Roberto Rosso, chi è l’assessore del Piemonte arrestato per ‘ndrangheta. «Versò 8.000 euro»

Roberto Rosso, chi è l’assessore del Piemonte arrestato per ‘ndrangheta. «Versò 8.000 euro»
Roberto Rosso, chi è l’assessore del Piemonte arrestato per ‘ndrangheta. «Versò 8.000 euro»
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Venerdì 20 Dicembre 2019, 12:06 - Ultimo aggiornamento: 19:50

Roberto Rossoaccusato scambio elettorale politico-mafioso, pagava e i boss gli procuravano grappoli di voti. Questa l'accusa che ha portato in carcere lo storico esponente del centrodestra piemontese, fino a ieri assessore regionale agli Affari legali. Nelle prime ore di stamani la Guardia di finanza ha bussato alla sua porta di casa e gli ha consegnato un ordine di custodia cautelare in cui il gip del tribunale di Torino Giulio Corato lo paragona a Didio Giuliano, l'antico senatore romano che secondo gli storici comperò il trono di imperatore messo all'asta dai pretoriani.

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Rosso, secondo gli inquirenti, ha versato 7.900 euro agli intermediari di Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, due presunti pezzi da novanta della 'ndrangheta, in occasione delle ultime regionali, a maggio, dove correva per Fratelli d'Italia ed è stato eletto con 4.477 voti. Meno del previsto. Tanto che in un primo momento, dopo l'acconto, non voleva versare il saldo. Poi gli hanno fatto sapere che «Francesco era imbufalito nero». E ha pagato. Nell'ordinanza c'è anche la traccia di una trattativa (che però non è contestata nel capo d'accusa) con un altro personaggio, ex assessore di un piccolo Comune provvisto di una lunga serie di precedenti di polizia, che gli promette 20 voti. Se il gip scrive di essere «sconcertato», il presidente della Regione, Alberto Cirio, si dice «allibito» e accoglie subito le dimissioni che Rosso firma di suo pugno dal carcere.

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Giorgia Meloni dà il benservito all'ormai ex assessore da Fdi sottolineando che «aveva aderito al partito solo da un anno» e aggiungendo di «avere il voltastomaco». Ma il governatore Cirio, berlusconiano di ferro, nel pomeriggio rilascia una dichiarazione che sembra aprire un caso politico: «Io in giunta volevo gente tutta nuova. Fdi ha deciso di indicare diversamente». La vicenda Rosso è un tassello di Fenice, un'inchiesta della guardia di finanza con il coordinamento della Dda che in totale ha portato a otto arresti e al sequestro di beni per 16 milioni di euro tra imprese, immobili e conti correnti in tutta Italia. Al centro c'è l'attività degli emissari del clan Bonavota (di Vibo Valentia) in provincia di Torino e, in particolare, di Onofrio Garcea, arrivato dalla Liguria con l'incarico di riorganizzare i gruppi dopo le retate dello scorso marzo nella zona di Carmagnola. «Ne è emerso - spiega Anna Maria Loreto, procuratore capo a Torino - un fenomeno criminale infiltrato nel territorio a livelli sempre più alti».
 

Figura centrale è quella di Mario Burlò, imprenditore torinese a capo della Oj Solution con il pallino delle sponsorizzazioni sportive nel basket (Torino, Sassari) e nel calcio (Torres). Secondo gli inquirenti ha adottato un complesso schema di violazioni fiscali che gli ha permesso di accumulare «compensazioni indebite» per milioni. L'enorme liquidità è stata sfruttata per operazioni immobiliari: la prima è stata l'acquisto di una villa appartenuta al calciatore Arturo Vidal (estraneo ai fatti). I componenti della cosca, operando al suo fianco, hanno ottenuto «profitti ingenti» e «il controllo di attività economiche».

