Migranti, Wallraff: «In Germania una nuova cultura dell’accoglienza, ma resta il rischio razzismo»

Migranti, Wallraff: «In Germania una nuova cultura dell’accoglienza, ma resta il rischio razzismo»
di Alessandro Di Lellis
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Mercoledì 9 Settembre 2015, 23:19 - Ultimo aggiornamento: 23:53
La Germania è capace di stupire anche il suo figlio più critico: Guenter Wallraff, il Guastafeste numero 1, il giornalista investigativo che in quasi mezzo secolo si è travestito da operaio, immigrato turco, senzatetto, profugo africano, telefonista per smascherare i soprusi del modello tedesco. E che adesso dice: «Sugli immigrati c’è stato un cambiamento positivo, mi sembra un’altra Germania».



Come giudica la decisione di Angela Merkel di accogliere 500 mila profughi all’anno?

«Veramente, almeno all’inizio, saranno 800 mila. In questo Paese è accaduta una cosa che non succede spesso, un cambiamento di atmosfera. Basta pensare ai titoli aggressivi della “Bild” (giornale popolare, ndr) di un tempo, con gli immigrati dipinti come criminali, o a quelli, un po’ più sofisticati, del settimanale “Der Spiegel” che spiegavano che la barca è piena. Adesso sembra nata una cultura dell’accoglienza».



Lo ammetta: Angela Merkel, una leader teoricamente conservatrice, ha fatto un passo che i capi di governo di sinistra in Europa non hanno voluto fare.

«C’è un enorme numero di volontari che si sono mobilitati per chi fuggiva dalla guerra. Tutta gente che si mette a disposizione assolutamente gratis, io ne conosco tanti. Ebbene, la politica, anche attraverso i sondaggi, ha percepito questa mutazione nella società e ne ha tratto le conseguenze, anche perché lo scopo primario di un politico è di essere rieletto. Ricordiamoci che non molto tempo fa il capo del governo locale bavarese, Edmund Stoiber, tuonava contro “l’intollerabile mescolanza e la perdita di identità etnica” del popolo tedesco a causa dell’immigrazione. Ora, decenni di slogan razzisti sembrano superati».



Ma quale sarà l’atteggiamento dell’intera società tedesca? Riuscirà ad accettare i nuovi arrivati?

«Intendiamoci, i razzisti ci sono sempre. Gruppi criminali di estrema destra sono sempre pronti a colpire. Ma è impossibile non accogliere la richiesta di aiuto di persone che fuggono dalla guerra. Lo ha capito anche il mondo dell’economia. Anche se devo dire che mi suona un po’ sospetto l’entusiasmo con cui gli imprenditori si schierano per l’arrivo degli immigrati. È possibile che ne approfittino per smantellare altri posti di lavoro fissi e creare migliaia di posti precari a bassa retribuzione, soprattutto in settori come la logistica, le spedizioni, la ristorazione».



E poi?

«Può anche darsi che un certo numero di cellule terroristiche islamiche ne approfittino per infiltrarsi silenziosamente. Ma ora, in primo luogo, si tratta di accogliere persone in pericolo».



In quanto tempo viene accertato lo status di profugo? E chi gode dell’asilo, può lavorare?

«Ci vogliono dai tre ai cinque, sette, talvolta dieci anni. Il profugo accertato può lavorare, ma soltanto se il posto a cui aspira non è coperto da un tedesco. È una restrizione assurda, come quella per cui i richiedenti asilo non possono spostarsi oltre una breve distanza dal ricovero dove sono alloggiati. Ai tempi della guerra nel Balcani, ho nascosto una famiglia di rom macedoni che rischiava l’espulsione. Ebbene, oggi questa famiglia di “zingari” gestisce una lavanderia, paga le tasse, i figli parlano perfettamente il tedesco, uno di loro vuole fare il poliziotto».
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