Papa Francesco, schiaffi e scuse: ecco perché oggi è più vulnerabile

Schiaffi e scuse, Papa Francesco e l'avversione a scorta e protocollo che lo rende vulnerabile
Schiaffi e scuse, Papa Francesco e l'avversione a scorta e protocollo che lo rende vulnerabile
di Franca Giansoldati
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Giovedì 2 Gennaio 2020, 11:48 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 12:44

CITTÀ DEL VATICANO L’episodio del giorno di San Silvestro a San Pietro - in cui si vede il Papa assestare due schiaffi (a Roma si direbbe due ‘pizze’) sul dorso della mano di una signora decisamente esaltata e molesta - ha di nuovo messo in evidenza i rischi che il pontefice corre ogni volta che si trova in mezzo alla gente senza avere alcun filtro. Già, perché a non volere accanto a sé un cordone di protezione e di guardie del corpo è lui stesso, allergico alle strette misure di sicurezza. Sin dal primo momento del pontificato Francesco si è lamentato per l’ossessione ai dispositivi previsti a difesa della sua persona. 

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LIBERTÀ DI MOVIMENTI
A lui piace più godere della libertà nei movimenti e avere un contatto diretto con le persone. Anche se questo a volte è difficile da gestire. L’emozione e l’entusiasmo dei fedeli gioca brutti scherzi. Durante le udienze generali o in mezzo alle folle sterminate e scomposte dei viaggi esteri, la moderazione o l’educazione della gente che entra in contatto con il Papa, esattamente come è accaduto alla signora asiatica che ha strattonato violentemente Francesco, va a farsi benedire. Il Papa lo sa ma tira dritto. In Vaticano però ormai nessuno osa contrastarlo su questo terreno e i suoi collaboratori hanno imparato a conoscere bene il carattere impetuoso e spontaneo di Bergoglio. 
 



Preso dalle circostanze a volte si lascia andare a gesti fuori dal protocollo. Gli è capitato, per esempio, di fermarsi a raccogliere galantemente la borsetta caduta ad una anziana signora (è successo nell’Aula Paolo VI) o ad assistere una poliziotta caduta da cavallo, facendo bloccare improvvisamente l’intero corteo papale durante il viaggio in Cile. Poi però al tempo stesso il Papa si è visto che si sottraeva spazientito al baciamano (previsto dal protocollo) nella basilica di Loreto. 

Stavolta la mancanza di pazienza lo ha portato a difendersi come poteva dall’irruenza fastidiosa della pellegrina asiatica. A Napoli gli era, invece, toccato tenere a bada l’assalto molesto di un gruppo di suore carmelitane. Per fortuna quella volta stava seduto su uno scranno e non ha perso l’equilibrio mentre, invece, l’altro giorno a San Pietro poteva davvero essere trascinato in terra. La sua reazione è stata umana. Quasi spaventata. Certamente una debolezza, come lui stesso ha ammesso pubblicamente. Ma del resto capitava anche a Papa Wojtyla – ora San Giovanni Paolo II - quando perdeva le staffe con i suoi aiutanti e non era difficile sentire la sua voce baritonale alzarsi di qualche decibel nell’appartamento pontificio. 

Esporsi alla folla senza avere sufficienti paracaduti resta però uno dei rischi maggiori per il Papa anche se da questo orecchio non ci sente. La scorta è stata da tempo ridotta all’osso e se fosse per lui la ridurrebbe ancora. Ai giornalisti in diverse occasioni, tornando dai voli papali, ha spiegato di non avere paura di subire attentati e nemmeno il gesto di qualche folle. Il suo timore non è tanto per la sua vita ma per quella degli altri.

«BELLA CONFESSIONE»
Ieri il sito Vatican News minimizzava sull’accaduto mettendo in evidenza che la confessione del Papa all’Angelus è stato un fatto «bello» perché ha avuto «il coraggio di ammettere la propria debolezza, chiedendo scusa davanti al mondo per il gesto d’impazienza che ha avuto durante la visita al presepe in Piazza San Pietro». 


Ci sarebbe, invece, da chiedersi se la confessione non sia stata studiata a tavolino per tamponare l’evidente distanza, quasi una contraddizione, tra il gesto impulsivo del giorno prima – avere alzato le mani stizzito su una donna invadente e petulante - e la bellissima omelia di Capodanno a San Pietro contro tutte le forme di violenza sulle donne. 

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