Un tuffo nel mondo magico dei tarocchi: fiabe e misteri nella collezione haute couture primavera/estate firmata da Maria Grazia Chiuri per Dior

Un tuffo nel mondo magico dei tarocchi: fiabe e misteri nella collezione haute couture primavera/estate firmata da Maria Grazia Chiuri per Dior
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Martedì 26 Gennaio 2021, 16:49 - Ultimo aggiornamento: 23:38

Un tuffo nel magico mondo dei tarocchi, in un'atmosfera incantata che ci allontana dalle inquietudini di questo tempo così incerto e intriso di paura e ci proietta in una fiaba. Altro non è che questo la nuova collezione Haute Couture Primavera-Estate 2021 di Christian Dior, che non ha mai nascosto il suo credere nelle arti divinatorie, nei segni e negli amuleti. La sua autobiografia è scandita dagli incontri, spesso decisivi, con le veggenti: “Sarà fantastico! Questa casa rivoluzionerà la moda.”

I tarocchi sono una delle chiavi di accesso al mondo magico: scrutare l’ignoto e contemporaneamente
guardare dentro se stessi senza paura. Maria Grazia Chiuri, direttrice creativa di Dior, da subito si è trovata in sintonia con questi immaginari, con questo linguaggio ottico composto da figure complesse e affascinanti che utilizzano un lessico simbolico. Così in questo momento incerto, in cui sentiamo la necessità di riconnetterci con l’anima del mondo, Chiuri, per la collezione haute couture primavera-estate 2021, decide di usare la bellezza misteriosa e sfaccettata dei tarocchi per una serie di incantevoli abiti nati dalla sintesi di una progettualità che intende esprimere i virtuosismi costruttivi che definiscono la couture come il territorio della sperimentazione e del possibile.

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Le silhouette degli straordinari abiti da sera diventano montaggi astratti: in alcuni il corpetto è una sorta di
bassorilievo traforato, impreziosito dai disegni di Pietro Ruffo. L’artista romano ha voluto creare un mazzo
diverso, in cui sono scomparse le figure per lasciare spazio alla vitalità grafica dei simboli. Il grigio Dior è
declinato su tweed, cachemire, organze che diventano abiti, camicie, gonne, pantaloni, mantelle. Fino alla
giacca Bar in velluto nero, che esprime una nuova attitudine grazie a una bombatura.


Matteo Garrone, uno dei più conosciuti registi italiani, costruisce un’iconografia narrativa che attinge alla
potenza visiva dei tarocchi viscontei. Si tratta del mazzo dei tarocchi miniati da Bonifacio Bembo per i duchi di
Milano verso la metà del secolo XV, e che diventa il racconto meraviglioso della collezione. Queste splendide
carte – animate da ori, smalti, intrichi vegetali e geometrici, di enigmatica solenne densità – svelano un
percorso interiore, un’avventura alla scoperta di sé. È un viaggio all’interno di un castello popolato da una
serie di figure che sono impronta degli arcani maggiori, che pongono questioni, che disorientano, che
invitano a guardare il mondo usando un punto di vista diverso. Per arrivare, nella interpretazione del regista,
a quel superamento del genere che è sintesi del maschile e del femminile. In una nuova mitologia araldica
che rimanda a quei mondi incantati tanto cari a Garrone.


Una cartomante chiede di estrarre una carta da quel mazzo che è un catalogo dei possibili, un elenco di
ipotesi, un dizionario criptico del mondo. Gli abiti che vestono la Papessa, l’Imperatrice, la Giustizia, il Matto,
diventano soprattutto una sequenza visuale che dispiega il repertorio di un savoir-faire intriso della sapienza
artigianale delle tessiture, dei pizzi con intarsi di elementi decorativi dipinti a mano, dei velluti dorati animati
dal repertorio dei segni zodiacali, per arrivare fino a preziosi jacquard costellati da stelle lucenti, o alla
cappa scrigno con piume di diversi colori che diventano disegno in 3D.


In questa storia l’iniziato ha sempre bisogno del complemento femminile e viceversa, perché solo in questa
fusione diventa possibile affrontare quel viaggio di formazione che è percorso verso l’autoconsapevolezza.
Perché come ci ricorda Italo Calvino ne Il castello dei destini incrociati: “Il mondo si legge all’incontrario.”

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