Covid, resta l'obbligo di mascherine nei pronto soccorso e nelle Rsa. Ecco cosa cambia dal 30 aprile

Lo studio dell'Università di Bari sulla pericolosità delle nuove varianti

Covid, resta l'obbligo di mascherine nei pronto soccorso e nelle Rsa. Ecco cosa cambia dal 30 aprile
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Giovedì 27 Aprile 2023, 14:09 - Ultimo aggiornamento: 20:06

Le mascherine anti covid resteranno obbligatorie negli ospedali e nelle Rsa anche dal 1 maggio. Il prossimo 30 aprile scade infatti l'obbligo di indossare le mascherine negli ospedali, nelle Rsa e nelle strutture socio sanitarie e socio assistenziali (ambulatori e gli studi medici compresi), così come stabilito a ottobre 2022 dal ministro della Salute Orazio Schillaci. Ma al ministero si sta dunque lavorando a una nuova ordinanza anti-Covid che entrerà in vigore, per le strutture sanitarie, a partire dal 1° maggio. La nuova ordinanza del ministero della Salute punta a tutelare anziani fragili e immunodepressi.

Secondo quanto emerso dall'ultima riunione degli esperti al dicastero, si va verso un alleggerimento delle misure, come già anticipato in precedenza da Schillaci: l'utilizzo delle mascherine dovrebbe restare obbligatorio soltanto nei reparti con pazienti fragili e nelle terapie intensive. Inoltre, i tamponi sui nuovi arrivi e ricoveri in Pronto soccorso saranno effettuati solo ai sintomatici. 

Bassetti: «Mascherina? Da usare solo in stanze con pazienti fragili o se si va a trovare un familiare ricoverato»

«Mi sembrano molto ragionevoli e le condivido al 100%», ha commentato a riguardo l'infettivologo Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova, che già nelle scorse settimane si augurava una limitazione all'uso dei dispositivi in ospedali e Rsa: «Dobbiamo però uscire dalla dimensione dell'obbligo, è il momento di trattare il Sars-Cov-2 come altri virus simili - aveva dichiarato a metà aprile - il Coronavirus oggi non è più grave rispetto ad altri virus respiratori».

Giusto allentare le misure, quindi, ma mantenendo sempre alta l'attenzione sulla tutela dei pazienti fragili: «Se io parlo di un paziente durante una riunione con i colleghi, posso non mettere la mascherine. Ma se un medico entra in una stanza di un paziente fragile, o un visitatore va a trovare un familiare, non ci sono dubbi che si debba indossare la mascherina», ha precisato nuovamente Bassetti. 

La pericolosità delle nuove varianti

Riconoscere e classificare tempestivamente le nuove varianti del Covid, così come di altri virus, determinando anche l'indice di patogenicità in modo da permettere una risposta sanitaria immediata e personalizzata. È il risultato di una metodologia e di un sistema di un gruppo di ricercatori dell'Istituto di Biomembrane, bioenergetica e biotecnologie molecolari del Cnr-Ibiom di Bari insieme a università Aldo Moro di Bari e università Statale di Milano, e con il supporto della piattaforma bioinformatica e genomica di Elixir Italia. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Nature communications biology, ha permesso di creare un sistema computazionale per l'identificazione delle varianti virali più pericolose per la salute pubblica attraverso l'analisi comparativa di oltre 11 milioni di genomi virali campionati nel corso della pandemia.

La ricerca 

La ricerca ha esaminato, in particolare, il virus della sindrome respiratoria acuta grave coronavirus di tipo 2 (Sars-Cov-2) che, dall'inizio della pandemia, ha subito una costante evoluzione in numerosissime varianti, classificate a seconda del grado di infettività, della capacità di eludere la risposta immunitaria. «Per fronteggiare una crisi pandemica e minimizzarne l'impatto sociale e sanitario è cruciale la capacità di riconoscere immediatamente le varianti più pericolose - spiega Graziano Pesole del Cnr-Ibiom e dell'università di Bari -.

Attraverso questo nuovo studio è stato possibile elaborare un indice di pericolosità che può essere calcolato in pochi secondi non appena la nuova variante viene osservata». Il metodo ha come obiettivo così quello di caratterizzare le nuove varianti non appena cominciano a moltiplicarsi nella popolazione, valutando il potenziale impatto epidemiologico per eventuali nuove pandemie, e migliorando anche l'efficienza della risposta sanitaria.

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