L'ingegnere figlio del vento: tappa da McLaren nel nome di Senna

Leonardo Pascali nella sede della McLaren, a Woking (Inghilterra)
Leonardo Pascali nella sede della McLaren, a Woking (Inghilterra)
di Rosario TORNESELLO
6 Minuti di Lettura
Domenica 7 Gennaio 2018, 19:34
Mattinata sonnacchiosa. Un tantino umida. Un tantino lenta. Qui le vacanze natalizie vanno così, mica è sempre festa che nevica e tutto si ferma e ogni suono è ovattato e dappertutto è bianco immacolato e la vita va in pausa forzata e per fortuna dura poco (per i grandi, ché per i piccoli potrebbe andare avanti all’infinito). Niente. Quest’anno va così. Temperatura mite. Il candore rimbalza solo dalla pietra del centro. Vernole. La chiesa, la piazza centrale, i bar che si dividono gli spazi, i tavolini, il basolato. Antiche dimore. Le facciate scandiscono il tempo delle ristrutturazioni. Un cancello, un cortile, un’auto parcheggiata. Utilitaria stile familiare, placida, rassicurante. Tu diresti mai che qui abita, quando ci abita, il mago della dinamica dei “gioielli” McLaren?

Leonardo Pascali scende piano le scale. La figlia Maria Sofia apre la porta, lui segue a ruota. La motorizzazione è metafora della vita anche nei piccoli gesti. Sorride, si presenta. Abbigliamento informale, maglioncino e camicia. A vedere le foto, deve essere così anche sul lavoro. Questa di Vernole era la casa di famiglia, ora è un B&B. Le pause dal lavoro si trascorrono qui. Ha 49 anni, Leonardo. È nato a Lecce, cresciuto a Roma: il padre era maresciallo dei carabinieri, un po’ nella capitale, un po’ all’estero, missioni speciali. Lui ha studiato Ingegneria Meccanica. Ora è responsabile della dinamica dei veicoli McLaren. «Automotive», spiega subito. Sono i bolidi da strada, parenti prossimi e più evoluti degli altri, quelli di Formula 1. Se non li avete mai visti, non vi preoccupate. Diciamo che sfrecciano a tale velocità che sfuggono alla percezione sensoriale.

Lavora a Woking, trenta miglia a sud-ovest di Londra, dal 2015. La casa automobilistica inglese l’ha soffiato alla Porsche, dove ha operato per 12 anni e messo a frutto l’esperienza maturata nel Centro ricerche Fiat, incluso il progetto per le quattro ruote sterzanti poi applicato alla 901. Operazione rilancio, oltremanica. E i numeri iniziano a galoppare, non fosse altro perché proprio il cavallino rampante, e cioè Ferrari, è l’antagonista nel mirino. «Ma noi siamo una struttura autonoma, gli altri sfruttano potenzialità e vantaggi di gruppo: Ferrari con Fca, Lamborghini con Volkswagen, Aston Martin con Mercedes». Comunque: duemila modelli prodotti nel primo anno, all’arrivo di Pascali; tremila nel 2016; quattromila nel 2017. Clienti, i nababbi di tutto il mondo. Il veicolo più economico, si fa per dire, quota 200mila euro; il più caro veleggia oltre i quattro milioni di euro. È la mitica P1 LM, propulsione ibrida, la più veloce al mondo del settore, 6 minuti e 43 secondi per coprire gli oltre 20 chilometri del circuito di Nurburgring in Germania, un missile lanciato a 360 km/h, cinque soli esemplari al mondo. Se la vedete, o anche solo la intuite dallo spostamento d’aria, fate un fischio. O datevi un pizzicotto.