Ma la 'ndrangheta ha allungato le mani anche sulla politica. Onofrio Garcea, alle ultime regionali, si è interessato a un candidato di Forza Italia (oggi consigliere di una circoscrizione a Torino). Sono stati documentati incontri elettorali con degli onorevoli berlusconiani in cui, tra l'altro, si è detto che «i lavori del Tav a Chiomonte devono continuare». E Rosso, come maliziosamente annotano i finanzieri, non poteva non sapere con chi aveva a che fare. Nel 2012, da deputato, fu tra i firmatari di un'interpellanza dove, nel denunciare l'intreccio fra 'ndrangheta e politica, si facevano dei nomi: uno era proprio quello di Garcea. 

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Il ritratto.
 Rosso era da anni una presenza costante nella vita politica torinese. Assessore della regione Piemonte, è stato arrestato questa mattina per voto di scambio con la ‘Ndrangheta. Nato a Trino Vercellese, di cui è stato sindaco, Rosso entra in politica con la Dc, poi è tra i primi ad aderire al progetto di Silvio Berlusconi con Forza Italia nel 1994. Nel 2001 si candida sindaco di Torino e perde al ballottaggio con Sergio Chiamparino. Nel 2004 è sottosegretario nel governo Berlusconi e poi vicepresidente nella giunta Cota in Piemonte. Nel 2012, durante una diretta radiofonica, racconta di aver ospitato in montanga un consigliere regionale del Piemonte che si faceva firmare le spese per ottenere il rimborso.

Parte da qui l’indagine Rimborsopoli che travolgerà il Piemonte guidato da Roberto Cota. Rosso però ne uscirà pulito. Nel 2016 si presenta nuovamente candidato sindaco a Torino ed entra in consiglio comunale. Alle ultime elezioni regionali si presenta con Fratelli d’Italia, spende più soldi di tutti in campagna elettorale, e risulta il più votato a Torino, garantendosi così un posto da assessore ai rapporti con il consiglio, alla semplificazione e ai diritti civili. Rosso, arrestato questa mattina per voto di scambio nell'ambito di una inchiesta sulla 'Ndrangheta della guardia di finanza di Torino, ha rassegnato le dimissioni da assessore della Regione Piemonte. Secondo quanto si apprende da ambienti politici, la lettera è stata firmata in carcere ed è già nelle mani del governatore Alberto Cirio.
 

​"Ha pagato ottomila euro". «Eh...5 e bon tagliamo la testa al toro». «Glielo dico, provo a dirglielo». «Cinque, e tre “caramelle” le han già prese. E bon». È il testo di una conversazione intercettata dalla Guardia di finanza tra due intermediari di presunti boss della 'ndrangheta e l'assessore regionale Roberto Rosso. Il colloquio è stato incluso negli atti dell'indagine Fenice nella parte relativa al voto di scambio. Rosso, secondo gli inquirenti, avrebbe versato in due tranche un totale di 7.900 euro, a fronte di una promessa di 15mila euro. Risulta che abbia incontrato uno dei boss, Onofrio Garcea, esponente del clan Bonavota in Liguria che aveva il compito di riorganizzare un gruppo a Carmagnola, nel comitato elettorale di via Alfieri a Torino. I due mediatori, l'imprenditrice Enza Colavito e Carlo De Bellis, hanno incontrato Rosso in piazza San Carlo.

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Appendino: tenere alta la guardia.
«Il quadro che emerge dalle indagini condotte dalla Procura di Torino da cui risultano rapporti tra politica e criminalità organizzata è sicuramente preoccupante e ci induce a tenere sempre alta la guardia sul persistente pericolo di infiltrazioni mafiose e sulla relativa possibilità di condizionare le attività della pubblica amministrazione». Così la sindaca di Torino, Chiara Appendino a proposito dell'inchiesta della Guardia di Finanza di Torino che ha portato all'arresto di 8 persone, tra cui l'ormai ex assessore regionale, Roberto Rosso. «Per questo motivo - prosegue Appendino - il lavoro della magistratura  e delle forze dell'ordine a tutela della legalità e degli interessi dei cittadini risulta quanto mai prezioso, come indispensabile rimane l'impegno e la massima attenzione da parte di chi ricopre o si candida a ricoprire una carica pubblica», conclude la prima cittadina del capoluogo piemontese.




 

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