue: «Occorre maggiore flessibilità nel negoziato tra Baritech e tutti i manifestatori di interesse che approcceranno all'ipotesi di reindustrializzazione, altrimenti si rischia il fallimento. E servono nuove misure che rendano attrattiva la reindustrializzazione. Queste misure non possono che essere pubbliche e a carico della Regione. Un pacchetto made in Puglia che accompagni i lavoratori verso la riqualificazione e renda sostenibile l'impegno di reindustrializzazione da parte degli investitori».
Un fulmine a ciel sereno anche per la Brsi, in tarda serata: annunciato il licenziamento dei 92 operai, che avevano vinto il ricorso al Tar contro il trasferimento a Catania. Questa mattina nella sede della Cgil previsto un coordinamento straordinario e urgente di tutte le categorie dell'industria (Fiom, Fillea, Filctem, Flai, Slc) per condividere misure necessarie da mettere in campo.
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