Pachistani con reddito di cittadinanza a loro insaputa: truffa da 2 milioni svelata dal Messaggero in esclusiva

La banda presentava domanda per conto di persone povere. Poi bisognava solo incassare. Sottratti oltre due milioni, e ai veri titolari finivano pochi euro. Napoli, faro su un ufficio postale

Pachistani con reddito di cittadinanza a loro insaputa: truffa da 2 milioni svelata dal Messaggero in esclusiva
Pachistani con reddito di cittadinanza a loro insaputa: truffa da 2 milioni svelata dal Messaggero in esclusiva
di Antonio Crispino
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Domenica 12 Dicembre 2021, 07:07 - Ultimo aggiornamento: 13 Dicembre, 15:09

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«Inizia ad accettare duemila euro poi a Natale facciamo recapitare un bel regalo a te, a tua moglie e a tuo figlio che va ancora a scuola» dice un ragazzo pachistano mentre promette soldi in contanti ad Amir, nome di copertura. E’ la nostra fonte che ci aiuta a scoprire in esclusiva come funziona la truffa del reddito di cittadinanza messa in piedi in tutta Italia da una rete di pachistani in collaborazione con un Caf e un impiegato di un ufficio postale nel napoletano. I soldi servono per convincerlo a ritirare una denuncia ai carabinieri fatta qualche mese prima, ossia il giorno in cui Amir ha scoperto di essere un percettore di reddito di cittadinanza a sua insaputa. Ogni mese (da dieci mesi) arrivava un bonifico di 780 euro su una carta delle Poste Italiane intestata a lui ma di cui non sapeva nemmeno l’esistenza. Lo ha scoperto per caso, ossia quando l’impiegato di un Caf - a cui si era rivolto per ottenere il reddito di emergenza (il sostegno previsto dal Governo in favore dei nuclei familiari in difficoltà a causa della pandemia da Covid-19)) - lo ha chiamato comunicandogli che la sua domanda era stata respinta: “Lei è già beneficiario del reddito di cittadinanza non può ottenere anche il REM” gli ha risposto. Nel giro di poco tempo Amir ha scoperto di essere in buona compagnia e che altri suoi connazionali risultavano intestatari della carta postale gialla su cui ogni mese arrivavano i bonifici dello Stato. 

I MECCANISMI

I percettori di reddito di cittadinanza a loro insaputa hanno i volti del pachistano che offre rose per la strada, del venditore ambulante, dell’operaio in una fabbrica di confezioni clandestina nel napoletano, del disoccupato che si arrangia a fare le pulizie a domicilio, dell’ operaio che si spacca la schiena in una lavanderia.

Hanno la faccia della povera gente che si presenta con abiti sdruciti, lisi, maleodoranti. Li incontriamo, ci parliamo. Nelle tasche hanno piegato in mille parti i fogli degli estratti conto che dimostrano i versamenti dello Stato e la loro estraneità. La richiesta di estratto conto è recente, risale a due settimane prima del nostro incontro e coincide con il giorno in cui hanno saputo di essere possessori di una carta prepagata delle Poste. I soldi li riscuotevano altri, gli organizzatori di una truffa messa in piedi grazie a un gruppo di connazionali che aveva il compito di procacciare le identità compatibili con il reddito di cittadinanza, vale a dire concittadini da almeno dieci anni in Italia, di cui gli ultimi due in modo consecutivo. 

I DOCUMENTI

Dai documenti che abbiamo potuto consultare, risulta che Jeorge vive a Casarza Ligure, Wellage (dello Sri Lanka) a Verona, Ahmed a Squinzano, provincia di Lecce; Atif a Cosenza; Fernando a Crescenzago (Mi); Christy a Milano, etc.  In comune hanno il fatto che tutti hanno presentato domanda per ottenere il reddito nello stesso CAF in provincia di Napoli e hanno ritirato la carta prepagata nello stesso ufficio postale a Grumo Nevano (Na). O meglio, avrebbero. Perché al posto loro ci è andata un’altra persona, un pachistano - probabilmente di nome Zain - che tempo prima li aveva contattati offrendo di risolvergli alcune pratiche burocratiche con l’aiuto di un amico italiano impiegato. «Mi servono solo i tuoi documenti, al resto penso io» diceva. 

DOMANDA

Le procedure per ottenere il reddito di cittadinanza prevedono l’invio dei documenti tramite Caf che poi provvedere a girarli all’Inps. Dopo le verifiche dell’Isee quest’ultimo dà il via libera alle Poste per la stampa della carta sulla quale verrà accreditato il sussidio. Chi ha sottoscritto la domanda è chiamato a ritirarla personalmente all’ufficio postale. Qui l’impiegato dovrebbe controllarne l’identità. Ecco perché è indicativo il fatto che tutte le carte intestate alle persone con cui parliamo siano state emesse dallo stesso ufficio postale a Grumo Nevano, in provincia di Napoli, troppo lontano per chi abita a Verona, Milano o Casarza Ligure. E questo denota un’organizzazione criminale molto più profonda. C’è una mente e c’è un braccio. Il braccio è sicuramente pachistano. Lo stesso che, quando ha saputo che la nostra fonte si era rivolta ai carabinieri per denunciare il fatto, ha minacciato il nostro Amir. «Hanno chiamato prima mia moglie e poi hanno fermato mio figlio all’uscita di scuola. Gli hanno detto: Spiega a tuo padre che se non ritira la denuncia facciamo casino. Quanto vuole? Gli diamo 2-3mila euro per stare buono». Come facciano a trasformare un credito virtuale in soldi liquidi si capisce osservando gli estratto conto delle carte. In un caso, il 27 gennaio 2021 c’è l’accredito del reddito di cittadinanza (di 500 euro). Cinque giorni dopo il possessore della carta spende 230 euro in un negozio di carni a Grazzanise (in provincia di Caserta). Tre giorni dopo altri 270 euro nello stesso esercizio commerciale.

TESTIMONIANZA

E ancora: il 13 gennaio Jeorge che vive a Casarza Ligure riceve 780 euro di reddito di cittadinanza per poi spenderne 340 in un negozio di casalinghi a Casandrino (in provincia di Napoli). E due giorni dopo altri 330 euro nello stesso locale. Le attività commerciali sono più o meno sempre le stesse, alcune pachistane altre italiane. E’ Amir a spiegarci come funziona. «Loro simulano una spesa in un negozio ma non prendono niente. Su 100 euro, 20 euro vanno al commerciante e 80 euro li ritirano in contanti». 

LA TELEFONATA

A questo punto convinciamo Amir a contattare telefonicamente il capo della banda e a fingere di accettare i duemila euro che gli hanno offerto per chiudere bocca. La voce dall’altro lato del telefono è di una persona sicura di sé. Gli dà appuntamento due ore dopo in centro a Frattamaggiore, vicino Napoli. Ma specifica che non verrà di persona, manderà due persone fidate. Così succede. Ma al posto della nostra fonte trovano i carabinieri che li fermano per controlli. Uno dei due sgherri aveva nel borsello duemila euro in contanti. Dopo quell’incontro si perdono le tracce di Zain, il presunto capo della banda. Mentre all’Inps di Napoli in poco più di un mese arrivano venti disdette di reddito di cittadinanza, quasi tutte da parte di pachistani. Ora si stanno riesaminando altre 80 posizioni. Ma fonti dell’Inps ritengono che la truffa riguardi almeno 250 percettori e, considerando che va avanti da almeno dieci mesi, comporti un danno per l’erario di circa due milioni di euro. Impossibili da recuperare, spariti esattamente come l’organizzatore della truffa.

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