«L’esperienza in Fiat è stata altamente formativa», spiega l’ingegnere. Una percezione del veicolo a 360 gradi. «Mi contattarono nel 1999. Sono rimasto con loro fino al 2003, quando ero ormai responsabile della dinamica dei veicoli. Accanto a me colleghi formidabili. Alcuni fondamentali per il successo della Ferrari. Un patrimonio che nel tempo è andato disperso. E i risultati si vedono». Ecco, la Formula 1. «Un sogno, da bambino. Ma crescendo e lavorando sulle auto capisci che quello delle corse è un grande circo in cui delle vetture viene sviluppato solo un segmento. E a me di un prototipo, invece, interessa tutto». Tranne motore, design e impianto elettrico, il resto passa dalle sue mani: aerodinamica, sospensioni, performance, feeling di sterzo, vibrazioni sui sedili, stabilità, impianto frenante, gestione del calore. Anche il suono del motore, qualità estetica che a certi livelli diventa requisito discriminante. Elementi che fanno la differenza. Con lui uno staff di cento persone. Dieci pugliesi, Lecce e Taranto presenti, anche alcuni laureati di UniSalento. I «messapici», li chiama. «Ma nessun favoritismo. E con l’Ateneo salentino non ho avuto rapporti esaltanti: ho trovato maggior interesse verso le pubblicazioni scientifiche che per gli sbocchi occupazionali. Da questo punto di vista, Milano è un esempio di collegamento strategico con il mondo industriale».

Il 2017, appena concluso, gli ha portato in dote non poche soddisfazioni. Intanto, il primo premio ai “Vehicle Dynamics International Awards 2017”, assegnato da una selezionata giuria di giornalisti e tecnici di tutto il mondo. Per farsi un’idea, secondi classificati risultano Victor Underberg, direttore della dinamica veicoli Audi; Mitsuru Kariya, capo ingegnere Honda, e Matt Becker, capo ingegnere Aston Martin Lagonda. E poi, come fiore all’occhiello, il varo della McLaren Senna, destinata a riportare in due anni il prestigioso marchio in gara a Le Mans: un milione di euro, 500 modelli tutti fatti a mano e già venduti, monoscocca in carbonio (una rarità). Presentazione in marzo al Salone di Ginevra col nipote di Ayrton, il campionissimo. Il futuro, invece, si porta appresso i fasti del passato: si chiama Progetto 23, rievocazione della mitica McLaren F1 da strada, l’auto più veloce mai costruita con motore ad aspirazione naturale, 106 i modelli venduti tra il ‘93 e il ‘98 e 106 quelli che saranno realizzati entro il 2019, tutti quanti già prenotati. Velocità massima 400 km/h, prezzo superiore ai due milioni di euro, tre posti a bordo, guida in posizione centrale. «Di solito seguo i collaudatori sulle vetture per testarle, ma su questa - promette Pascali - non salirò». Vedremo (ma per il principio di cui sopra, in caso contrario più che vederlo potremmo al più sentirlo sibilare...).

Fin qui i sogni. Per noialtri restano i problemi di sempre. Il traffico, il parcheggio, i consumi. Di questi tempi, da queste parti, pure il diesel “sporco” che ti mette col sedere per terra. L’insicurezza stradale. Gli incidenti. L’ingegnere “smart and speedy” punta lo sguardo, la severità delle parole appena mitigata dagli occhi azzurri: «Qui al sud ci sono oggettivi problemi di infrastrutture. A seguire, di maleducazione stradale». Tradotto: le strade fanno pena, gli automobilisti paura. «In Germania, lavorando per tanti anni in Porsche, ho appreso e assimilato una lezione fondamentale: rispettare le regole è molto meno stressante». Quanto al resto, poco da aggiungere o vaticinare: «Le vetture saranno elettriche, l’avvenire è segnato». Prende il cellulare, lo osserva, spiega: «Il segreto è tutto qui. Questa tecnologia ci aiuterà a superare i due principali ostacoli: la velocità di ricarica e l’autonomia della batteria». Lo dice semplificando all’eccesso. L’espressione dell’interlocutore forse tradisce ignoranza.

Stop. O pit stop. In fondo, anche questa è una piccola gara contro il tempo. In sala si affacciano la moglie, Maria Ludovica, di Melendugno, e il piccolo di casa, Antonio. Si esce per la spesa. A Otranto sverna, in attesa di prendere il largo quando il tempo volge al bello, l’altro ramo delle passioni e degli interessi di famiglia, quasi affine al principale: la barca a vela. È un 37 piedi, il nome è omaggio alla signora compagna di vita. Così alla fine, per mare o su strada, qui si è sempre in movimento. Primo principio dell’ultra-dinamica. «L’auto mi ha dato una sensibilità che poi ho applicato alla vela». Ottimo. Ora sapete. Se vedete una barca sfrecciare al largo non vi preoccupate. L’importante, se proprio, è non avere vetture che strambano davanti a voi. E comunque, dovesse capitare, certo non si tratterebbe di una McLaren: impossibile starle dietro.



 
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