Reddito di cittadinanza, il Fondo monetario internazionale bacchetta l'Italia. Ecco che cosa deve cambiare

Reddito di cittadinanza, il Fondo monetario internazionale bacchetta l'Italia. Ecco che cosa deve cambiare
Reddito di cittadinanza, il Fondo monetario internazionale bacchetta l'Italia. Ecco che cosa deve cambiare
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Mercoledì 29 Gennaio 2020, 11:44 - Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 04:07

Reddito di cittadinanza, il Fondo monetario internazionale bacchetta il modello italiano. «Il programma italiano si rivolge ai più vulnerabili - scrive l'Fmi nella dichiarazione finale della missione incaricata di elaborare il rapporto annuale sull'Italia -  ma il beneficio è ben al di sopra dei parametri di riferimento internazionali; diminuisce troppo rapidamente a seconda delle dimensioni della famiglia, penalizzando i nuclei più numerosi e più poveri; inoltre viene meno bruscamente se si accetta un'offerta di lavoro, anche a basso salario.

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Queste caratteristiche dovrebbero essere allineate alle migliori pratiche internazionali per evitare disincentivi al lavoro e condizioni di dipendenza assistenzialistica». 

 

 

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La situazione
A un anno dall'entrata in vigore del decretone che ha introdotto il Reddito di cittadinanza sono oltre 1,04 milioni i beneficiari del sussidio per oltre 2,5 milioni di persone coinvolte nelle loro famiglie mentre resta ancora un miraggio l'attivazione della parte che dovrebbe favorire l'ingresso nel mondo del lavoro. L'erogazione del beneficio ha rispettato i tempi (prime card erogate su aprile) mentre la cosiddetta fase due resta in salita con una percentuale irrisoria di persone che hanno rinunciato al sussidio perché hanno trovato un lavoro.

Proprio oggi il Fondo monetario internazionale ha ribadito che questi assegni sono troppo alti, superiori agli standard internazionali e che di fatto disincentivano la ricerca di un lavoro. Inoltre questa norma favorisce i single e le famiglie con pochi componenti mentre lascia fuori quelle numerose. I benefici - avverte - «diminuiscono troppo rapidamente con le dimensioni della famiglia, penalizzando le famiglie più grandi e più povere».

L'importo medio per nucleo è di 493 euro ma è più alto per il Reddito rispetto alla pensione di cittadinanza. I beneficiari del reddito che hanno obbligo di attivazione sono circa 730.000, ha spiegato oggi il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico che però precisa che non si può parlare di fallimento della misura perché non hanno ancora funzionato le politiche attive per il lavoro. «Nel reddito di cittadinanza - dice - esiste una parte, il patto per l'inclusione, che prevede una condizionalità slegata dal mondo del lavoro, esisteva anche nel Rei. Non possiamo dire che il reddito minimo non funziona perche non crea lavoro. Il lavoro lo crea il mercato e lo Stato. Questo è un provvedimento contro la povertà». Secondo gli ultimi dati dell'Anpal (riferiti al 10 dicembre mentre i più recenti sono attesi per la prossima settimana) sono 28.000 i beneficiari del reddito che hanno avuto un contratto di lavoro dopo l'ok al sussidio, quindi circa il 4% della platea delle persone attivabili.

Oltre 420.000 persone sono state comunque convocate dai centri per l'impiego nelle varie regioni per iniziare il percorso verso la ricerca del lavoro e il 78% di questi si è presentato alla prima convocazione, Oltre 220.000 persone hanno già firmato il patto di servizio. La ricerca di lavoro sarà complicata soprattutto al Sud (dove risiedono il 61% dei beneficiari del reddito).

Intanto l'Alleanza contro la povertà sottolinea che la misura «fatica ad attivare le politiche per l'inclusione» e penalizza minori e stranieri e che sarebbe meglio ripartire dall'eredità del Reddito di Inclusione. Il Rei - spiega - seppure con differenze territoriali e a fronte di risorse molto più esigue - poco più di 2 miliardi di euro rispetto agli 8 miliardi previsti per il 2020 dal reddito - aveva raggiunto in 15 mesi il 28% dei nuclei in povertà assoluta, che non erano in molti casi noti ai Servizi sociali.



Soggetto giuridico
«Il reddito di cittadinanza può offrire un sostegno momentaneo alle classi meno abbienti, ma resta nella sua essenza una forma di assistenzialismo. Così come è congegnata, la misura è infatti inadeguata ad avviare un ciclo virtuoso di creazione di nuovi posti di lavoro. Nella migliore delle ipotesi questa forma di reddito è in grado di alleviare i sintomi della crescente povertà, non certo le sue cause di fondo». È quanto si legge in una nota di Soggetto Giuridico.

«Di fronte alla crisi economica e occupazionale, noi di Soggetto Giuridico siamo convinti che siano necessarie politiche attive del lavoro in grado di creare nuove opportunità di impiego stabili nel tempo. Per fare questo è necessario agire al tempo stesso sul lato dell'offerta, promuovendo la riqualificazione professionale di chi è in cerca di impiego, e della domanda, incentivando l'assunzione di nuovi lavoratori da parte delle imprese attraverso agevolazioni fiscali che non siano limitate ai più giovani», prosegue la nota. «Favorire la creazione di nuova occupazione non deve tuttavia implicare la perdita delle tutele per i lavoratori. Per questo lo Stato deve essere in grado di garantire una solida rete di protezione nei casi in cui la congiuntura economica renda la mobilità inevitabile. Più in generalè, è essenziale invertire la tendenza a una sempre maggiore concentrazione della ricchezza: oggi, in Italia, l'1% dei più abbienti possiede quanto il 70% più povero», continua ancora la nota.

Per Soggetto Giuridico, «una politica del lavoro efficace richiede un approccio più complesso e modulato del reddito di cittadinanza, che al di là della sua forza di attrazione comporta alti costi a cui non corrispondono adeguati benefici. Per rilanciare l'occupazione serve uno sforzo equamente distribuito tra Stato, aziende e lavoratori e la capacità di andare oltre il risultato immediato per perseguire anche obiettivi di medio e lungo periodo».

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