Vendita di navi e aerei da guerra alla Colombia: indagati D'Alema, Profumo e l'imprenditore salentino Mazzotta. I dettagli dell'inchiesta

Perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici romani di entrambi

D'Alema, Mazzotta e Profumo indagati: nel mirino la vendita di navi e aerei da guerra alla Colombia
D'Alema, Mazzotta e Profumo indagati: nel mirino la vendita di navi e aerei da guerra alla Colombia
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Martedì 6 Giugno 2023, 12:31 - Ultimo aggiornamento: 7 Giugno, 15:25

La Digos di Napoli, su disposizione della Procura partenopea, sta effettuando una serie di perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici romani di Alessandro Profumo (nella veste di amministratore delegato di Leonardo), dell'ex presidente del Consiglio Massimo D'Alema, di Giuseppe Giordo, ex direttore del settore Navi di Fincantieri e di Gherardo Gardo, nella veste di contabile di D'Alema. Profumo, D'Alema e Gardo sono indagati insieme a Francesco Amato, di San Cesario di Lecce; Emanuele Caruso, di Copertino, l'imprenditore ed ex sindaco Giancarlo Mazzotta di Carmiano, Giuseppe Giordo e Umberto Bonavita. 

Il decreto

Il decreto di perquisizione nei confronti degli indagati è stato emesso nell'ambito delle indagini dell'ufficio inquirente partenopeo sulla compravendita di navi e aerei alla Colombia.

Perquisizioni un anno fa

Il 19 maggio dell'anno scorso le prime perquisizioni. C'è anche il Salento nell’inchiesta che contesta l’accreditamento fraudolento di due persone nella vendita alla Colombia di due sommergibili e alcuni aerei da guerra. Per quella commessa da quattro miliardi di euro che avrebbe garantito una provvigione di 80 milioni di euro. La perquisizione riguardò i supporti informatici dell’imprenditore ed ex sindaco di Carmiano, Giancarlo 
Mazzotta
, anch'egli indagato, e del figlio Paride consigliere regionale di Forza Italia, estraneo all'inchiesta condotta dai pubblici ministeri della Procura di Napoli, Vincenzo Piscitelli e Silvio Pavia, insieme ai poliziotti della Digos e sentito mesi fa, insieme al padre, come “persona informata sui fatti”.

I nomi indicati allora nel decreto di perquisizione erano altri. Erano di altri due salentini: Francesco Amato, 38 anni, di Lequile. Ed Emanuele Caruso, 43 anni, di San Pietro in Lama. Furono controllati anche i loro telefoni cellulari ed i computer. Coloro che - questa l’ipotesi accusatoria in corso di accertamento - si sarebbero spacciati per esponenti dell’Assemblea Parlamentare del Mediterraneo (Amp) e per questo rispondevano allora delle ipotesi di reato di tentata truffa, falso, sostituzione di persona. Nel decreto esibito allora dagli investigatori non c'erano i nomi dei Mazzotta padre e figlio fra gli indagati. E nemmeno, un anno fa, dell’ex premier Massimo D’Alema, che in questa vicenda ha svolto il ruolo di consulente e assistente della Fincantieri e di Leonardo nella trattativa con la Colombia. Cominciò a delinearsi, dunque, questa vicenda venuta a galla mesi prima e che ha dato luogo a critiche ed interpretazioni trasversali: «Forza Italia non mi è piaciuta», affermò allora Giancarlo Mazzotta. «Il garantismo è un principio che va tenuto fermo sempre. Anche se si tratta di avversari politici».

A Giancarlo Mazzotta ed al figlio Paride furono sequestrati i telefoni cellulari, poiché avevano in memoria le chat per l’affaire colombiano. Null’altro di attinente all’inchiesta fu individuato dagli investigatori nei loro computer. L’inchiesta penale della Procura partenopea fu avviata con la denuncia querela depositata alla Questura di Napoli dall’onorevole Gennaro Migliore (Italia Viva) e dall’ambasciatore Sergio Piazzi nel ruolo rispettivamente di presidente e segretario generale della Apm, per segnalare l’impiego di documenti contraffatti: secondo quanto sostenuto in quella denuncia ed ipotizzato dall’inchiesta in quei frangenti, Caruso ed Amato avrebbero falsificato contrassegni e loghi della Apm. «Lo scopo sarebbe stato quello di accreditarsi in seno ad istituzioni internazionali», spiegava il decreto di sequestro, «tramite l’utilizzo fraudolento di documenti falsi e nomine fittizie riconducibili ad organizzazioni internazionali quali l’associazione Polizia Mediterranea e la Camera Mediterranea per l’Industria e l’Impresa, di cui Caruso si qualificava come segretario generale ed Amato come responsabile per le relazione in America Latina». Con queste funzioni - era sempre il fronte delle ipotesi in corso di accertamento e che, dunque non costituisce la verità processuale - entrambi avrebbero avuto un ruolo di negoziatori per fare vendere a Fincantieri ed a Leonardo i sommergibili e gli aerei alla Colombia. A metterli in contatto con D’Alema fu Giancarlo  Mazzotta, il figlio Paride avrebbe poi in seguito partecipato a quelle trattative: «Conoscevo il padre di Amato, il figlio mi contattò mostrandomi sul telefono una foto della vicepresidente della Colombia», sostenne Giancarlo Mazzotta. «Poi con Caruso mi misero al corrente delle attività dell’Amp, mi convinsi che fosse gente affidabile e capace di intraprendere progetti a respiro internazionale. In seguito ci fu l’incontro a Roma con 
D’Alema. Il mio tornaconto? Da imprenditore: impianti fotovoltaici, porti ed aeroporti in Colombia».

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