Omicron, tempi di incubazione e sintomi brevi: ecco perché corre veloce (ma potrebbe frenare prima)

Dalla severità della malattia alla velocità di trasmissione. I dati sulla nuova variante mostrano caratteristiche diverse rispetto a Delta e alle mutazioni precedenti

Omicron, tempi di incubazione e sintomi brevi: ecco perché corre veloce (ma potrebbe frenare prima)
Omicron, tempi di incubazione e sintomi brevi: ecco perché corre veloce (ma potrebbe frenare prima)
di Simone Pierini
6 Minuti di Lettura
Giovedì 23 Dicembre 2021, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 25 Dicembre, 16:45

La comunità scientifica osservando i dati provenienti da diversi Paesi del mondo discute su quanto sia severa la malattia provocata dalla variante Omicron. Più lieve? Uguale alla Delta ma limitata dalla protezione offerta dai vaccini? Colpisce più i bronchi rispetto ai polmoni? Certezze in tal senso ancora non ce ne sono. Ma su una caratteristica presentata dal nuovo ceppo del Covid non vi è alcun dubbio: Omicron viaggia a una velocità infettiva altissima e i numeri lo confermano con i casi che crescono in maniera esponenziale ovunque sia apparsa. 

Omicron, i tempi (brevi) di incubazione

Tra i motivi di questa contagiosità rapidissima potrebbero esserci i tempi di incubazione, più brevi rispetto alle precedenti varianti fin qui affrontate, dal ceppo originale del SarsCov2 fino ad Alpha e Delta. L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha stimato che l'insorgenza dei sintomi impiegasse da due giorni a due settimane per manifestarsi nei casi di persone infette dal primo ceppo di coronavirus.

Tempo che si è accorciato con la variante Delta e che si sta dimostrando ancora più breve con Omicron che viene identificato da tre a cinque giorni.

Un'ipotesi confermata anche dalle recenti analisi dell'Agenzia per la sicurezza sanitaria del Regno Unito. Ciò spiegherebbe perché Omicron si sia diffuso così rapidamente e con successo, poiché la brevità del suo periodo di incubazione offre ai malati una finestra più breve tra il sospetto di aver contratto il virus e i sintomi, rendendo meno probabile che un risultato positivo del test venga registrato in tempo per avvertire i contatti stretti, porsi in isolamento e prevenire la trasmissione del contagio. Un periodo di incubazione più breve «rende un virus molto più difficile da controllare», ha dichiarato a The Atlantic Jennifer Nuzzo, epidemiologa del Johns Hopkins Center for Health Security. 

 

Omicron e i sintomi diversi da Delta

Un altro aspetto che rende potenzialmente più difficile da rilevare Omicron rispetto ad altri ceppi è la caratteristica dei suoi sintomi. Non più tosse, febbre e perdita del senso del gusto o dell'olfatto. I primi segnali di allarme per la nuova variante, al contrario, includono gola irritata, mal di schiena, naso che cola o bloccato, mal di testa, dolori muscolari e affaticamento, starnuti e sudorazione notturna. L'evidenza attuale dei casi Omicron analizzati in Gran Bretagna mostra come i pazienti siano in grado di guarire in media in cinque-sette giorni, sebbene alcuni dei sintomi come tosse e affaticamento possano persistere più a lungo. Nei casi più gravi è stata segnalata anche mancanza di respiro, che è stata osservata per durare fino a 13 giorni dopo.

Ricoveri più bassi rispetto a Delta: due studi

Due studi, condotti rispettivamente in Inghilterra e in Scozia, rilevano un livello di ospedalizzazione più basso per i casi di covid con la variante Omicron rispetto a quelli innescati dalla variante Delta. Lo riferisce tra gli altri Sky News. La ricerca inglese nota che le persone contagiate dalla variante Omicron hanno fra il 15% e il 20% di possibilità in meno di ricovero in ospedale rispetto a coloro che sono contagiati dalla variante Delta. In particolare lo studio realizzato dall'Imperial College a Londra sottolinea che fra le persone infettate da Omicron hanno per il 40-45% di probabilità in meno di passare una notte o più in ospedale rispetto a chi è contagiato con Delta. Coloro inoltre che sono stati già precedentemente contagiati hanno il 50-60% di possibilità in meno di ricovero rispetto a chi invece non è stato precedentemente infettato. D'altro canto, lo studio scozzese sostiene che Omicron sia associabile alla riduzione di due terzi del rischio di ricovero rispetto a Delta.

Il picco e la discesa: il caso Sudafrica

Dopo la rapidissima impennata di casi della variante Omicron in Sudafrica, il numero dei nuovi contagi sta ora scendendo ed è in calo del 20 per cento, rispetto alla scorsa settimana. È quanto riferiscono i ricercatori sudafricani, interpellati da vari media internazionali, tra i quali il New York Times. Secondo l'epidemiologa Michelle Groome, del National Institute of Communicable Diseases, nell'epicentro dell'ultima ondata sperimentata dal Paese, la provincia di Gauteng, dove si trovano Johannesburg e la capitale Pretoria, il picco sembra essere stato raggiunto la scorsa settimana. «È incoraggiante - ha detto la scienziata - in termini tendenze in diminuzione e numero di casi». Gli studi basati sui primi casi registrati nella provincia di Gauteng sembrano inoltre suggerire che i casi di Covid-19 causati dalla variante Omicron tendono ad essere meno gravi di quelli associati alle varianti precedenti. E tuttavia, fanno notare gli esperti, nella provincia di Guateng è presente una percentuale maggiore di vaccinati rispetto al resto del Paese e questo potrebbe avere mitigato l'azione del virus.

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Sintomi meno gravi

«In Sudafrica Omicron, secondo i nostri dati, mostra una gravità ridotta rispetto ad altre varianti». Lo ha affermato Cheryl Cohen del National Institute for Communicable Diseases (NICD), uno degli autori dello studio sull'impatto della nuova variante, nel corso di una conferenza stampa. Gli esperti sudafricani - riporta il Guardian - hanno comunque sottolineato che le ragioni per cui sono stati osservati casi meno gravi «non sono state completamente comprese e che l'esperienza del Sudafrica, con una popolazione giovane, potrebbe non tradursi nel modo in cui altri Paesi sperimentano Omicron». «Il rischio più basso o le proporzioni inferiori di malattie gravi che stiamo osservando nella quarta ondata potrebbero essere dovute a una serie di fattori, tra cui il livello di immunità precedente di persone che sono già state vaccinate o hanno avuto un'infezione naturale, o potrebbe anche essere a causa della virulenza intrinseca di Omicron», ha affermato Waasila Jassat, dell'NICD. «Abbiamo bisogno di più studi per essere in grado di capirlo», ha aggiunto.

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