Recovery per il Sud, la grande beffa: 80 miliardi annunciati, ma nel testo non c'è traccia

Recovery per il Sud, la grande beffa: 80 miliardi annunciati, ma nel testo non c'è traccia
di Gianfranco Viesti
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Martedì 6 Luglio 2021, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 22:05

A pagina 37 del Pnrr si legge che esso «costituisce un’occasione per il rilancio del Mezzogiorno» e che a tal fine «il Governo ha deciso di investire non meno del 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr (pari a circa 82 miliardi) nelle otto regioni del Mezzogiorno». Sul sito del Ministro per il Sud (ma non nel Piano) è reperibile anche una tabella con la ripartizione degli 80 miliardi nelle diverse Missioni. Sulla scorta di questa cifra, il governo prevede a pag. 265 del Pnrr che il Sud contribuirà a circa un terzo dei 15 punti di Pil aggiuntivi, con un significativo aumento dell’occupazione.

Tutto chiaro. C’è solo un piccolo problema: gli 80 miliardi destinati al Sud nel testo ufficiale del Pnrr non ci sono. Per capire quante risorse sono destinate con certezza al Sud occorre infatti studiare dettagliatamente tutte le singole “linee di investimento” del Piano e del Fondo Complementare che lo accompagna, nonché i copiosi materiali aggiuntivi inviati dal governo alla Commissione europea. Perché ciò che conta, ciò che impegna le risorse, è il testo ufficiale delle singole misure del Piano mandato a Bruxelles. Serve tempo, ma si può fare, anche grazie agli eccellenti Dossier di documentazione elaborati dai Servizi Studi delle Camere. Si possono cioè cercare questi 80 miliardi, sommando gli stanziamenti di ciascuna Linea di intervento esplicitamente destinati al Mezzogiorno. 

Il punto è che non si trovano. Meglio, se ne trovano solo 22 (per i dettagli tecnici si veda un documento in pubblicazione sul sito del Forum DD). Si tratta per la metà di interventi ferroviari, e per il resto, principalmente, di azioni sulle grandi reti. Questo dato è certo: le risorse allocate sicuramente al Sud sono 22 e non 82 miliardi, cioè il 10% del totale. Tuttavia, sempre leggendo con la massima attenzione il testo, ci sono diversi altri casi in cui vi è una indicazione abbastanza chiara, anche se senza una cifra precisa. Si possono fare delle stime, e arrivare alla conclusione che è altamente probabile che almeno altri 13 miliardi saranno spesi nel Mezzogiorno; qui ci può essere qualche dubbio, ma le cifre grosso modo sono quelle. E siamo a 35, circa un sesto del totale.

E questo implica che le stime di crescita del Sud scritte nel Pnrr sono al momento ipotesi, soggette alla circostanza che si arrivi davvero a 80. Subito attenzione, però: solo in parte questi 35 finanziano interventi nuovi. Non possiamo sapere quanto, perché questa cruciale informazione nel Piano non c’è. Certamente i nuovi binari fra Napoli e Bari, inclusi in questa cifra, disponevano già di un finanziamento. Si tratta di una sorta di “partita di giro” finanziaria. 

Ciò precisato, questo non significa affatto che al Sud arriveranno solo 35 miliardi, ma che quelli sono garantiti. Per gli altri si vedrà. Il Governo ha cioè preso un generale impegno politico a favore del Sud: ma a tale impegno non ha fatto seguire una redazione conseguente e coerente del Piano. In alcune linee di investimento si trova una precisa indicazione alla localizzazione territoriale della spesa; ma in molte altre no. Non possono essere differenze dovute al caso (in un documento così importante!), ma sono i frutti di precise scelte. Cosa molto interessante, quando il Parlamento ha potuto esprimersi (cioè sul solo Fondo Complementare, non sul PNRR) ha inserito alcuni indirizzi territoriali aggiuntivi, come nell’importante caso del rinnovo della flotta dei bus (50% al Sud) e degli interventi sulle ferrovie regionali (80%). 

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Dove continuano a mancare queste indicazioni? Da un lato nelle misure per il rafforzamento del sistema produttivo. Qui ci sono 19 miliardi per la “Transizione 4.0”: soldi, a bando, per gli investimenti delle imprese; ma sappiamo che nelle precedenti versioni dello strumento di incentivazione sono arrivati al Sud solo poco più del 10% delle risorse, dato che ci sono meno imprese, più piccole e meno innovative. Sarebbe stato davvero auspicabile un preciso indirizzo, e non solo un generico orientamento, di una parte degli altri incentivi (dai contratti di filiera, all’agroalimentare, agli accordi per l’innovazione) verso il Sud. Ma ciò che più colpisce è che non vi sia alcun impegno di riequilibrio territoriale per gli interventi nei grandi servizi pubblici, nei quali vi sono enormi scarti fra Nord e Sud. Una delle misure “bandiera” del Pnrr alloca opportunamente 4,6 miliardi per gli asili nido; ma clamorosamente non dà alcuna indicazione su dove saranno aperti, non dedica un’attenzione particolare a chi non ne ha. 

Dove andranno a finire le risorse, assolutamente maggioritarie, per le quali non vi è una allocazione territoriale pre-definita? In parte, lo si è accennato, dove l’economia è più forte e ci sarà maggior “tiraggio” delle misure (e le stesso potrebbe avvenire anche per le copiose incentivazioni per le ristrutturazioni edili o per i centri di interfaccia ricerca-imprese). In parte l’esito dipenderà dai contenuti delle norme attuative di riparto stabilite dai diversi Ministeri che ne hanno la responsabilità (ad esempio per le scuole). In parte rilevante dipenderà però dall’esito dei bandi che essi predisporranno per allocare su base competitiva le risorse fra i diversi beneficiari (in molti casi fra i Comuni). E dai criteri che essi definiranno per questi bandi; ma, come già documentato su queste colonne sin dal 30 marzo, ad esempio nel primo bando sugli asili nido (che già usa risorse del PNRR) sono stati inseriti diversi criteri che non favoriscono certo chi oggi non ne ha. Ancora, dipenderà dalle capacità delle diverse amministrazioni, e dalle condizioni dei loro territori, che “concorreranno”; ma sapendo in partenza che esse sono assai più modeste nelle aree più deboli del paese. In pratica si è scelto di non garantire più asilo-nido ai bambini del Sud per principio, ma di legare questo loro diritto di cittadinanza all’esito di una gara fra le amministrazioni.

Tutto questo significa: 1) che le risorse per il Sud non sono garantite (come avrebbero potuto e dovuto essere) ma che andranno conquistate; 2) che questo dipenderà da un assai vasto e complesso insieme di provvedimenti normativi; 3) che sarà indispensabile un monitoraggio attento di tutti questi provvedimenti; 4) che sarebbe comunque indispensabile uno straordinario e immediato rafforzamento dei Comuni, in tutta Italia, ma specie al Sud.

Esiste un concreto pericolo che gli investimenti del Pnrr al Sud alla fine potrebbero essere meno, ma molti meno di 80 miliardi. Bisogna fare il possibile perché ciò non accada; il Pnrr è decisivo, per l’Italia e per il Sud. Le dichiarazioni di diversi esponenti del Governo sono certamente assai positive; ma al momento si tratta di esortazioni che andranno verificate, con attenzione certosina, quando si tratterà di scrivere le norme attuative. 

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