Il patron della Texa ai no vax: «Tutti devono vaccinarsi, non vorrei si dovesse arrivare a lasciare a casa qualcuno»

Il patron della Texa, Bruno Vianello
Il patron della Texa, Bruno Vianello
di Mattia Zanardo
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Lunedì 16 Agosto 2021, 08:37 - Ultimo aggiornamento: 14:58

TREVISO - «Prima bisogna cercare di fare opera di convincimento. Poi, se si renderà necessario, bisognerà porre l'obbligatorietà e tutti dovranno rispettare le regole». Bruno Vianello, fondatore e presidente di Texa, gruppo di Monastier tra i leader mondiali nella progettazione e produzione di sistemi per la diagnosi dei motori, si è a più riprese espresso a favore della vaccinazione anti-Covid. E ribadisce la sua posizione pure sulla possibilità di introdurre il green pass anche per i lavoratori delle aziende industriali, come già in vigore per quelli della sanità o della scuola.


«Se non vogliamo ammalarci, tutti devono vaccinarsi. Come tutti i farmaci, anche il vaccino può avere delle controindicazioni, ma, rispetto ai rischi anche molto gravi di questo virus, è assolutamente il male minore. Di fronte a milioni di morti nel mondo non capisco come si possa pensare a complotti o che ci siano dietro chissà quali interessi. Il mondo e la vita umana sono fatti così: in passato per malattie del genere moriva gran parte della popolazione. Oggi, oltre al nostro sistema immunitario, possiamo fortunatamente affidarci anche alla scienza». 


Quindi pensa che il green pass possa essere uno strumento utile?
«Lo ribadisco: tutti devono vaccinarsi, soprattutto chi ha contatti con altre persone. E questo non significa solo chi lavora con il pubblico, ma penso, ad esempio, ad un'azienda come Texa, dove nella sola sede di Monastier siamo oltre 550 (oltre 730 in tutto il mondo, ndr)».


E se ci fossero eventuali dipendenti no vax, come comportarsi?
«Prima di tutto è necessario parlare con le persone: parlando si può cambiare idea. Farei ad esempio degli incontri in azienda con esperti o con guariti che portino la propria testimonianza. Bisogna fare comprendere che chi non si vaccina, oltre a mettere a rischio se stesso, mette a rischio anche gli altri.

Ho visto che anche parecchi no vax, dopo essersi contagiati ed essere finiti in ospedale, poi si sono pentiti e anzi sono diventati fautori della vaccinazione. Con un po' di pazienza, secondo me si possono convincere tutti e superare gli ostruzionismi».


Se poi ci sono degli irriducibili'? 
«Non viviamo da soli in un'isola, dove ognuno può fare come gli pare, ma in una società organizzata, dunque ad un certo punto bisognerà anche a rendere obbligatorio il vaccino, per il bene di tutti».


Il Green pass potrebbe essere richiesto per entrare nelle mense aziendali.
«Valuteremo la normativa. Mi auguro, però, non ci venga chiesto dall'oggi al domani di cambiare, ci diano il tempo di convincere tutti e trovare la giusta soluzione, perché non possiamo lasciare i nostri addetti senza mangiare».


Tra il personale di Texa, quale le sembra l'orientamento prevalente? 
«La gran parte dei miei collaboratori con cui ho parlato mi ha detto di essersi vaccinata e anche tra chi non ha ancora ricevuto la somministrazione ho trovato tutti ben disposti. Proprio per questo, siamo in contatto con l'Ulss 2 e il direttore generale Benazzi per organizzare un punto vaccinale in azienda, in modo da dare la possibilità anche a costoro di vaccinarsi, rapidamente e comodamente».


Ma l'obbligatorietà di vaccino e green pass è applicabile?
«Spero prevalga il buon senso di tutti e non si debba mai arrivare a lasciare a casa qualcuno. Poi chiaro, viviamo in un mondo sociale e bisogna rispettare le regole. Anche se magari alcune non piacciono. E' come per guidare l'automobile: devi avere 18 anni, prendere la patente, rispettare il Codice della strada».


Serve dunque una legge?
«Non solo, servono delle normative internazionali condivise: oggi le imprese operano a livello mondiale e i loro dipendenti devono andare all'estero».

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