Covid, spunta la variante italiana: «In circolazione a Brescia da agosto, ecco perché i guariti avevano il tampone ancora positivo»

Covid, spunta la variante italiana: «In circolazione a Brescia da agosto»
Covid, spunta la variante italiana: «In circolazione a Brescia da agosto»
di Stefania Piras
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Lunedì 28 Dicembre 2020, 18:44 - Ultimo aggiornamento: 30 Dicembre, 14:29

«È stata isolata nei laboratori di Brescia una variante del virus Sars-CoV-2 simile alla variante inglese, ma tempo prima rispetto a quanto scoperto in Inghilterra». Lo spiega il professor Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, ordinario di Microbiologia all'Università degli Studi di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia degli Spedali Civili. La scoperta di questa nuova variante spiegherebbe il fenomeno dei tamponi ancora positivi in chi era considerato guarito e anche il picco di casi registrati a ottobre e a novembre.

Questa variante italiana, sostiene infatti il virologo Matteo Bassetti, è la causa dell'ondata invernale. «Quella isolata a Brescia potrebbe in parte giustificare e far capire perché noi abbiamo avuto a ottobre e novembre, soprattutto in Lombardia, così tanti casi con una diffusione molto facile del virus in aree particolari». Lo afferma all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova e componente dell'Unità di crisi Covid-19 della Liguria.

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Come è stata scoperta 

«La variante italiana del virus è stata isolata ad agosto su un paziente asintomatico, che non era ricoverato al Civile di Brescia, che era alle prese da mesi con il covid. La situazione ci ha incuriosito e ora possiamo dire che in Italia potrebbe circolare una variante del virus simile a quella inglese. Ma che per tempi può essere considerato un virus antenato di quello inglese». Il professor Caruso poi aggiunge: «Questa variante ha punti di mutazione nella proteina Spike, in posizione 501». Il virologo infine annuncia: «Stiamo lavorando per capire se il vaccino sia in grado di neutralizzare anche questa variazione del virus. Personalmente credo di sì, ma dobbiamo ancora verificarlo». 

«A differenza del mutante Gb, la variante italiana ha anche una seconda mutazione in posizione 493, che rende la sua proteina Spike leggermente diversa da quella del virus pandemico che tutti oggi conosciamo», spiega Caruso. Ma come si è arrivati a descrivere la variante italiana? «Casualmente - racconta Caruso - osservando una persistenza virale anomala in un paziente che aveva sofferto di Covid-19 in aprile. Anche dopo la guarigione, i tamponi effettuati da agosto in poi avevano sempre dato esito positivo con virus ad alta carica. A novembre ci siamo decisi a sequenziare il virus per capire il perché di questa persistenza, e con nostra sorpresa ci siamo resi conto di avere identificato una nuova variante, simile ma non identica alla variante inglese che iniziava a circolare anche in Italia. A questo punto abbiamo sequenziato anche un campione dello stesso paziente ottenuto ad agosto», scoprendo che «la Spike variata era già presente allora, con tutte le sue mutazioni».

«Non sappiamo se la variante inglese è emersa esattamente a fine settembre, così come la nostra ai primi di agosto - precisa il numero uno dei virologi - Un'analisi temporale delle sequenze di Sars-CoV-2, effettuata dal gruppo di Massimo Ciccozzi», epidemiologo dell'università Campus BioMedico di Roma, «ci dice che questa nuova variante italiana potrebbe essersi generata intorno ai primi di luglio. Quel che possiamo affermare dagli studi del collega Ciccozzi è che la nostra è di certo la prima evidenza di mutazioni nella proteina Spike a livello della posizione 501 in Italia e forse, almeno ad oggi, in Europa. L'omologia di sequenza tra la variante da noi identificata e quella inglese porta a pensare che la prima possa avere di fatto generato le altre che oggi stanno emergendo nel nostro continente. Ma per affermare questo è necessario ricostruirne i passaggi, e servono tante analisi del genoma virale ancora non disponibili».

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Il vaccino proteggerà anche da questa variante?

