Richiesta di una opinione sul perché Mario Draghi viene spesso indicato con il soprannome di SuperMario, Christine Lagarde, che gli è succeduta alla guida della Bce, ha risposto: «Semplice, perché è superintelligente». Ma basta essere superintelligenti per trasformare quelle tre parole pronunciate nel luglio 2012 (whatever it takes) nel più potente messaggio che si sia mai registrato nella storia delle banche centrali? Evidentemente no, è questione di integrità e credibilità di chi pronuncia quelle parole, che nel caso di Draghi sono oggettivamente entrambe ai massimi livelli in tutto il mondo. Ebbene, come si è conquistato questi riconoscimenti l’ex presidente della Bce? Secondo Jana Randow e Alessandro Speciale, due giornalisti di Bloomberg, la risposta è complessa. Di qui l’idea del libro-reportage “Mario Draghi l’artefice” pubblicato alla fine del 2019. Un libro che chi vuole davvero conoscere lo “stile Draghi” dovrebbe leggere, informato e rigoroso al punto da meritare una prefazione entusiasta della presidente Lagarde. Pubblichiamo in pagina un brano del capitolo “Tolleranza zero per gli sciocchi”. (Osvaldo De Paolini)
Secondo un vecchio adagio, gli ufficiali di un esercito si possono dividere in quattro categorie: il primo gruppo comprende quelli sciocchi e pigri. Vanno lasciati stare, tanto sono innocui; poi ci sono quelli intelligenti e laboriosi. Sono ottimi aiutanti, e garantiscono che ogni dettaglio sia stato preso in esame. Il terzo gruppo comprende gli sciocchi e laboriosi. Sono una minaccia e vanno congedati all’istante. Caricano tutti di lavoro inutile. Infine ci sono gli intelligenti e pigri. Sono perfetti per le cariche di vertice. (...) Tra quanti amano citare questo adagio, un tempo c’era Tommaso Padoa Schioppa, l’economista italiano che è stato tra i padri intellettuali dell’euro prima di diventare uno dei sei membri del primo comitato esecutivo della Bce nel 1998. Quando, durante l’ascesa costante di Draghi negli anni Novanta e Duemila, qualcuno gli chiedeva un parere sul suo compatriota, la risposta di Padoa Schioppa era sempre: «Appartiene senz’altro all’ultima categoria».
LE ABITUDINI
Ora, accusare Draghi di pigrizia sembra assurdo.
ANALITICO E PONDERATO
Una persona che lo conosce fin dagli anni Novanta offre un’analogia più tecnica per spiegare il suo atteggiamento. «Pensandola in termini di funzione di produzione, cioè calcolando i fattori di lavoro e capitale per valutare l’efficienza, i risultati che ottiene sono straordinari. Non si ammazza di lavoro. È così che è riuscito a sopravvivere». (...) Ma lo stile presidenziale è solo una faccia della medaglia. Ciò che gran parte dei suoi pari non riesce a vedere è come Draghi giunge alle sue conclusioni. È analitico e ponderato. Pone domande difficili e ascolta con attenzione le risposte. Contesta i luoghi comuni e le consuetudini. Prima che qualsiasi argomento arrivi in sede di dibattito, lui ha dedicato settimane e a volte mesi a studiarlo, soppesando le varie opzioni e formandosi un’opinione. Avanza una proposta solo dopo averla rigirata da ogni lato e dissezionata a fondo per accertarsi che sia la migliore possibile, perciò fatica ad accettare critiche, soprattutto da parte di chi non la vede come lui. Detto questo si considera comunque molto aperto ai suggerimenti alternativi e niente affatto restio a ricredersi. Gli piace citare la celebre frase attribuita all’economista John Maynard Keynes: «Quando i fatti cambiano, io cambio opinione. E lei cosa fa, sir?».
Ft, per successo Draghi serve impegno intera classe politica