Decreto Lavoro, si metterà mano anche alle pensioni? Il nodo centrale da sciogliere è l'aumento delle pensioni minime e la riforma dei requisiti per accedere a Opzione donna. Temi che si incrociano in modo problematico con il taglio del cuneo fiscale. Tradotto: il governo sarà chiamato a fare delle scelte.
In pensione prima
Nella bozza del Decreto ci sarebbe intanto la proroga del contratto di espansione che è un modo per andare in pensione cimque anni prima. Ne abbiamo scritto qui.
La proroga sarebbe di due anni.
Opzione donna
Verranno ritoccati i requisiti? Ad oggi può andare in pensione una lavoratrice che ha compiuto i 60 anni entro il 31 dicembre 2022, con la possibilità di ridurre il requisito anagrafico di 1 anno per ogni figlio, per un massimo però di 2 anni. Nel frattempo bisogna aver raggiunto i 35 anni di contributi (requisito rimasto invariato), oltre a far parte di una tra queste categorie: invalidità, caregiver, licenziate o impiegate in aziende in crisi.
Il punto è che dopo la stretta introdotta dal governo le richieste di accesso a Opzione donna sono calate. Questo indurrà il governo a non toccare il provvedimento?
Aumenti delle pensioni minime
Ci sono due possibilità: anticipare la rivalutazione straordinaria del 2,67% per le pensioni minime in programma per il 2024. Oppure anticipare il conguaglio della rivalutazione 2023, riconoscendo alle pensioni quello 0,8% di differenza tra il tasso provvisorio utilizzato dall’Inps e quello definitivo accertato dall’istat. In questo ultimo caso gli aumenti (molto contenuti) riguarderebbero tutti. Per un assegno di 1.000 euro ci sarebbero circa 8 euro in più al mese.