Il quartiere San Paolo a Bari diventerà un museo a cielo aperto con i murales sulle facciate dei palazzi

Il quartiere San Paolo a Bari diventerà un museo a cielo aperto con i murales sulle facciate dei palazzi
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Sabato 28 Agosto 2021, 19:12 - Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 09:23

Il quartiere San Paolo di Bari diventerà un museo a cielo aperto. È questo l'obiettivo del progetto QM Quartiere Museo San Paolo, che vede lavorare insieme l'amministrazione comunale, la fondazione Mecenate 90 e Arca Puglia Centrale. Saranno infatti i palazzi di Arca del quartiere ad ospitare le 10 opere di street-art che verranno realizzate, indicativamente, dal 15 settembre al 15 ottobre prossimi. Impegnati nella realizzazione dei dipinti saranno 5 artisti di fama nazionale e internazionale, selezionati in base a criteri di qualità, affiancati da 5 artisti locali, selezionati, invece, con una call aperta a tutti fino al 1° settembre.

Gli artisti impegnati nel progetto


Tra i protagonisti coinvolti possiamo citare: James Reka, australiano, che vive e lavora a Berlino; C215 Christian Guémy, artista francese che, di solito, fa piccoli stencil e non grandi muri, e OZMO, che a Bari è stato autore dei tre San Nicola presenti nel sottovia Quintino Sella. Gli artisti lavoreranno insieme, creando connessioni. «Questo mix dovrebbe costituire un sistema che permette di far accelerare anche la scena artistica locale spiega uno dei curatori del progetto, Stefano Antonelli (l'altro è Gianluca Marziali) in un'ottica glocal, ovvero quella connessione in cui sei allo stesso tempo globale e locale». Il progetto di museo-formazione nasce da lontano, circa un anno e mezzo fa, con l'analisi del territorio necessaria per comprendere come intervenire, in una area di periferia degradata e lasciata da chi governa a sé stessa.


«Non si può arrivare in un posto e dire a chi ci abita che da domani il loro quartiere diventa un museo aggiunge Antonelli necessario parlare con le persone, comprendere il territorio e le sue dinamiche, dialogare con chi ci abita per iniziare poi a presentare gli artisti e le rappresentazioni. Quelle che andremo a fare sono grandi immagini che significano qualcosa, ma non possono significare qualcosa per me, devono avere un significato per chi quei luoghi li vive ogni giorno, senza considerare che le opere non devono essere avulse dal contesto».
La scelta di cosa verrà dipinto sui muri è legata ad un processo di partecipazione condivisa.

Gli artisti coinvolti presenteranno tre bozzetti rappresentanti un'idea. Saranno poi gli abitanti dei palazzi e i cittadini della zona a scegliere uno dei tre. Successivamente, gli artisti si recheranno in loco per conoscere l'ambiente, chi lo abita e respirarne l'aria. In base a tutto questo, verranno scelti i soggetti da rappresentare. «Non sappiamo ancora cosa verrà realizzato spiega Antonelli citofoneremo ai palazzi, metteremo i bozzetti negli androni. Anche attraverso la mediazione anche delle figure del territorio, tipo parroco o associazioni, avremo una risposta. In tre-quattro giorni poi gli artisti, girando per il quartiere e parlando con la gente, si faranno un'idea di cosa realizzare. Diventerà un misto tra la volontà dell'artista e le storie locali». Le opere saranno realizzate utilizzando vernici ad acqua, a basso impatto ambientale e massima persistenza del pigmento, condizioni ottenute attraverso un processo di analisi del fondo (intonaco) e la preparazione di vernici con le corrette proporzioni di pigmento, resine e catalizzatori.

I muri mappati, e presi in considerazione per le opere, sono oltre 30, ma al momento ne saranno realizzati una decina.
L'idea è quella di creare nel quartiere un museo in divenire, che altri poi potranno rendere completo. E con tutto ciò che gira intorno ad un museo, ovvero anche visite guidate a pagamento e non solo. «L'idea è portare la montagna da Maometto conclude Antonelli - Sarà un processo in cui la vita assiste all'arte, mentre l'arte assiste alla vita, e vedere che succede. Come abbiamo fatto con l'esperienza del museo condominiale di Tor Marancia, a Roma, dove ci sono stati cambiamenti, non tutti positivi. Non possiamo arrivare noi e tutto diventa bellissimo, le persone continueranno ad avere i loro problemi, ma speriamo comunque di incidere sul territorio».
E.Mon.
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