Nuovo lockdown in Italia? Virologi divisi. Vaia (Spallanzani): «Sì a chiusure, ma mirate»

Burioni e Vaia (Spallanzani): «Contrari al lockdown, servono vaccini e chiusure mirate»
Burioni e Vaia (Spallanzani): «Contrari al lockdown, servono vaccini e chiusure mirate»
di Mario Landi
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Lunedì 15 Febbraio 2021, 11:51 - Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 00:57

Sull'Italia incombe il rischio di un nuovo lockdown. Lo ha chiesto in modo esplicito Walter Ricciardi, consulente del ministero della Salute, e Roberto Speranza condivide questa posizione. A preoccupare sono le varianti del Coronavirus, specie quella inglese, ma sul blocco totale delle attività, i pareri, anche tra gli scienziati, sono discordanti. Il lockdown è davvero l'unica misura in grado di contrastare con efficacia la diffusione del virus? Da una applicazione più rigorosa delle misure esistenti a una decisa spinta alla campagna vaccinale, le ricette sul tavolo sono diverse. 

Burioni: puntare sul vaccino

Per Burioni, virologo e docente all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, la chiave è il vaccino: «Una cosa vi dico - scrive su Twitter - è molto difficile per un vaccino avere un'efficacia sul campo maggiore di questa. Adesso sbrighiamoci. Il problema non si risolve con le chiusure che servono solo a guadagnare tempo. Si risolve con il vaccino». Lo scienziato cita il nuovo studio israeliano che conferma un'efficacia del 94% dopo 2 dosi del siero anti-Covid di Pfizer/BioNTech.

Ma l'Italia come sta andando? Non male se si guarda al resto d'Europa. Ma l'Europa, per Burioni, non rappresenta un modello perché si è mossa in ritardo ed è alle prese con una crisi delle consegne. L'esempio a cui guardare, per Burioni, è proprio Israele dove hanno già ricevuto una prima dose di vaccino 3,9 milioni di persone (su un totale di oltre nove milioni). Di questi, 2,5 milioni hanno avuto anche la seconda dose.

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Vaia: «No lockdown, ma misure chirurgiche»

Per il direttore sanitario dello Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, le misure esistenti di contrasto al Coronavirus sono già sufficienti: il problema è che non vengono fatte rispettare con adeguata severità. «Non si tratta di aggravare le misure - spiega a RaiNews24 - ma applicare con severità le misure che abbiamo. Un lockdown totale secondo me non serve, ma bastano lockdown chirurgici laddove se ne verifichi la necessità». Vaia lancia un appello a tutti i cittadini: «Applichiamo con severità le regole così guadagnamo spazi di libertà. Non ci fate più vedere scene di assembramenti».

Lopalco: meglio restrizioni mirate

Contrario a un nuovo lockdown anche l'epidemiologo e assessore alla Sanità della Regione Puglia, Pierluigi Lopalco: «Lockdown? Con questa parola si dice tutto e non si dice niente - dice - Semmai in questo momento anziché parlare di lockdown penserei a delle misure selettive, rafforzate, per evitare tutte quelle situazioni in cui virus circola di più e che conosciamo ormai bene». «Anche quando eravamo in zona arancione - prosegue - c'erano tante cose che non si potevano fare. Anche ora in zona gialla c'è il coprifuoco. I divieti, quindi, continuano ad esserci».

Cartabellotta (Gimbe): lockdown di due settimane per abbassare la curva

Chi invece concorda con Walter Ricciardi sulla necessità di un nuovo lockdown è Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ai microfoni della trasmissione 'L'Italia s'è desta' su Radio Cusano Campus spiega: «Un lockdown totale per 2 settimane farebbe abbassare la curva per poter riprendere il tracciamento, altrimenti bisognerà continuare con stop&go per tutto il 2021». «La strategia che il governo ha assunto - continua - è quello della convivenza con il virus, varando misure per evitare la saturazione degli ospedali». Per Cartabellotta immaginare che la somministrazione del vaccino possa far migliorare la situazione «è molto difficile, sia per i tempi sia per l'incognita varianti. L'obiettivo dovrebbe essere far circolare il virus meno possibile e non abbassare il carico sugli ospedali, tutti i Paesi invece hanno scelto la seconda via».

Dal punto di vista della percentuale di popolazione vaccinata con due dosi, l'Italia è terza nel mondo, «quindi in una posizione assolutamente di merito - prosegue Cartabellotta - ma con differenze regionali non trascurabili». Si va dall'1,4% della Calabria al 4,1% di Bolzano. Con la quantità di vaccini ricevuta la campagna è proceduta finora bene, sottolinea, «con l'unico neo che abbiamo vaccinato ancora pochi ultraottantenni, perché si è scelto di vaccinare prima gli operatori sanitari anziché le persone più fragili. Ma il vero problema è quello delle forniture». Per quanto riguarda le varianti in circolazione, conclude Cartabellotta, «bisogna ipotizzare lo scenario peggiore per evitare di farci trovare impreparati».

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