Migranti, regala un pianoforte ai rifugiati: la storia di Alin il fotografo dal cuore d'oro

Migranti, regala un pianoforte ai rifugiati: la storia di Alin il fotografo dal cuore d'oro
di Giulia Aubry
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Venerdì 25 Settembre 2015, 16:06 - Ultimo aggiornamento: 26 Settembre, 18:11

La stazione Tiburtina. Un ragazzo eritreo, con la passione per la musica, arrivato in Italia su un barcone. Un ragazzo rumeno di 22 anni che da otto vive nel nostro paese e racconta storie attraverso la fotografia. Hanno più o meno la stessa età. Parlano un inglese approssimativo ma si capiscono. Le loro storie si intrecciano grazie a un autobus in ritardo e un pianoforte lasciato a disposizione dei viaggiatori in transito.

In questa storia il ragazzo eritreo non ha un nome, ma solo perché Alin Costache - il giovane fotografo di origine rumena - non lo ricorda. “Non sono mai stato bravo con i nomi” racconta. E forse questo aggiunge ancora più bellezza alla storia del loro incontro e di ciò che ne deriva. Perché il ragazzo eritreo diviene il simbolo dei tanti rifugiati che, durante la calda estate appena finita, hanno sostato a Tiburtina e hanno trovato – e trovano ancora – ospitalità nei campi attrezzati e nel Centro Baobab di via Cupa.

Come tanti è arrivato da una terra lontana, attraversando il deserto, attendendo sulle coste libiche un barcone che lo portasse in Europa.

Proprio su quelle spiagge gli è stato tolto tutto. Anche i testi delle canzoni che ha scritto. “Ma non fa niente – ha spiegato ad Alin – perché le ho tutte in testa. E da lì nessuno me le potrà rubare”.

Alin lo fotografa, perché questo è il suo mestiere ma anche il suo modo di raccontare il mondo e se stesso. “Giro l’Italia fotografando le famiglie. Mi piace raccontare le storie delle persone normali, di quelle che non appaiono mai, ma che invece hanno tanto da dire. Dovevo andare a fare delle foto in Abruzzo. Ma poi la musica che proveniva da quel pianoforte nella stazione Tiburtina mi ha fatto fermare”.

E Alin si trova ad ascoltare e raccontare la storia del suo coetaneo dalla pelle scura e dal cuore ferito dalla violenza della sua terra di origine. Per quel giovane l’Italia è la porta dell’Europa. Come molti altri non vuole fermarsi ma andare in Germania. Non solo perché c’è più lavoro, ma perché è il suo sogno. E una volta in Germania vuole comprare un piano – “molto bello”, dice -, imparare a suonarlo e diventare un artista. “Ma tu sei già un artista” replica Alin, mentre altri ragazzi si avvicinano al pianoforte per sentirlo suonare e provare loro stessi a farlo.

Mentre il suo nuovo amico si improvvisa insegnante di piano per tutti quei ragazzi in attesa di un nuovo treno, di un nuovo paese da abitare, di un futuro diverso, ad Alin viene un’idea: comprare un piano e metterlo a disposizione di quei profughi in attesa intorno alla stazione Tiburtina. Un pianoforte per i rifugiati! È questo il suo progetto. Raccoglie qualche euro tra amici e passanti. Ma la maggior parte del denaro lo mette lui. E il pianoforte arriva a destinazione. “La parte più difficile – racconta il giovane fotografo – è stata il trasporto”.

Ma anche lì, alla fine, trova amici e persone che gli danno una mano, “perché – come sottolinea lui stesso – la gente ha voglia di aiutare, ma a volte non sa come farlo concretamente. Ecco forse, questo è il messaggio di questa storia, tutti possono partecipare, dare il proprio contributo. E farlo in maniera del tutto personale”.

Ora il piano è al Centro di accoglienza Baobab. Sin dall’inizio uomini, donne e bambini si sono messi in fila per provare a suonarlo, attratti dalla novità e dalla bellezza del suono. “La musica è vita – racconta Alin – e in quei luoghi c’è molta voglia di vivere. Sedersi al piano, guardare gli altri suonarlo significa non trascorrere ore seduto sul marciapiede, ma impiegare il tempo per imparare qualcosa, per cominciare a scoprire qualcosa di diverso dal dolore e la fame da cui si fugge”. E forse anche per essere percepito in maniera diversa dalle persone che vivono e si muovono attorno alle aree dove sono ospitati i migranti.

Alin non si è limitato a portare il pianoforte ai “suoi rifugiati”. Ha aiutato a servire i pasti. Ha giocato con i bambini. Ha visto una realtà diversa da quella descritta dai media o dal discorso pubblico. La stessa realtà che lui cerca di raccontare sul suo sito amalatuastoria.com, dove pubblica le sue foto e invita tutti a condividere un pezzo della propria vita. “Perché ogni vita è importante. Non solo quelle dei personaggi famosi” ci dice.

Alin è un narratore “fotografico” che gira l’Italia per raccogliere storie e raccontarle. “Faccio foto per vivere – dice Alin – ma quando faccio servizi come questo, in cui ritraggo famiglie o persone che incontro, sono loro a decidere se, quanto e come pagarmi. È uno scambio tra di noi”. E i soldi guadagnati possono dar vita a un’altra storia, possono servire a raccontare ciò che davvero accade a un ragazzo eritreo che attraversa il mare per inseguire un sogno in Germania, possono trasformarsi in un pianoforte per i rifugiati.

“Adesso – dice – mi piacerebbe trovare qualcuno che volontariamente possa andare a insegnare musica agli ospiti del centro Baobab. Anche se i profughi non si fermano a lungo, poche ore di esercizio possono essere un piacevole impegno e un diversivo per ritrovare se stessi anche a tanti chilometri di distanza da casa”. Come fa lui con le sue “storie a colori”.