La tentazione di De Luca: dietro le bastonate al Pd la scalata alla segreteria

La tentazione di De Luca: dietro le bastonate al Pd la scalata alla segreteria
di Adolfo Pappalardo
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Mercoledì 1 Settembre 2021, 07:50 - Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 08:35

Non è un caso che scelga sempre la festa dell'Unità. Prima quella di Napoli il 26 luglio, poi quella nazionale di Bologna l'altra sera. E in entrambe le occasioni, in un mese appena, Vincenzo De Luca malmena di brutto il Pd. Come se scegliesse con calma il luogo e la platea per darne un valore simbolico assoluto. E senza che dal partito, anche l'altra sera, arrivi una replica. In questo modo, il governatore, sonda il terreno e marca il territorio ma con un'idea precisa in testa: scendere in campo per tentare la scalata al partito.

IL PROLOGO
Finiti i tempi, e da molto, in cui preferiva regnare solo a Salerno, De Luca con il secondo mandato ha iniziato a guardare a spazi più ampi.

Innanzitutto alla poltrona di segretario nazionale, già a inizio marzo non appena Nicola Zingaretti rassegna le sue dimissioni. Perché in quei giorni c'è un fantasma che agita le notti dell'ex sindaco di Salerno: che tenti la scalata Stefano Bonaccini, il collega dell'Emilia con una visione di Paese considerata più nordista all'interno dei democrat. «Mi candido al congresso? Non lo so. Io mi sono sempre messo a disposizione», dice infatti il governatore emiliano quando Enrico Letta è indeciso se accettare o no l'incarico. È la molla che fa scattare De Luca: vuole scendere in campo convinto che il Mezzogiorno debba far sentire la sua voce. Non a caso in quei giorni incontra i colleghi del Sud mentre a palazzo Santa Lucia il ristretto cerchio deluchiano, guidato dal figlio Piero, si mette al lavoro per studiare la partita. Mentre Vincenzo De Luca è al telefono con sindaci di mezza Italia per capire se può contare sul loro appoggio in caso di scalata. Mossa legittima e naturale anche perché il governatore è convinto che possa giocarsi le sue carte. Specie se la partita vedrebbe ora in campo, in un ipotetico congresso, amministratori più che leader portatori di chissà quali mozioni politiche. Insomma se la può giocare.

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LO SCENARIO
A primavera però il discorso si chiude per l'arrivo di Enrico Letta alla guida del partito. O almeno viene messo in pausa sino a quest'estate quando il governatore ritorna alla festa dell'Unità di Napoli. D'altronde lo scenario non sembra cambiato e, in più, a guidare il partito è quel Letta con cui i rapporti sono inesistenti da anni, dai tempi in cui guidava il governo. E De Luca, ancora, non ha mai perdonato un'intervista a Ballarò dell'ex premier in cui l'attaccò alla vigilia delle Regionali 2011: «Se Berlusconi avesse candidato a governatore della Campania una persona nelle condizioni di De Luca, il Pd sarebbe sceso in piazza», disse riferendosi alla legge Severino che pendeva sulla testa dell'ex sindaco di Salerno. E figuriamoci, quindi, se il governatore non insistesse, in queste settimane, sul fatto che il Pd non abbia fatto nulla di concreto con il nuovo segretario, né ne abbia guadagnato in consensi. «Il Pd parla di tassa di successione, dei 10mila euro da dare ai 18enni, del voto ai sedicenni e ci imbarchiamo per una crociata sulla legge Zan. Ma con queste proposte va bene se confermiamo il 19 per cento», ha tuonato l'altra sera a Bologna elencando proprio i cavalli di battaglia del segretario Letta. E poi attaccando di nuovo il partito di cui lui è un esponente di rilievo e il figlio Piero, vicecapogruppo alla Camera. Ma dal Pd, bastonato pubblicamente, nemmeno un plissè. Solo Gianni Cuperlo, l'ex presidente, ha stigmatizzato le parole di De Luca facendo notare che qualcuno del Pd invece aveva sollevato le sopracciglia per lui venuto a Napoli a presentare il libro di Bassolino. Vedremo ora dopo le amministrative, perché «subito dopo serve un congresso». Spettro che agita De Luca anche per rivendicare un ruolo maggiore nel partito in Campania che potrebbe ora ridimensionarsi se l'ex ministro Manfredi dovesse diventare sindaco. E poi sollecitare la modifica della legge per fare almeno un altro mandato. È un messaggio al Pd, ma soprattutto alla sua maggioranza in Regione che potrebbe pensare di essere alla fine di una stagione politica e, quindi, mollare le righe: per avvertire che lui rimarrà comunque. Che sia il Pd o Santa Lucia.
 

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