L'articolo del New York Times sulla Quarantena a Roma, secondo cui i romani hanno «la reputazione di aggirare le regole»

L'articolo del New York Times che definisce i romani «irriverenti, anti-autoritario e cinici»
L'articolo del New York Times che definisce i romani «irriverenti, anti-autoritario e cinici»
di Simone Pierini
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Sabato 2 Maggio 2020, 15:52 - Ultimo aggiornamento: 20:20

«I romani hanno la reputazione di aggirare le regole, nel traffico e nella vita». Questo passaggio è apparso all’interno di un lungo e articolato reportage del New York Times a firma di Jason Horowitz, lo stesso giornalista che documentò il dramma di Bergamo in un crudo e imponente fotoracconto accompagnato dalle immagini del fotografo Fabio Bucciarelli. L’articolo odierno intitolato “Rome Has Been Sacked, Conquered and Abandoned. Now It’s the Pandemic’s Turn” (tradotto: Roma è stata saccheggiata, conquistata e abbandonata. Ora è il turno della Pandemia) Horowitz immortala l’immagine della Capitale che si avvia alla fine della quarantena verso la fase due. Riporta cenni storici partendo dalla Roma imperiale ripercorrendoli fino all’epoca fascista, alla Liberazione e, infine, all’arrivo del virus.



«La turbolenta storia della città ha forgiato un carattere irriverente, anti-autoritario e, in qualche modo, cinico. Può sopravvivere al coronavirus, si chiede il New York Times nell’incipit del servizio. Ad accompagnare il testo questa volta ci sono le foto della città in lockdown scattate dalla fotografa Nadia Shira Cohen.  

«Per celebrare la leggendaria fondazione della città e la sua gloria passata - scrive Horowitz - di solito c'è una parata affollata di rievocatori vestiti da gladiatori e da vergini vestali. Il coronavirus ha preso il suo posto, lasciando strade stranamente abbandonate che evocano qualcosa di più vicino a un disastroso licenziamento nel VI secolo, quando la popolazione di Roma precipitò verso lo zero». Ne segue una descrizione della Capitale vuota nei suoi simboli: da Fontana di Trevi a Campo de’ Fiori, dal Gianicolo a Ponte Sisto dove la “presenza degli artisti di strada è sostituita dalle germani reali (un volatile, ndr.)”.

«In un certo senso, la città è fiorita sotto l’epidemia», aggiunge Horowitz, «senza lo scarico di automobili e quel fumo denso di cipolle che fuoriescono dalle trattorie» e sostenendo come “il virus non sia chiaramente un pericolo per la bellezza di Roma”, ma chiedendosi: «Cosa farà al suo spirito?». E prova a rispondersi così: «Mi chiedevo se questi mesi, forse anni, di quarantena o di convivenza con il virus avrebbero cambiato irrevocabilmente i romani o sarebbero diventati un altro di una lunga serie di difficoltà che hanno plasmato un carattere romano noto per irriverenza, anti-autoritarismo e più di una goccia di cinismo».



E prosegue parlando del supposto tentativo dei cittadini di "aggirare" attraverso varie interpretazioni date alla parola “congiunti” pronunciata dal premier Giuseppe Conte durante il discorso del 26 aprile le disposizioni per la fase due. E lo fa citando prima un articolo del Messaggero che mostrava simpatici meme pubblicati sui social dagli utenti, poi le opere di Zerocalcare e la sua "Rebibbia Quarantine". 

Poi, parlando dei cittadini della Capitale, scrive: «I romani hanno la reputazione di aggirare le regole - nel traffico e nella vita. I “fan” la chiamano accattivante creatività; i critici la definiscono inciviltà insopportabile. Vivere con il virus lo migliorerà o lo eliminerà?». Seguita da una serie di frasi - forse un po' figlie di uno stereotipo - sul «dolce non far niente» dei giovani «che viene elevato a una forma d'arte pubblica». Infine elenca una varietà di situazioni notate durante una sua passeggiata come «un negozio di dolci che vendeva illegalmente uova di cioccolato fuori da una porta semichiusa», o un incidente tra un autobus e uno scooter provocato dalla voglia di passare per primi.

C’è anche da dire che non ha omesso numerosi elogi per la responsabilità mostrata da tantissimi romani nel periodo di quarantena. Ma ad accompagnarli alcuni luoghi comuni contro una città che certamente mostra dei difetti, delle incongruenze nel quotidiano, ma che ha saputo rispondere con forza e con grande coraggio a un virus che l’ha spaventata. Un popolo, quello romano, che fa la fila per andare in soccorso a una persona in difficoltà appena incontrata in strada. Che ti mostra la via più breve per raggiungere un luogo durante una vacanza turistica, che ti consiglia l’osteria dove mangiare bene e spendere poco. Un affresco della Capitale, vista con occhio affettuoso ma - ci permettiamo di dire - forse eccessivamente ricco di antichi luoghi comuni.



 

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