Le parole dell'arcivescovo
«Tornando dall’Ucraina – ha proseguito l’arcivescovo -, c’era una ragazza seduta accanto a me, una universitaria che vive in Austria, ed era venuta con noi nella carovana della pace. Questa ragazza mi incuriosiva, perché l’avevo vista generosa e attiva. Le ho chiesto perché era lì, e lei mi ha detto una cosa che può dare un senso anche a quanto stiamo facendo stasera. “Io non sono capace di fare molte cose, ma è certo che di fronte alle tenebre che in questo momento attanagliano il mondo, posso almeno accendere una luce di speranza”».
Un’iniziativa di grande partecipazione. «Questo momento è importante, perché è necessario tornare a parlare di pace – ha sottolineato Satriano -, perché si torni a intessere la trama della pace, e si torni ad educare e saper vivere la pace».
Al termine del pellegrinaggio, giunti alla Basilica di San Nicola, sono tutti entrati per un momento di veglia e di preghiera. Ma soprattutto di riflessione, iniziato con le testimonianze di due persone, un ragazzo e una ragazza, scappati l’uno dalla guerra in Afghanistan e l’altra dalla guerra in Siria, e ora accolti dalla nostra città. «Sono laureato in informatica – ha sottolineato dopo essersi presentato – e lavoravo come informatico, ma ero anche un attivista per i diritti delle donne e i diritti umani. Sono qui da quattro mesi, ospiti dell’associazione Famiglia Dovuta. Quando portavamo con i miei amici le medicine in un villaggio lontano, incontrammo una donna sola, perché aveva perso la sua famiglia in guerra. Le chiesi quale fosse il suo sogno, e mentre gli scendevano le lacrime mi ha detto che era la pace. Noi siamo da 40 anni in guerra, purtroppo. E ci sono tanti Paesi che parlano di pace, ma fanno le armi. Non si può fare la pace producendo le armi, non ha senso. Non abbiamo bisogno di armi, abbiamo bisogno di amore e compassione».
«Tutti sanno che c’è la guerra in Siria – ha raccontato Rama – siamo dovuti scappare dalla nostra casa a piedi, e abbiamo raggiunto il Libano di notte. Da quando ci troviamo in un altro Paese ci siamo scontrati con il fatto che non ci vedono uguali a loro, ci vedono come stranieri. Ma tutti abbiamo il diritto di vivere e per questo vogliamo la pace. Purtroppo, non c’è pace e non c’è amore, anche qui in Italia non lo trovo. Spesso mi trovo a dover giustificare il fatto di avere il capo coperto. Sento oggi dire che siamo uguali, ma non è vero, non è così. La guerra in Siria dura da 12 anni, ora si pensa all’Ucraina, tutti abbiamo bisogno di pace, ma non basta parlare». La pace non deve essere una parola vuota, ma qualcosa che deve arrivare nel cuore di tutti, essere una scelta di vita, una dimensione operosa. Come ribadisce monsignor Satriano in basilica, ciò che accade a qualcuno è un problema di tutti. Siamo chiamati a riflettere, scegliere, e prendere decisioni».