Bari, dopo il rogo a Japigia il pugno di ferro di Decaro: «Ora lotta a vandali e abusivi»

Bari, dopo il rogo a Japigia il pugno di ferro di Decaro: «Ora lotta a vandali e abusivi»
di Beppe STALLONE
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Martedì 1 Febbraio 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 08:25

È un Decaro deluso ma non certo sconfitto quello che domenica sera si è recato in via Siponto al quartiere Japigia di Bari, subito dopo aver ricevuto notizia dell’incendio che ha gravemente danneggiato i locali che dovrebbero ospitare un bar e un ristorante. Uno spettacolo deprimente quello che si è presentato agli occhi del primo cittadino. I vigili del fuoco avevano da poco evitato che le fiamme distruggessero tutto, ma i danni ci sono eccome.

Vetri e porte spaccati, infissi danneggiati, condizionatori divelti, bagno per disabili completamente distrutto e poi scritte volgari e ingiuriose sui muri. I locali erano già stati oggetto di atti vandalici da parte dei soliti ignoti. A chi invoca sorveglianza e controlli Decaro ha risposto che ovviamente non è possibile piazzare 320mila telecamere di sorveglianza o 320mila vigili, cioè uno per ogni abitante di Bari, per individuare i responsabili. Ci vorrebbe una città militarizzata. Ma ha quasi gridato la sua rabbia nei confronti di quei soggetti che evidentemente si sentono forti o invincibili perché hanno come punti di riferimento quelli che risiedono al quartiere Japigia.

Decaro non usa metafore e fa nomi e cognomi. I famigerati clan della criminalità organizzata barese, i Parisi e i Palermiti. Ebbene se sono quelli i vostri punti di riferimento non avrete certo un futuro roseo, stigmatizza Decaro.  «Tutti i criminali di questa città che diventano punti di riferimento per i nostri ragazzi non li ho mai visti fare una bella fine. Non conosco criminali baresi che si sono goduti la pensione. O sono finiti in galera e si scontano la vita in prigione in celle dove ci sono 4 o 6 persone o molti li ho visti finire dentro una bara. Non ci sono criminali di successo. Si fa soltanto una brutta fine». Queste le parole di Decaro pronunciate domenica sera. «Eppure è un luogo che servirà ai bambini, con uno spazio che serve alle persone che abitano in questo quartiere e che forse non hanno mai avuto niente, un giardino, piastre pedonali. Ovviamente lo risistemeremo e lo affideremo a qualcuno che vorrà gestirlo, possiamo affidarlo a un’associazione.

Oppure veniamo tutti qui, tutta la città e vediamo se lo toccano un’altra volta». Intanto sono al vaglio della polizia locale le immagini delle telecamere. Gli autori del gesto sembrerebbero dei minori, maschi e femmine e si sta procedendo alla loro identificazione. Avrebbero esploso alcuni petardi all’interno del locale e poi avrebbero dato fuoco ad alcune carte lì presenti. 


Sindaco Decaro l’incendio del chiosco nel giardino di via Siponto a Japigia può essere derubricato a atto di vandalismo compiuto da ragazzi? 
«Saranno le indagini a stabilirlo. La polizia locale è al lavoro da ieri. Dalle prime informazioni che ci giungono sembrerebbe di sì ma aspettiamo a dirlo e speriamo di individuare i responsabili quanto prima. Sarebbe un bel segnale per la città». 


Lei ha lanciato un messaggio forte a questi “bravi ragazzi”: se il vostro riferimento sono esponenti della criminalità organizzata non avrete un futuro roseo. Ritiene che questo approccio possa essere sufficiente per convincerli a rispettare le regole del vivere civile? 
«Ho detto quello che sentivo di dire in quel momento senza avere la presunzione di convincere nessuno. Spero si comprenda che la strada della delinquenza non porta a niente di buono e le attività degli ultimi anni condotte dalle Forze dell’ordine di questa città ne sono la dimostrazione. Più delle mie parole sono i fatti a doverli convincere». 


