Bellanova: «L’approdo concordato con le autorità locali. Emiliano parla solo ora»

Bellanova: «L’approdo concordato con le autorità locali. Emiliano parla solo ora»
di Vincenzo MARUCCIO
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Domenica 2 Aprile 2017, 18:46 - Ultimo aggiornamento: 19:40

Viceministro Teresa Bellanova, la protesta contro l’individuazione del sito di San Foca-Melendugno è cresciuta e nel mirino è finito il governo di cui lei fa parte. Perché nessuno ha fatto nulla per cambiare approdo?

«Parto dai dati: in sede di autorizzazione ambientale nazionale sono state valutate 11 alternative di località: San Foca è risultato il sito meno impattante. Sempre in sede di Via nazionale, la Regione Puglia, presieduta all’epoca da Nichi Vendola, non solo non ha proposto alternative, ma è stata assente».

Eppure Lendinuso, a sud di Brindisi, è tra le soluzioni indicate da subito, poi all’improvviso sparisce e spunta San Foca: un giallo riferito ad un periodo di cui mancano atti e protagonisti. Cos’è accaduto?

«Ricordo il plastico del tracciato di Tap con approdo Lendinuso alla Fiera del Levante 2008. Non so cosa sia accaduto dopo, non ero né a Melendugno né a Bari. So, però, che quando si firma il 27 settembre 2012 il memorandum italo-greco-albanese, presidente Monti, e successivamente ad Atene il 13 febbraio 2013 l’accordo tra le Repubbliche di Albania, Grecia e Italia, ratificato il 19 dicembre 2013 con atto dei ministri Bonino, Zanonato, Saccomanni, nel glossario si indicano come approdo le vicinanze di Lecce. San Foca è già cosa nota. Sono altri, ritengo, a doverci dire cosa sia accaduto».

Si è detto che cambiare sito avrebbe compromesso l’intera opera: non le sembra un alibi?

«Senta, nel giugno del 2013 io e Salvatore Capone interroghiamo il Governo. Il Mise, Ministro Zanonato, risponde così: “Anche nella scelta della cabina terminale di approdo la società Tap ha studiato insieme alle Autorità locali il miglior tracciato al fine di preservare il territorio nella sua integrità paesaggistica. È prevalsa la scelta di collocare la cabina nell’area del Comune di Meledugno, su terreno agricolo, al di fuori dell’area vincolata”. Devo ripeterlo? Non mi risulta che sia mai stato smentito».

Si fanno le varianti delle autostrade e delle grandi opere ferroviarie. Perché non si poteva spostare di pochi chilometri verso nord il gasdotto?

«Infatti tra il 2008 e il 2012, se stiamo ai fatti conosciuti, l’approdo è stato spostato a sud, da Lendinuso a San Foca. In accordo, diceva il Governo dell’epoca, con le autorità locali. Davanti a grandi opere le comunità locali non cambiano idea continuamente».

Quando un territorio chiede di cambiare, chi governa non dovrebbe trovare un nuovo punto di equilibrio tra le esigenze dello sviluppo e quelle espresse dalla comunità? Ad esempio, la Tap a Lendinuso e la riconversione di Cerano?  

«Non c’è dubbio. Qui abbiamo avuto a disposizione sei anni per discutere e negoziare. A un certo punto, però, le partite si chiudono. Quella si è chiusa con la ratifica dell’accordo internazionale».

Al Governo Letta prima e al Governo Renzi si imputa un comportamento pilatesco: ve ne siete lavati le mani?

«Rispondo solo di me. Io sono stata sempre vigile e trasparente. Aver interrogato il Governo, essere andata a Melendugno guardando negli occhi persone certo non benevole nei miei confronti, aver scelto da parlamentare di non incontrare mai, pur tempestata di richieste e al contrario di altri, l’azienda. Le sembrano atteggiamenti pilateschi? Io non direi».

Il fronte politico del no si è allargato e ora include leader del suo stesso partito: cosa risponde al segretario Piconese che parla di “silenzio preoccupante” dei parlamentari Pd sulla libertà violata dei manifestanti?

«Se è per questo comprende anche autorevoli rappresentanti di Forza Italia. Il partito dei “tengo famiglia” è l’unico, in questo Paese, a non conoscere crisi».

Ma il Pd non è il partito che ha supportato per primo le ragioni del gasdotto?

«Il Pd condivide la necessità di diversificazione energetica e di abbandono delle fonti fossili. Il che significa servirsi del gas nel periodo di transizione».

Michele Emiliano è schierato con il “no”: è credibile o è solo una mossa per guadagnare consenso come dice qualcuno?

«Emiliano è stato presidente e segretario regionale del Pd. Non ha mai convocato il partito con questo tema all’ordine del giorno. Fuori tempo massimo fare i rivoluzionari non costa niente e rende molto. Vale anche per i 5Stelle».

E i sindaci Pd anti-Tap che, per anni, sono rimasti silenti?

«Capisco che in questo momento dire sì a Tap è antipopolare. Il punto è questo. Qui non si tratta di difendere un’impresa privata ma il fondamento stesso dell’idea di diritto e vorrei ricordare che se un’azienda dimostra perfino nell’ultima sede di giudizio di avere tutte le certificazioni in regola è quanto mai rischioso alimentare dubbi al proposito, minando in questo modo la necessaria fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e della magistratura. Il germe dell’antipolitica è qui. Chi lo semina se ne assume tutte le conseguenze».

Il governo di Nichi Vendola aveva condiviso la necessità del progetto e, ricostruzioni alla mano, era al corrente delle scelte di Tap: oggi si smarca parlando di “sfregio a San Foca”. Che sinistra è questa: di lotta e di governo?

«Appartengo alla vecchia scuola: per me la lotta è una cosa seria e lo è anche il governo. Più passa il tempo e più mi riesce difficile capire dove si inscriva Vendola».

Resta la domanda finale che si fanno tante famiglie: il Salento, già terra di impianti siderurgici e di grandi centrali elettriche, cosa ci guadagna dal gasdotto Tap?

«Aggiunga i campi di fotovoltaico, che desertificano ettari ed ettari di terreno, e le pale eoliche anche dove le valutazioni anemometriche non le giustificherebbero.

Io mi sono battuta e sto lavorando notte e giorno perché a Taranto salute, ambiente e lavoro si tengano. Cerano è cosa più complessa di un tweet. Tap è considerata un’opera strategica di interesse europeo e il Salento è Italia. Non è un caso se, ancora adesso, ho enorme rimpianto ed enorme rispetto per Guglielmo Minervini che organizzò l’Open Space Technology alle Cantelmo. Se, invece, di lavarsene le mani prima e sventolare adesso slogan la Regione avesse svolto puntualmente il suo ruolo, il Salento sarebbe stato meno solo e avrebbe discusso alla pari. Con Tap e con il Governo nazionale. Senza svendersi né mercanteggiare ma, se necessario, imponendo condizioni. Una classe dirigente fa questo».

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