Elezioni inquinate e inchiesta, il prefetto Bellomo: «Situazione preoccupante»

Elezioni inquinate e inchiesta, il prefetto Bellomo: «Situazione preoccupante»
di Elga MONTANI
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Domenica 30 Ottobre 2022, 01:45

Indagini lunghe anni che hanno portato a svelare un complesso meccanismo finalizzato a condizionare l’operato del consiglio comunale di Valenzano, e prima ancora a ottenere ruoli all’interno del Comune di Bari. Il prefetto di Bari, Antonia Bellomo, analizza l’accaduto partendo proprio dal primo commissariamento nel 2017.
Prefetto Bellomo, dopo il famoso episodio della mongolfiera, Valenzano è finito nell’occhio del ciclone, e nel 2017 è stato commissariato per mafia. Cosa pensa della situazione alla luce dell’ultima inchiesta relativa alle amministrative 2019?
«È una situazione che possiamo definire preoccupante. Soprattutto considerando che il Comune di Valenzano è stato sciolto per mafia nel 2017 e da allora è partita l’attività di osservazione della prefettura. Una condizione che precede questa indagine e che fa seguito a degli accertamenti che hanno retto anche ai giudizi del Tar e del Consiglio di Stato. Ricordo, inoltre, che venne stabilita l’incandidabilità del sindaco dell’epoca e anche di alcuni consiglieri. C’è sempre stata una attenzione alla situazione, partita con il prefetto dell’epoca che non ero io, che in qualche modo aveva stabilito che probabilmente la politica aveva dei collegamenti con la criminalità organizzata. In questo contesto, è singolare e preoccupante il fatto che, nonostante due anni di scioglimento e di gestione commissariale, alcuni candidati a consiglieri volessero continuare ad influenzare l’attività democratica utilizzando il supporto della criminalità. Poi c’è stato come è noto lo scioglimento, e ora c’è di nuovo il commissario prefettizio a Valenzano, la dottoressa Schettini, la quale osserverà con attenzione quelli che sono stati i possibili interessi su cui la criminalità organizzata potrebbe aver messo lo sguardo».


Prima di Valenzano, le persone coinvolte nell’inchiesta sembrano aver lavorato allo stesso modo su Bari. Qui, sembra che i cittadini abbiano venduto i propri voti. Come è possibile leggere la vicenda nel capoluogo?
«A Bari, stando alle indagini, sembrerebbe che la candidata, poi eletta, rappresentava un partito di minoranza e non aveva cariche, pur essendo poi passata in maggioranza. È indubbiamente preoccupante l’ipotesi che i voti della criminalità possano supportare candidati per perseguire degli interessi che ovviamente non perseguono il bene comune o l’interesse della generalità dei cittadini. Condivido quanto detto da don Angelo (intervistato due giorni fa sulle pagine del Quotidiano, ndr), dobbiamo interrogarci su questo profondo disagio sociale ed economico e questo “vuoto culturale” che affonda anche le radici in un disagio anche economico. Il fatto che qualcuno venda il proprio voto per 25 euro ci deve far riflettere in quanto in questo modo andiamo a condizionare le scelte di un’amministrazione che dovrebbero essere fatte nell’interesse della generalità dei cittadini, soprattutto dei più fragili. Devo dire che l’opera della magistratura e delle forze di polizia che, in questo caso, hanno lavorato tutte insieme, e prima ancora quanto fatto dalla prefettura, indica che non è stato sottovalutato nulla. È stato acceso un faro. Dobbiamo continuare a lavorare in sinergia, per il territorio sarebbe una garanzia».


Collegandoci a queste sue ultime parole, crede che lo Stato abbia dimostrato di esserci con questa inchiesta?
«Io credo che sia un segnale positivo per i cittadini, sia quanto successo nel 2017 che l’attività della polizia giudiziaria, coordinata dalla magistratura, che ha disvelato questo disegno criminoso. In questo è importante anche il lavoro dei giornalisti, aiutano a sensibilizzare l’opinione pubblica. Dobbiamo avere la consapevolezza che bisogna incidere sul disagio sociale, sulla cultura, non tanto sulla legalità quanto sulla cittadinanza attiva. Bisogna comprendere cosa porta una persona a vendere il proprio voto, facendosi poi rappresentare da qualcuno che farà solo i suoi interessi e cosa porta qualcuno a vendere il proprio voto per quella che è una settimana, massimo una settimana e mezza di spesa, nel caso in cui si parli di una famiglia di voti, far capire a queste persone che non ci hanno guadagnato».
Il procuratore Rossi ha lanciato un “allarme” relativo alla difficoltà di poter portare avanti indagini di questo tipo con la riforma Cartabia. Ha una sua opinione al riguardo?
«Non sono la persona adatta a rispondere a questa domanda, non avendone le competenze. Ma credo che il procuratore facesse riferimento ad una questione di tempi, e non alla possibilità di utilizzare le intercettazioni, che credo resti per i reati associativi e per la criminalità organizzata».
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