Malato di cancro costretto a pagare 130mila euro per un farmaco gratuito: arrestato un oncologo

Malato di cancro costretto a pagare 130mila euro per un farmaco gratuito: arrestato un oncologo
2 Minuti di Lettura
Sabato 29 Maggio 2021, 09:04 - Ultimo aggiornamento: 13:02

I carabinieri di Bari, insieme a quelli di Santo Spirito, hanno arrestato Giuseppe Rizzi, oncologo - già in servizio nell’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari - con le accuse di concussione aggravata e continuata, in concorso con la compagna avvocato, Maria Antonietta Sancipriani, indagata anche lei. Secondo gli investigatori e il pm Marcello Quercia, titolare dell'inchiesta, abusando della sua professione il medico eseguiva su un suo paziente oncologico alcune iniezioni di un farmaco gratuito, a carico del servizio sanitario nazionale, ma costringendolo a pagare la prestazione con ingenti somme di denaro. Queste somministrazioni sarebbero avvenute sia durante l'orario di lavoro del medico, che fuori turno sfruttando un patronato Caf in uso alla compagna come ambulatorio medico illegale.

 

L'inchiesta

La coppia, quindi, secondo l'accusa, approfittava delle gravi condizioni psico-fisiche della vittima, la quale avrebbe versato ai due fino a 130mila euro, prestandosi anche a fare regali, lavori edili e altri favori. Nei confronti dell'oncologo, il gip del tribunale di Bari Giovanni Anglana, ha emesso anche un decreto di sequestro preventivo d’urgenza per 136mila euro. Durante la perquisizione nell'abitazione del medico, le forze dell'ordine hanno ritrovato reperti archeologici e circa 1 milione e 900mila euro in contanti ben nascosti all’interno di buste e scatole per calzature.

La denuncia dei familiari

Le indagini hanno preso avvio dopo la denuncia dei familiari dell'uomo, nel frattempo deceduto proprio all'Istituto Tumori di Bari, e hanno permesso di acclarare «il disegno criminoso ideato e posto in essere dalla coppia al fine di ottenere enormi ed indebiti vantaggi economico/patrimoniali ai danni della vittima, ribadendo – il Rizzi – le proprie abilità/capacità mediche e fornendo allo stesso tempo false speranze di sopravvivenza al paziente che – pur di restare in vita – continuava a soddisfare le ingenti e costanti richieste di denaro del professionista, dilapidando a sua volta il proprio patrimonio tanto da dover ricorrere agli aiuti economici di amici e parenti». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA