Sicilia, Musumeci eletto presidente di Regione. Sconfitto il M5S, crollo del Pd

Musumeci (lapresse)
Musumeci (lapresse)
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Lunedì 6 Novembre 2017, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 08:21

Nello Musumeci, 62 anni, è il nuovo presidente della Regione siciliana. Dopo lo scrutinio di tutte le 5300 sezioni (dati dell'ufficio elettorale della Regione) il candidato del centrodestra, ha ottenuto il 39,9 % delle preferenze. Lo segue il candidato del M5s Giancarlo Cancelleri col 34,6% che quindi viene eletto all'Assemblea regionale siciliana. Poi Fabrizio Micari con il 18,6%, Claudio Fava con il 6,1 e Roberto La Rosa, con lo 0,7 %. L'affluenza in queste elezioni è stata del 46,75% (2.179.122 votanti su 4.661.111), alle regionali del 2012 era stata del 47,41 %.

Si è votato domenica dalle 8 alle 22. In totale, secondo il dato definitivo, si sono recati alle urne 2.179.474 elettori su 4.661.111, il 46,76% degli aventi diritto, più o meno gli stessi di cinque anni fa quando avevano votato 2.203.165 persone.

Una partita importante, quella siciliana, per gli equilibri dell'isola ma in prospettiva anche nazionali, che cambia maggioranza e governatore dopo i 5 anni di Rosario Crocetta. A Palazzo D'Orleans, 5 anni dopo la sconfitta, andrà Musumeci, anche se non è detto che abbia la maggioranza, fortemente voluto da Giorgia Meloni e Matteo Salvini e accettato da Silvio Berlusconi per evitare una rottura che poteva costare ancora una volta la sconfitta al centrodestra. E invece, tra arancini e abbracci più o meno sinceri, il centrodestra torna alla guida della Sicilia e la vede come trampolino di lancio per la vittoria delle elezioni politiche.
 


«Cauto ottimismo», non si è sbilanciato nella notte  Musumeci. «La cosa certa è che il governo è stato sfiduciato dall'80% dei siciliani. Ora scioglimento del Parlamento ed elezioni subito», ha esultato il leader leghista Matteo Salvini. 

Il calo dei votanti, invece, secondo M5S, ha danneggiato Cancelleri, anche lui alla seconda corsa da governatore nell'isola. Anche qui la posta in gioco nazionale è altissima: conquistando la prima Regione, Luigi Di Maio voleva superare il banco di prova da candidato premier mettendo a tacere gli ortodossi. Ma il risultato è comunque positivo e i grillini possono dimostrare che la campagna capillare, casa per casa, con la presenza di tutti i big, Beppe Grillo incluso, paga. E la sfida per Palazzo Chigi è apertissima. «Un dato fantastico, eravamo soli contro le accozzaglie», è il primo commento del grillino Ignazio Corrao.

Va male, invece, il rettore Micari, scelto da Matteo Renzi accogliendo la proposta di Leoluca Orlando e convincendo Angelino Alfano. «Una sconfitta annunciata e indiscutibile», non si è nascosto dopo la chiusura dei seggi Lorenzo Guerini. La rottura con la sinistra di Fava danneggia, ma non in modo determinante, il centrosinistra prefigurando una divisione tra i dem e egli ex Mdp difficilmente sanabile a livello nazionale. 

Un risultato che rischia di aprire una resa dei conti interna al partito a pochi mesi dalle politiche, con la minoranza che chiede una maggiore collegialità nelle decisioni e arriva a mettere in discussione il ruolo di Renzi come candidato premier. E che non aiuta la stabilità del governo Gentiloni alla vigilia dell'iter alle Camere della manovra. Anche perché il commento a caldo del renziano Davide Faraone è al vetriolo contro il presidente del Senato: «Micari ha avuto il coraggio di candidarsi che Grasso non ha avuto». Parole che riaprono lo scontro con i bersaniani: «Ecco l'arroganza dei renziani», replica Miguel Gotor.

L'unica consolazione, magra, di Renzi è di non essere arrivato quarto dopo i Cento Passi di Claudio Fava, che ha aggregato i bersaniani con la sinistra di Nicola Fratoianni rimanendo lontano però dalle percentuali del candidato dem.

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