Ora, c'è timore che il vaccino anti-Covid possa non funzionare sulla variante italiana. «Teoricamente - risponde Caruso - il vaccino genera una risposta complessa verso tante aree della proteina Spike», per cui, «anche se vi fossero alcuni anticorpi non in grado di riconoscere una zona mutata come quella in posizione 501 o 493, ce ne sarebbero sicuramente altri in grado di legarsi a porzioni non mutate della proteina».

«Il loro legame sarebbe sufficiente a impedire l'interazione tra Spike e recettore cellulare, anche solo per una sorta di ingombro sterico (fenomeno chimico di repulsione elettrostatica reciproca tra le nubi elettroniche degli atomi e dei legami, ndr) che gli anticorpi creerebbero sulla superficie del virus.

In poco tempo avremo comunque una risposta certa a questa domanda», spiega Caruso che si dice comunque ottimista.

«L'alta carica virale presente nei tamponi di agosto e novembre» eseguiti sul paziente che non si negativizzava «ci ha permesso di isolare a Brescia i mutanti virali. Questo - sostiene Caruso - ci permetterà di cimentare questi virus con i sieri di pazienti Covid-19 ottenuti durante la prima ondata pandemica, e di valutare la capacità degli anticorpi di neutralizzare questa variante rispetto ai ceppi virali circolanti in precedenza. Appena disponibili, verranno valutati in modo analogo anche sieri di pazienti vaccinati. Io resto al momento ottimista», conclude il presidente dei virologi italiani.

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«Studiare le varianti è importante e questi studi di notevole valore per la capacità tecnica dei colleghi mostrano che bisogna andare in questa direzione velocemente per verificare anche l'efficacia del vaccino. In parallelo questi approfondimenti, queste indagini di secondo livello sono assolutamente necessarie». Il virologo dell'università degli Studi di Milano, Fabrizio Pregliasco, commenta così all'Adnkronos Salute la scoperta a Brescia di una variante di Sars-CoV-2 che circola dai primi di agosto in Italia e risulta essere molto simile alla variante inglese. La scoperta è stata annunciata da Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all'università degli Studi di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell'Asst Spedali Civili. «Sappiamo che i virus a Rna come il coronavirus Sars-CoV-2 si modificano - osserva Pregliasco - Anche il virus influenzale ha una simile costituzione. Rovescia l'incapacità di replicarsi uguale a se stesso facendo in modo di porre nell'ambiente varianti che consentano il prevalere di elementi vantaggiosi» per se stesso. Ed è «importante monitorare questo aspetto», evidenzia lo specialista, anche per il vaccino. Caruso si è definito ragionevolmente ottimista sul fatto che l'iniezione scudo dovrebbe essere in grado di contrastare anche la variante. «Questo è positivo ed è un aspetto che va approfondito, sarebbe la conferma che gli anticorpi, essendo rivolti verso più parti» della proteina Spike del virus, «danno una protezione anche se qualcuno non trova il suo bersaglio. Questi virus sono instabili di per sé, non ci stupisce - conclude Pregliasco - È cruciale però continuare a condurre indagini di questo tipo».

Fondi per la ricerca

«Noi italiani abbiamo il triste primato nel mondo di avere sequenziato il minor numero di virus» Sars-CoV-2, «a fronte del maggiore impatto della pandemia in Europa. Non si tratta di incapacità dei centri di ricerca nell'effettuare i sequenziamenti, ma di mancanza di fondi». Torna sul nodo risorse Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv). «Insieme a tanti colleghi che utilizzano sistemi molecolari - dichiara l'esperto - cercheremo di costituire un Consorzio sul modello Gb, perché in Italia si inizi un'attività di sequenziamento virale cruciale per prevenire il diffondersi di varianti di Sars-CoV-2 sempre più temibili per la nostra salute e possibilmente capaci di vanificare l'efficacia di farmaci e vaccini». «Monitorare i virus nel tempo è un'attività chiave nel campo della ricerca scientifica», spiega Caruso. «Purtroppo - osserva - non si è raccolto in Italia l'invito a operare in tal senso lanciato da alcuni ricercatori, me incluso. Vi era la tendenza ad affermare che il virus non mutasse, contro chiare evidenze riportate in letteratura e a livello internazionale. Gli inglesi hanno costituito un Consorzio per lo studio delle varianti virali e hanno avuto successo. Senza il loro contributo saremmo ancora all'oscuro di varianti apparentemente molto più trasmissibili delle precedenti, e con potenziali capacità in futuro di evadere la risposta anticorpale neutralizzante generata dai vaccini». 

