Uccisa dal vicino di casa. Picchiata e poi strangolata lentamente per aver tentato di reagire al tentativo di stupro. E l’assassino, dopo il delitto, ha chiuso la porta del suo appartamento e si è allontanato come se nulla fosse accaduto. Sparendo nel buio. E, orrore su orrore, a scoprire il corpo senza vita di Rosa Alfieri, 24 anni, è stato il papà, che dopo aver sfondato a spallate la porta dell’appartamentino dato un affitto meno di due settimana fa a Elpidio D’Ambra, 31 anni, al piano terra del palazzotto di famiglia in Via Risorgimento al civico 1 di Grumo Nevano, ha trovato il corpo senza vita della figlia, sul pavimento del bagno, con uno straccio in bocca, parte dei vestiti strappati e una sciarpa stretta ancora intorno al collo. Ed è stato proprio il papà, Vincenzo Alfieri, stimato imprenditore, titolare di una piccola fabbrica per la confezione di capi di abbigliamento, a dare l’allarme.
L’uomo è uscito in strada, come un automa, in evidente stato di forte tensione emotiva, a mormorare più volte: «Hanno ucciso mia figlia...
Secondo quanto accertato dagli inquirenti, il tranquillo pomeriggio di Rosa Alfieri si è concluso quando, pochi minuti prima delle cinque e mezza è rientrata a casa, a bordo della sua auto che ha posteggiato nel cortile, a meno di un metro dalla porta di ingresso del piccolo appartamento a piano terra, preso in affitto da Elpidio D’Ambra pochi giorni fa, dopo essere stato per ben cinque anni sfitto. L’uomo, che di lì a poco si sarebbe trasformato in un mostro, ha improvvisamente aperto la porta. Ha afferrato per le spalle la vittima, trascinandola con forza dentro il mini appartamento. Rosa ha immediatamente capito cosa le stava accadendo e quali erano i luridi propositi del suo aggressore. La ragazza ha gridato con quanto fiato aveva in corpo. Una disperata richiesta di aiuto, che non è arrivata alla mamma, che si trovava in casa, al primo piano dello stabile, intenta a passare l’aspirapolvere. La reazione di Rosa ha finito per imbestialire ancora di più l’aggressore, che ha zittito la vittima infilandole con brutalità uno straccio in bocca. Ma l’orrore non era ancora terminato.
La ragazza ha tentato ancora di gridare, reagendo a quella violenza prossima, la peggiore che possa subire una donna, scalciando. Cercando di liberare la bocca da quel bavaglio. Di prendere quanta più aria possibile nei polmoni. Per gridare. E per dare ancora un residuo di forza alla sua ultima disperata difesa. E se stupro c’è stato, lo potrà stabilire solo l’autopsia. Negli ultimi terribili istanti, Rosa si è resa conto che stava per morire, mentre il suo assassino stringeva sempre con più forza un foulard o una sciarpa, intorno a quell’esile collo di una ragazza, precipitata nel buio della morte, a meno di cinque metri dalla sua abitazione. Raccolto l’ultimo rantolo della sua vittima, Elpidio D’Ambra, si è alzato, si è ricomposto alla meno peggio ed è uscito sparendo dalla circolazione. La banalità del male che fa ancora più male.
La mamma, intanto, dopo aver riposto l’aspirapolvere ha notato l’auto della figlia, ferma al solito posto nel piccolo cortile. L’ha chiamata più volte, senza avere risposte. Ha chiesto al figlio più piccolo, Luca, 12 anni, di andare a vedere se per caso si era recata nella salumeria sotto casa. Niente. E la leggera inquietudine di mamma Nicoletta ha imboccato la strada dell’angoscia, come accade a chi è genitore. Pur senza alcun motivo apparente. E quando è rientrato il papà, che pure l’ha cercata, qualcosa è scattato nella mente di Vincenzo Alfieri, che ha bussato alla porta del nuovo inquilino. Quest’ultimo, dopo alcuni minuti, ha anche aperto la porta spiegando di non aver visto la ragazza, quella stessa ragazza che aveva appena assassinato. Solo successivamente il papà di Rosa, con due potenti spallate ha aperto la porta di ingresso, precipitando in un baratro di dolore, che non avrà mai fine: nell’appartamento c’era il corpo senza vita della giovane mentre era sparito il suo carnefice. In tutta la zona, carabinieri e polizia hanno fatto scattare una colossale caccia all’uomo, ma il “mostro” è sembrato essere evaporato nel nulla.