L'astensionismo avanza, giovani lontani dalla politica per povertà e crisi dei partiti

L'astensionismo avanza, giovani lontani dalla politica per povertà e crisi dei partiti
di Paola ANCORA
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Sabato 10 Settembre 2022, 10:23 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 00:02

L’avversario da battere il 25 settembre sarà il partito dell’astensionismo. Secondo gli ultimi sondaggi (Quorum/YouTrend) vale il 42%, una percentuale mai raggiunta fino a oggi. Gli appelli al voto delle coalizioni in campo per le Politiche 2022 si moltiplicano in queste ore, ma le ragioni dell’astensione sono ormai radicate e vanno ricercate in una molteplicità di fattori sui quali nulla, fino a oggi, è stato fatto. Per esempio, vanno ricercate nella convinzione che non vi sia più alcuna differenza fra un partito e un altro, nella fluidità delle proposte politiche e nella trasversalità di accordi - leggasi civismo - che i cittadini spesso faticano a comprendere. Ancora: pesa sulle astensioni la crescente sfiducia nelle istituzioni, che si fa dilagante nelle aree di maggiore povertà, anche educativa. Quindi nel Mezzogiorno, Puglia compresa. 

Le percentuali

Guardando al panorama nazionale, l’innalzamento delle percentuali di astenuti - non a caso – coincide con lo scandalo di Tangentopoli e con l’inizio della Seconda Repubblica, anno 1994. Fino ad allora, il tasso di partecipazione al voto era poco sotto il 90%. Nel 1994 in Puglia votò l’82,04% degli aventi diritto. Due anni più tardi, nel 1996, il 77,64%. Il tema della sfiducia nei confronti delle istituzioni contribuisce ad allontanare i cittadini dalle urne, come anche – secondo il politologo Gianfranco Pasquino – la forte somiglianza fra proposte e idee delle coalizioni in campo e la crisi dei partiti, incapaci di mobilitare gli elettori che si sentono, per di più, defraudati del loro ruolo per colpa di leggi elettorali che concentrano ogni potere nelle mani dei leader di partito. 

Il disagio economico e sociale 

Esiste anche un’altra chiave di lettura, che si affianca a queste tesi peggiorando drasticamente il quadro d’insieme: il disagio economico e sociale. Secondo il più recente studio dell’Istat sull’astensionismo (anno 2018), l’aumento della povertà, soprattutto tra i più giovani, indebolisce la partecipazione politica e corrode alla base le fondamenta democratiche della società civile. La tenaglia della povertà e la disillusione su quanto la politica possa fare per darle risposta tengono lontani dalle urne soprattutto i giovani, i cosiddetti Neet, ovvero i cittadini che non studiano e non lavorano. Secondo Fabrizio Masia, amministratore delegato dell’istituto di ricerche Emg Different «nella fascia più giovane l’astensione potrà toccare il 60%». E per il Sud e la Puglia la fetta di astensioni nei più giovani potrebbe essere anche più ampia se si considera che, sempre secondo Istat, nei territori dove la dispersione scolastica è più elevata (nella nostra regione supera il 17%, dati Save the Children, ndr) la spinta a dire propria infilando la scheda nell’urna è molto contenuta. Sempre Istat, infatti, evidenzia che se nelle regioni del Centro-Nord l’astensione giovanile viaggia fra il 5 e il 15%, con l’eccezione virtuosa dell’Abruzzo tutto il Sud registra una percentuale di astenuti variabile dal 27% della Basilicata al 35 della Calabria, passando per il 30%, in media, della Puglia.

Chi paga il prezzo più alto

Le politiche educative ed economiche per i giovani, dunque, possono avere ricadute positive anche in termini di partecipazione sociale, restituendo vitalità all’intero sistema democratico e con un ritorno non indifferente in termini di sviluppo economico dell’intero Paese e del Sud in particolare. Sempre che, va da sé, si desideri avere elettori motivati e culturalmente preparati e si ritenga importante l’esercizio del dovere civile di votare.
Ma chi potrebbe pagare il prezzo più alto all’astensionismo? Ad avere la peggio – se i sondaggi si rivelassero fondati – sarà il fronte progressista. Secondo le rilevazioni di Swg per Italian Tech, infatti, i giovani non si sentono rappresentati dai partiti in corsa ed è raddoppiato il numero di quelli che vorrebbero «un leader politico capace di comprendere i problemi dei giovani». La scarsa capacità di rappresentare sogni, aspirazioni e problemi degli under 24 interroga con maggiore urgenza la sinistra rispetto alla destra, giacché gli intervistati nel sondaggio si sono definiti in maggioranza ambientalisti (29%), progressisti (27%) europeisti (27%) e antifascisti (25%). I giovani tendono a preferire il voto di protesta o una novità, anziché il voto moderato. E, dunque, l’area del Terzo Polo di Calenda e Renzi e il centrodestra di Meloni, Salvini e Berlusconi potrebbero uscire immuni dalla valanga astensionismo o, addirittura, rafforzati. Vanno letti anche in questa chiave, per esempio, il pubblico “mea culpa” del Pd di Enrico Letta sul Jobs Act o il debutto del Cavaliere su TikTok: strategie politiche per recuperare i delusi di sinistra, in un caso, e per intercettare gli indecisi under 24 con una campagna comunicativa più fresca, nell’altro.

Per riportare gli italiani e i pugliesi al voto, tuttavia, servirà ben altro.

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