​Green Pass, Cassese: «Sì alla certificazione sul lavoro, prevale il diritto alla salute»

Green Pass, Cassese: «Sì alla certificazione sul lavoro, prevale il diritto alla salute»
​​Green Pass, Cassese: «Sì alla certificazione sul lavoro, prevale il diritto alla salute»
di Diodato Pirone
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Martedì 27 Luglio 2021, 16:12 - Ultimo aggiornamento: 22:17

Professor Cassese, lei è fra i più eminenti costituzionalisti italiani. A suo giudizio l’obbligo vaccinale sui luoghi di lavoro e in particolare per chi lavora in ambito scolastico violerebbe principi costituzionali?
«La possibilità di imporre trattamenti sanitari, purché a farlo sia la legge o un atto con forza di legge, come il decreto-legge o il decreto legislativo, è espressamente contemplata dalla Costituzione. Nell’applicazione concreta, la Corte costituzionale ha fissato altri limiti. L’obbligo non può essere prescritto all’infinito. Deve essere proporzionato. Va attuato in maniera progressiva».

Il professor Ichino ha indicato l’articolo 2087 del Codice Civile come la chiave per risolvere il problema poiché prescrive al datore di lavoro l’obbligo di “adottare nell’esercizio di impresa le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Condivide?
«Come si può dubitare della conclusione tratta dal professore Ichino dalla lettura di un articolo del codice civile così chiaro? Il codice civile stabilisce un obbligo per l’imprenditore di prendere cura della salute dei lavoratori.

Questo obbligo comporta che imprenditore richieda a tutti i lavoratori di rispettare il diritto alla salute, che si esercita reciprocamente da parte dell’uno nei confronti degli altri».

L’obbligo del vaccino per i dipendenti del sistema sanitario si è infilato nei meandri dei ricorsi al Tar. E’ normale che di fronte a un trauma così straordinario come una pandemia, che per certi versi ricorda la guerra, poi il tutto finisca nell’ambito dei tribunali?
«Il diritto di rivolgersi al giudice è garantito dalla Costituzione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dal trattato dell’Unione Europea. Ognuno ha diritto di esercitare rivolgersi al giudice. Altra cosa l’opportunità di iniziative di questo tipo, alle quali giudici non possono che dare una risposta negativa, perché l’ordinamento giuridico consente, nelle forme dovute e cioè con il ricorso alla legge, di stabilire trattamenti sanitari obbligatori».

Tornando alla scuola c’è chi parla in “difesa dei figli”. Ma non c’è già l’obbligo di vaccinare i minorenni contro alcune malattie? Sul piano costituzionale i minori a quali tutele hanno diritto?
«In Italia esistono obblighi vaccinali che risalgono a molti anni fa; per l’esattezza, le norme in materia sono del 1939, del 1963, del 1966, nel 1991, del 2017. Queste norme prevedono obblighi per le persone sino a 16 anni condizionandone l’accesso scuola e prevedendo sanzioni pecuniarie. Sono 10 le vaccinazioni obbligatorie che hanno impedito la diffusione di malattie gravi come il morbillo e la poliomielite».

Più in generale, come si concilia il diritto alla salute con quello alla libera scelta?
«Il rapporto è tripolare. Da un lato, c’è la salute di una singola persona, dall’altro la salute degli altri (in particolare, di quelli che, per le loro condizioni fisiche, non possono vaccinarsi), infine la libertà di disporre di se stessi. È singolare che vi sia protesta così forte, anche se poco diffusa, nei confronti della vaccinazione, mentre non vi è stata nei confronti di una compressione della libertà di circolazione che ci ha costretti a casa. Il fine è lo stesso, proteggere noi stessi e coloro con i quali veniamo a contatto».

Sul piano delle limitazioni alla libertà, o presunte tali, è convincente la formula adottata per l’obbligo di green pass?
«La formula è convincente perché è ispirata criterio della progressività e della proporzionalità. Prima di stabilire un obbligo generale, si stabiliscono obblighi per categorie, in relazione ai contatti sociali. In altre parole, chi vuole restare a casa può farlo e non vaccinarsi. Un comportamento di questo tipo non è comunque conforme a quei doveri di solidarietà sociale che sono previsti dalla Costituzione, perché, se non si raggiunge una immunità ampia, non si riescono a proteggere le persone che non possono vaccinarsi».

Al di là del tema dell’obbligo vaccinale, non trova che le divisioni su questi temi siano spie di un malessere più profondo non solo italiano ma occidentale come l’incapacità di essere comunità, la repulsione al dovere, ma anche l’impreparazione delle classi dirigenti e burocratiche a fare da punto di riferimento e a guidare una comunità?
«Sono d’accordo con questa sua valutazione. Ma credo che tutti dobbiamo fare uno sforzo per introdurre maggiore razionalità nelle nostre decisioni e cercare di convincere le persone che sono riluttanti a vaccinarsi, spiegando loro che la richiesta di vaccinarsi è fatta nell’interesse nel loro interesse personale, ma anche nell’interesse collettivo. E spiegando anche che tutte le medicine sono prodotte sulla base di sperimentazioni di durata più o meno lunga sulle quali facciamo affidamento».
 

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