I killer di Luca Sacchi pronti a parlare ai pm: «Così è stato ucciso»

I killer di Luca Sacchi pronti a parlare ai pm: «Così è stato ucciso»
​I killer di Luca Sacchi pronti a parlare ai pm: «Così è stato ucciso»
di Michela Allegri
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Venerdì 1 Novembre 2019, 00:35 - Ultimo aggiornamento: 20:26

Valerio Del Grosso e Paolo Pirino sono pronti a parlare con gli inquirenti e a spiegare quali siano le dinamiche che hanno portato alla morte di Luca Sacchi, il ventiquattrenne ucciso con un colpo di revolver alla nuca la sera del 23 ottobre all’Appio Latino, a Roma. Le prime certezze potrebbero presto arrivare anche da cinque cellulari sequestrati dalla Procura. In queste ore i due ragazzi, in carcere per l’omicidio, stanno ragionando con i legali per fissare una linea difensiva da esporre in un interrogatorio davanti alla pm Nadia Plastina. Non è escluso che possano presentare anche una memoria scritta che ripercorra quella sera e i contatti precedenti fra i due gruppi: il loro, arrivato da Casal Monastero, quartiere attiguo a San Basilio, e la comitiva di Luca Sacchi che si era ritrovata nei pressi del John Cabot pub di via Bartoloni.

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Per il momento non c’è nessuna convocazione da parte della Procura, e non c’è nemmeno una richiesta di interrogatorio presentata a piazzale Clodio dalle difese. Ma entrambi i ragazzi sarebbero intenzionati a parlare dopo essersi avvalsi della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di convalida del fermo a Regina Coeli. Nel frattempo, però, all’avvocato Alessandro Marcucci, che difende Del Grosso, sono arrivate intimidazioni e minacce tramite i social: «Ti meriti di perdere un figlio ammazzato, sei peggio degli assassini», la frase agghiacciante scritta sulla pagina Facebook del suo studio.

Sono tantissime le cose che Del Grosso, pasticcere ventunenne col vizio della droga, e Pirino, suo coetaneo ma già condannato a 3 anni per spaccio, devono chiarire in una vicenda dai contorni sempre meno definiti. Dove siano finiti i soldi (mazzette da 20 e 50 euro) che gli altri testimoni hanno detto di avere visto nello zainetto rosa di Anastasia Kylemnyk, la fidanzata di Luca? Non solo. All’appello manca anche la pistola, un calibro 38, impugnata da Del Grosso. Il giovane, al momento del fermo, ha mostrato agli investigatori dove aveva gettato il tamburo dell’arma (non trovato però) e un bossolo inesploso, facendo la mazza di metallo con la quale Pirino avrebbe colpito Anastasia, il portafoglio della ragazza e anche il suo zainetto, gettato in uno spartitraffico a Tor Bella Monaca, una delle più importanti piazze di spaccio della Capitale. È qui che Del Grosso e Pirino si sono liberati dell’arma e dei soldi? Li hanno consegnati a qualcuno?

Intanto, ieri, Valerio Del Grosso ha potuto incontrare la mamma, Giovanna Proietti, che lo aveva denunciato alla polizia dopo avere appreso dagli amici che era stato lui a uccidere Luca. Era stato il ragazzo a chiedere alla direzione penitenziaria e al magistrato che ha dato l’autorizzazione di vedere la madre. Proprio dal pasticcere, che dietro le sbarre si è mostrato molto provato e dorme solo con l’aiuto di tranquillanti, gli inquirenti si attendono una ricostruzione puntuale di quanto accaduto. Soprattutto, dovrà spiegare chi è che ha contattato lui e Pirino, se è stato Giovanni Princi, «l’amico intimo di Luca» - si legge nell’ordinanza di arresto - che avrebbe accompagnato Anastasia e avrebbe mostrato agli emissari dei pusher il denaro necessario a portare a termine l’acquisto di marijuana. Proprio Princi, - che ha precedenti per droga - sentito subito dopo l’omicidio dai carabinieri, ha negato la trattativa per gli stupefacenti, parlando solo di una rapina andata male. Una circostanza, invece, smentita da due testimoni, Valerio Rispoli e Simone Piromalli, mediatori di Del Grosso, che si sarebbero rivolti proprio a lui su indicazione dei pusher. E ancora: perché Pirino, invece di procedere allo scambio, ha estratto una mazza di metallo e ha aggredito la coppia? Era un’azione premeditata? Dall’autopsia è emerso che Sacchi è stato colpito più volte, soprattutto agli arti superiori e sull’avambraccio destro, segno che si è dovuto difendere da un barbaro pestaggio. C’erano altri conti in sospeso con il gruppetto dell’Appio di cui Luca, magari, non era nemmeno a conoscenza? 

Tutti interrogativi ai quali dovranno dare risposta anche le indagini sui tabulati telefonici in corso sulle utenze di tutti i personaggi coinvolti e le perizie su cinque cellulari acquisiti agli atti dell’inchiesta: quello di Luca (sequestrato insieme all’orologio e al marsupio che aveva quando è morto), quelli degli indagati, sequestrati, e quelli di alcuni informatori e testimoni che li avrebbero consegnati spontaneamente agli inquirenti. Solo dopo avere avuto contezza della rete dei contatti, la Procura chiamerà Anastasia e Giovanni Princi, perché facciano chiarezza sulle loro versioni che sembrano piene di “buchi” e contraddizioni.
 

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