L'Isis giustizia tre presunte spie. Ancora in ostaggio 19enne accusato di essere emissario del Mossad

L'Isis giustizia tre presunte spie. Ancora in ostaggio 19enne accusato di essere emissario del Mossad
di Federica Macagnone
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Lunedì 16 Febbraio 2015, 15:39 - Ultimo aggiornamento: 16:31
È bastata l'ombra di un sospetto perché venisse proclamata la loro condanna a morte. Ancora sangue in Siria dove lo Stato islamico ha pubblicamente giustiziato tre presunte spie, crocifiggendone una a un palo nella città di Al-Bab.





Le immagini delle esecuzioni, pubblicate on line, mostrano due uomini in ginocchio con le mani legate e in tute arancioni in attesa di essere giustiziati in una pubblica piazza. I miliziani, vestiti di nero, puntano le armi contro le loro teste mentre centinaia di persone si accalcano per assistere: tra queste si intravedono ragazzini e bambini che si fanno spazio tra la folla per aggiudicarsi un posto in prima fila sullo scempio. In un'altra foto il cadavere di un uomo è stato crocifisso a un palo con un cartellone al collo in cui viene spiegato il motivo della sua condanna.



Presunta spia del Mossad nelle mani dei jihadisti. Lo Stato islamico, giovedì scorso, ha reso noto di aver catturato Muhammad Musallam, 19 anni, arabo israeliano che si era arruolato nell'Isis per spiarne i movimenti e riferire al Mossad, i Servizi Segreti israeliani.



In un'intervista pubblicata su Dabiq, la rivista online in lingua inglese dell'Isis, Muhammad Musallam avrebbe raccontato di aver aderito al gruppo dei ribelli in Siria, in modo da riportare agli israeliani notizie sui nascondigli di armi, le basi e i reclutamenti. Secondo l'articolo di Dabiq, il giovane è stato reclutato dall'intelligence di Tel Aviv da un vicino di casa ebreo, all’epoca ufficiale di polizia.

Dopo mesi di permanenza a fianco dei jihadisti, a suscitare qualche sospetto nei comandati dei miliziani, sarebbero stati i comportamenti di Musallam: in particolare, a incastrarlo facendo crollare la copertura, sarebbe stata una telefonata al padre a Gerusalemme Est.

«Dico a tutti coloro che vogliono spiare lo Stato Islamico: non credo che nessuno sia così intelligente da riuscire a ingannare l'Is - avrebbe detto il ragazzo al giornale - State lontani da questa strada. State lontani dall'idea di aiutare gli ebrei e i murtadin (gli apostati). Seguite la strada giusta».



Said, il padre di Musallam, ha negato che il figlio fosse una spia, raccontando che il giovane era scomparso dopo aver viaggiato come turista in Turchia. Muhammad poi ha telefonato a casa, dicendo che era stato rapito nella vicina Siria, ma che poteva «comprare la via d'uscita».

«Papà, ho bisogno di 200-300 dollari in modo che mi lascino andare» ha detto al padre. Ma prima che Said potesse inviare il denaro, un uomo ha telefonato a casa dei genitori di Muhammad per informare che il ragazzo era sfuggito ai suoi carcerieri, ma era stato riacciuffato dai miliziani dello Stato islamico.



Un portavoce dell'intelligence interna israeliana, Shin Bet, ha dichiarato alla France presse che Mussalam ha lasciato la sua abitazione il 24 ottobre scorso «di propria iniziativa all'insaputa della sua famiglia», attraverso la Turchia «da dove ha raggiunto la Siria e si è unito all'Isis per combattere».



Il poroso confine israeliano. Israele, preoccupato che i membri della sua minoranza araba (circa il 20%) possano recarsi in Siria o in Iraq per unirsi ai gruppi dei ribelli per poi tornare nel Paese radicalizzati e pronti a commettere attentati, ha intensificato il monitoraggio dei sospetti e il perseguimento degli aspiranti volontari. La Turchia gioca un ruolo chiave negli spostamenti ed è un canale importante per gli stranieri che “scivolano” oltre il confine per aiutare i jihadisti che cercano di sovvertire il governo del presidente siriano Bashar al-Assad.



A novembre, nella prima condanna di questo genere, Israele aveva incarcerato Ahmed Shurbaji, un cittadino arabo che era tornato volontariamente dopo aver trascorso tre mesi con lo Stato islamico in Siria: all'uomo era stata inferta una condanna a 22 mesi di carcere in cambio della collaborazione con i servizi di sicurezza israeliani.

Shurbaji aveva telefonato a un funzionario della sicurezza di Israele dalla Siria per mediare su un accordo. Una fonte dello Shin Bet ha riferito che tali comunicazioni con gli arabi israeliani che volevano tornare dal fronte erano state talvolta gestite da Ayoob Kara, un politico druso israeliano ed ex ufficiale dell'esercito, vicino al primo ministro Benjamin Netanyahu. Contattato da Reuters, Kara ha detto di essere a conoscenza del caso di Musallam e ha chiosato: «Non credo che il ragazzo sia una spia del Mossad».