Bellanova: «Troppo facile condannare Renzi. Qui c’è chi ha danneggiato il partito»

Bellanova: «Troppo facile condannare Renzi. Qui c’è chi ha danneggiato il partito»
di Francesco G.GIOFFREDI
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Giovedì 8 Marzo 2018, 16:13
Teresa Bellanova, viceministro allo Sviluppo economico: il Pd è imploso, cosa è successo? Di certo il partito non ha saputo intercettare e rispondere al disagio sociale, soprattutto al Sud.

«Siamo stati chiamati a svolgere una funzione di governo affrontando una crisi dalla profondità inedita. Questi anni di governo sono stati importanti. Abbiamo impostato progetti di riforma rilevanti e raccolto risultati ma è evidente che un processo di risanamento di questa portata per andare in profondità ha bisogno di tempo e che ampi strati della società non lo hanno percepito e vissuto come tale. Una proposta semplificata è stata invece considerata più attraente».

Se al Sud il M5s schizza al 45%, allora non è solo ribellismo. Ci sono domande di cambiamento e di crescita inevase.

«Quel dato dice molto di più e noi abbiamo bisogno di approfondire, senza entrare nella logica dell’effetto mediatico e delle risposte semplici a problemi complicati. Noi abbiamo il dovere di rispettare il verdetto dei cittadini: essere opposizione. Chi ha raccolto il consenso maggiore è giusto si faccia carico dell’azione di governo. Le proposte del M5s restano alternative alle nostre. Noi in questi anni abbiamo fatto ripartire l’economia e determinato le condizioni per creare lavoro; dall’altra parte c’è una proposta assistenzialistica come il reddito minimo garantito. Ma siccome su quello è stato raccolto il consenso, è bene che sulla base delle scelte del presidente della Repubblica chi ha maggiore consenso eserciti la fatica del governo».

Bellanova, tutto però non può limitarsi al refrain “i cittadini non ci hanno capiti”. Il Pd avrà pure commesso degli errori.

«Proprio per questo occorre una riflessione, che manca forse da 15 anni. Dobbiamo riflettere su di noi, sul messaggio che non siamo stati capaci di dare e su una proposta che dobbiamo attrezzare meglio. Un soggetto collettivo serve proprio a costruire l’analisi. Dobbiamo avviare un percorso, chi ha ricette facili vuol solo scaricare sui singoli. Di certo c’è qualcosa da ricalibrare nella proposta ma i “fondamentali” restano: tra assistenzialismo e lavoro vero dobbiamo stare da questa seconda parte».

E Renzi quali errori ha commesso in questa campagna elettorale?

«È un leader riconosciuto dal suo popolo alle primarie. Dimettendosi ha compiuto un atto di onestà politica ma francamente ritengo inqualificabili quanti siedono frettolosamente ai banchetti funerari: troppo facile condannarne uno per assolvere tutti gli altri. Se ci sono responsabilità politiche appartengono a tutti. Anche alle minoranze: hanno avanzato una proposta e raccolto poco consenso, ma devono predisporsi al lavoro di sintesi e collaborazione. Ecco: al partito è mancato questo».

Le dimissioni “in differita” di Renzi sono solo un bluff?

«No, sono un atto di responsabilità. Renzi prende atto della sconfitta, rassegna le dimissioni, ma è consapevole dei passaggi delicati da affrontare. E c’è una comunità che non può essere abbandonata e deve viceversa essere accompagnata in un percorso di costruzione e di confronto, senza il gioco della vecchia politica che prevede solo di spostare chi c’era prima sostituendolo con un altro nome».

In Puglia il clima è più rovente che altrove: quanto hanno pesato le divisioni sulla campagna elettorale? Emiliano ha rivendicato l’autonomia del Pd pugliese (e della Regione).

«Emiliano e i capilista indicati da lui hanno fatto una campagna elettorale parlando di modello pugliese: il risultato pugliese è inferiore al nazionale, dunque pessimo. Nessuno si tiri fuori da responsabilità: le funzioni di leader non si esercitano solo per indicare i capilista ma anche assumendo la responsabilità dei risultati negativi e abituando la propria comunità al confronto, non all’insulto. Io mi sono candidata in un collegio dove nessuno voleva andare e ho incontrato una comunità meravigliosa. Che ha lavorato generosamente, come se ognuno fosse candidato, e che dobbiamo essere capaci di tenere dentro un percorso, corale, di rafforzamento. Invece vedo troppa vanità, troppo presenzialismo, troppa voglia di effetti mediatici: la nostra comunità mi pare infastidita».

Oltre che disorientata dal “doppio Pd”, in Puglia.

«Fare campagna elettorale con impostazioni così sprezzantemente diverse disorienta. Per questo bisogna recuperare il senso dell’essere comunità, che non vuol dire non esprimere la propria opinione: bisogna farlo, anche con rudezza, ma bisogna trovare le ragioni dello stare insieme. Ragioni che si manifestano anche in questo momento: noi e il M5s siamo alternativi».

Nel Pd c’è chi non la pensa così.

«Ma noi siamo stati mandati all’opposizione e in Puglia il risultato è ancora più pesante. La nostra comunità non ci capirebbe: un’intesa con i cinque stelle verrebbe classificata come sindrome da poltronite. Pd e M5s sono alternativi su grandi questioni e si è visto. Non possono esistere punti di intesa».

Ritiene necessarie le dimissioni della segreteria regionale?

«Sui vertici regionali e sulle funzioni istituzionali pugliesi in questo momento stendo un velo di silenzio. Si è dirigenti del partito sempre, non solo quando si vuole partecipare alla stesura delle liste».

Calenda che valore aggiunto può portare al Pd? Studia da leader?

«Vuol contribuire con altri a rafforzare il Pd. È una fase delicata: non è il momento in cui c’è bisogno di eroi, ma di persone che si mettono a lavorare insieme per rafforzare il senso di comunità. Se può essere un leader? È un approccio vecchio e logoro, il Pd non ha bisogno di consumare classi dirigenti, ne ha macerati troppi per ambizioni e giochi personali. Il partito deve trovare il senso dell’essere comunità, e in questo tutti siamo indispensabili e utili. A scanso di equivoci vorrei dire una cosa su Renzi: l’ho apprezzato quando aveva il vento a favore e lo apprezzo ora, quando cioè sembra uno sport nazionale dargli addosso. Bisogna riconoscere il risultato delle primarie: Renzi è stato scelto da 2 milioni di persone, ma non ha mai goduto un giorno del sostegno di tutti nel Pd. Dobbiamo recuperare le ragioni dello stare insieme: vuol dire che in campagna elettorale è impensabile doversi guardare oltre che dagli avversari anche da chi nella tua comunità ti spara addosso».
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