Migranti, il decreto di Di Maio irrita Zingaretti: «Basta bandierine»

Migranti, il decreto di Di Maio irrita Zingaretti: «Basta bandierine»
Migranti, il decreto di Di Maio irrita Zingaretti: «Basta bandierine»
di Simone Canettieri
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Venerdì 4 Ottobre 2019, 07:37 - Ultimo aggiornamento: 12:51

Prima le «fughe in avanti» di Matteo Renzi sull'Iva e le «capriole» sul taglio del cuneo fiscale, ora i decreti ministeriali del tandem Di Maio-Bonafede fatti passare come mosse di politica sui migranti quando invece sono «meri atti amministrativi» e per giunta non concordati. Nicola Zingaretti vede una china preoccupante per il neo governo: «Una corsa a piantare le bandierine, una competition per lo strapuntino da rivendicare a ogni costo: così non va bene». L'anticamera, ha spiegato il segretario del Nazareno ai ministri dem riuniti ieri sera, di «un pantano: ciò di cui l'Italia non ha bisogno».

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Zingaretti ha fatto il punto con Dario Franceschini, Roberto Gualtieri e Francesco Boccia. Questo il ragionamento di fondo: se il governo dovesse iniziare a registrare fibrillazioni quotidiane si rivedrebbe lo schema gialloverde con un finale tutto da scrivere, che questa volta non porterebbe certo a un Conte ter. Anzi, nel Pd c'è chi si spinge a dire che Renzi, intenzionato a continuare la campagna acquisti nei gruppi parlamentari, potrebbe arrivare a ulteriori manovre parlamentari in caso di crisi (vedi il governo Letta).

Fantascienza? Può darsi, di sicuro al momento ci sono il fastidio e le preoccupazioni per le cronache degli ultimi giorni viste a Palazzo Chigi: dalla manovra alla riforma della giustizia, passando per i migranti. «Io non sono andato al governo, sono rimasto a fare il segretario del partito, ma se la politica sale sul dirigibile non guarda più in faccia le persone», è stato lo sfogo del numero uno del Nazareno. Da qui l'avviso ai leader del M5S e di Italia Viva: «Basta polemiche». Tradotto: smettetela di andare in ordine sparso.
 

 

L'ACCELERAZIONE
L'ultima mossa che arriva dal governo, sponda grillina è appunto il «decreto Di Maio», come lo chiamano i pentastellati, sui migranti. O meglio: una stretta sui rimpatri, grande annuncio incompiuto dell'ex ministro dell'Interno: «Siamo fermi all'anno zero». E visto che il leader grillino vive una sfida personale, più che politica, con Salvini ha deciso di spingere su questo atto amministrativo che va incidere sui decreti sicurezza già approvati dal precedente esecutivo. Si tratta di una stretta sui rimpatri, allargando e certificando nuovamente la lista dei Paesi sicuri e accelerando le procedure sul territorio italiano.

IL DOCUMENTO
Oggi la presentazione alla Farnesina alla presenza del Guardasigilli Alfonso Bonafede. Della lista che potrebbe fare parte la Tunisia. Ma rimane in sospeso, per esempio, il ruolo dell'Egitto visto che il caso Regeni ancora non è stato sciolto né affrontato da Di Maio. In generale, il «gancio» giuridico alla misura dovrebbe essere la direttiva europea 2013/32, che dà ai Paesi membri una certa discrezionalità sull'individuazione dei Paesi sicuri e alla quale ha fatto riferimento anche il decreto sicurezza. Prevedibile, inoltre, che nel provvedimento sia prevista anche un'accelerazione delle procedure per la definizione dei Paesi d'origine da parte delle commissioni territoriali. Insieme agli atti il titolare della Farnesina continuerà a spingere sugli accordi bilaterali con i singoli Paesi africani da cui si verifica la maggior parte delle partenze.

«È inutile che venite, se non avete i requisiti per la domanda di asilo, perché in maniera democratica vi mandiamo indietro», dice il ministro degli Esteri. Dunque stretta sui rimpatri e cooperazione. Nessun provvedimento adottato dal consiglio dei ministri, ma un atto amministrativo. Seppur con il via libera informale del Viminale. «È lavoro di squadra», specifica Di Maio. Quanto basta però al M5S per piazzare (mediaticamente) un punto nel governo, complice la presenza di un tema che nel Pd, ma anche in Italia Viva, è ancora al centro di un dibattito interno di autocoscienza collettiva sulle politiche adottate nel quinquennio 2013-2018.

«Una bandierina», come la chiama Zingaretti. Che assiste in maniera sempre più perplessa a questa escalation «di corsa al provvedimento da rivendicare». Con una consapevolezza di fondo: se il buongiorno si vede dal mattino, c'è il rischio reale che la luna di miele dell'esecutivo finisca subito per lasciare il posto a un «pantano». Il motivo opposto per il quale (domani sarà un mese preciso) è nato l'esecutivo.
 

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