La scoperta a Brescia di una variante di coronavirus Sars-CoV-2 che circola dai primi di agosto in Italia e risulta essere molto simile alla variante inglese «è molto interessante. Conferma tutto quello che negli ultimi giorni abbiamo detto sulle varianti: non devono necessariamente spaventare. Quella osservata in Gb potrebbe aver attirato di più l'attenzione perché a un certo punto si è visto che, a differenza di quella italiana» descritta dal virologo Arnaldo Caruso, «è prevalsa su altre. Ma questo può capitare se la variante in questione conferisce al virus una maggior capacità diffusiva». È l'analisi di Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell'ospedale San Raffaele di Milano e docente dell'università Vita-Salute.

Perché il virus muta?

Dall’inizio della pandemia ad oggi sono ben 140.000 i genomi sequenziati, e già 4.000 le mutazioni riscontrate nelle “spine” dell’involucro esterno del coronavirus, chiamate “spike”. Oltre poi a tutte le altre mutazioni riscontrate in altre parti del virus. Il British Medical Journal (BMJ) ha affermato che la nuova variante del SARS-CoV-2, denominata Vui202012, è rappresentata da 17 mutazioni nella sequenza della proteina spike. La più rilevante è una mutazione denominata N501Y, isolata in circa 60 differenti posizioni in oltre 1.000 persone, soprattutto nel Sud Est dell'Inghilterra, ma con alcuni casi anche nel Galles e nella Scozia.

Un virus che si riproduce significa che crea molte copie del suo materiale genetico. Più copie crea più è probabile che facendolo introduca degli errori, chiamate mutazioni, come si legge in un rapporto dell'Istituto Mario Negri. I coronavirus sono una classe di virus molto predisposti alle mutazioni, tanto che questi eventi sono piuttosto attesi e fanno parte della loro naturale evoluzione. In alcuni casi, però, le mutazioni possono portare all'acquisizione da parte dei virus di capacità potenziate, diventando ad esempio più aggressivi e capaci di entrare con più facilità all’interno delle cellule dell’organismo ospite. «Il SARS-CoV-2, comunque, muta molto più lentamente rispetto a virus della stessa famiglia: il numero di mutazioni accumulate per mese è 2 contro quelle del virus dell’influenza che invece è il doppio. Questo è il motivo per cui mentre ogni anno l’influenza richiede un vaccino diverso, al momento pensiamo che il vaccino contro il Covid-19 non dovrebbe essere cambiato in futuro. Solo col tempo però saremo certi di questo», si precisa nel rapporto.

Intanto nel Regno Unito 

«A Londra c'è molta preoccupazione, dovuta al fatto di non sapere dal punto di vista clinico questa nuova variante in che cosa si possa tradurre e per l'effetto secondario dell'isolamento della Gran Bretagna». Lo spiega all'Adnkronos la dottoressa Roberta Forlano, internista presso l'Imperial College di Londra e laureata all'Università di Foggia. «Nell'ultima settimana c'è stato un raddoppio dei contagi, dei positivi. Siamo arrivati a 34mila rispetto ai 16-17mila delle settimane precedenti», ricorda Forlano, che lavora per il Nhs, il Sistema sanitario nazionale inglese, e privatamente per la clinica Dottore London. All'Imperial College, che include tre degli ospedali più grandi della City di Londra, «siamo passati da avere il 60 per cento delle attività elettive normali a occuparci nell'ultima settimana solo delle emergenze e delle urgenze, quasi come ai livelli di marzo e di aprile». L'obiettivo, spiega Forlano, è quello di «mantenere disponibilità ad aumentare posti letto e in terapia intensiva nel caso in cui ci fosse bisogno. Come potenziale per le prossime settimane se dovesse servire». «Sappiamo in realtà che nonostante sia stata isolata quindici giorni fa, analizzando retrattivamente una serie di campioni si è scoperto che questa nuova variante circola già da settembre. Si sta cercando di capire retroattivamente se è stata associata a eventi più avversi, una sopravvivenza più breve, una malattia più forte, ma finora non si hanno questi dati», spiega.

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