Più in generale, lei ha avuto un approccio molto diretto anche quando si è rivolto a venditori ambulanti abusivi, ma non ritiene che sia opportuno coinvolgere in questo lavoro “educativo” anche figure professionali specifiche oltre ad associazioni?
«Il mio non è un approccio educativo perché non sono maestro di nessuno. Credo però che un sindaco, di fronte ad un illecito o ad un sopruso, debba chiedere e pretendere il rispetto delle regole e il rispetto per chi vive o lavora osservandole, ancor più in questo momento di difficoltà per tutti. In quel caso il diverbio era nato proprio dall’arroganza con cui quelle persone cercavano di aggredire gli agenti della Polizia locale che stavano solo cercando di fare il loro lavoro. Questo credo non abbia nulla a che vedere con l’educazione che è invece, appannaggio di figure e luoghi competenti».

Altra piaga barese è rappresentata dai parcheggiatori abusivi. Anche qui ritiene sufficiente un approccio repressivo? Non sarebbe opportuno per esempio, in alcune zone prolungare la sosta a pagamento per le auto fino alle 24? 
«Non esiste una bacchetta magica in grado di risolvere problemi atavici. Esiste, invece, il lavoro costante e determinato nella repressione di alcuni fenomeni e certamente un approccio integrato alla gestione dei problemi. Qualche giorno fa la polizia locale ha arrestato due persone intente nell’estorcere denaro nelle aree di sosta e credo comunque questo sia un fatto positivo. Ma non è tutto. In alcuni casi i parcheggiatori abusivi svolgono la loro attività anche in presenza di una tariffazione della sosta, perché purtroppo utilizzano metodi coercitivi per estorcere il pagamento facendo leva sulla paura di coloro che parcheggiano la propria auto. Dobbiamo certamente lavorare in sinergia con le altre Forze dell’ordine sul controllo del territorio e, contemporaneamente, sulla percezione di sicurezza della città così da indurre i cittadini a non cedere alla richiesta estorsiva di denaro».


Sindaco non siamo certo di fronte agli omicidi consumati per strada di alcuni anni fa, ma alla luce di alcuni atti violenti che si sono verificati fra extracomunitari nei pressi della stazione, dell’incendio del chiosco, dei vigili urbani malmenati dai parcheggiatori abusivi, definirebbe Bari una città sicura? 
«È ovvio che, se osserviamo alcuni fenomeni o episodi dal punto di vista dei cittadini, la percezione della sicurezza non è alta. Ma credo siamo ben lontani dalla Bari di tanti anni fa quando alcuni quartieri erano terre di conquista dei clan criminali e fisicamente inaccessibili ai più».


Quali altri percorsi è opportuno seguire al di là della (video)sorveglianza e dei controlli?
«È importante condividere con i cittadini una maggiore consapevolezza di quello che abbiamo. Bisogna costruire percorsi di condivisione e di cura dei beni pubblici. I baresi amano la loro città. Se sentono che un luogo gli appartiene e possono viverlo, se ne prendono cura. Le telecamere più importanti e più utili su cui possiamo contare sono proprio gli occhi dei cittadini che quel luogo lo vivono in carne e ossa».


Sindaco ritiene che un lavoro coordinato con scuole, famiglie, parrocchie, organi di informazione possa portare alla formazione di un’antimafia sociale capace di fare muro contro certi fenomeni? 
«È l’unica strada che dà risultati a lungo termine. Non lo dico io ma le diverse esperienze di successo che si sono succedute a Bari come in altre città. Solo un lavoro che punti alla consapevolezza della scelta tra il bene e il male può portare a cambiare le cose. Pensiamo al fenomeno delle estorsioni e delle denunce da parte delle vittime negli ultimi anni che hanno determinato l’arresto di decine di persone. Ci sono voluti tempo e tanto lavoro per costruire un rapporto di fiducia con i cittadini, tale da convincerli che la rete sociale di protezione che abbiamo per fortuna costruito in questa città, d’intesa con le parrocchie, le associazioni e le scuole, era solida e li avrebbe supportati. Da questo nuovo rapporto di fiducia sono nate le denunce che hanno dato modo alla Magistratura di condurre le indagini».


Emiliano nei suoi anni da sindaco venne definito spesso come sindaco-sceriffo? Lei come vorrebbe essere indicato? 
«Io vorrei solo fare il mio lavoro e farlo al meglio delle mie possibilità, consapevole che tante volte anche il sindaco può sbagliare, tante altre bisogna avere il coraggio necessario per far fare a tutti un passo avanti». 
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