Coronavirus, la prima positiva di Roma: «Il mio incubo iniziato con un raffreddore»

Stefania Giardoni, mamma di 50 anni, prima positiva romana
Stefania Giardoni, mamma di 50 anni, prima positiva romana
di Alessia Marani
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Sabato 28 Marzo 2020, 09:56 - Ultimo aggiornamento: 29 Marzo, 14:01

Stefania Giardoni, ex commessa della Magliana, 50 anni, mamma di due figli di 23 e 26, è stata la prima persona malata di Covid-19 a Roma. I primi sintomi il 23 febbraio, poi la corsa il 7 marzo e il ricovero allo Spallanzani, dal 23 marzo è in cura al Covid hospital 3 di Casalpalocco. Appena saputo di essere positiva ha fatto outing anche sui social avvisando al lavoro e chiunque fosse stato in contatto con lei.
Stefania, innanzitutto, come sta adesso?
«Ho appena rifatto l'ennesimo tampone, da tre giorni mi hanno sospeso i farmaci, sono stata curata con il kaletra il farmaco anti-Hiv la cui efficacia però non è uguale per tutti e ora non più confermata. Non me lo avevano detto subito per non spaventarmi: ma avevo preso il ceppo più forte del virus e pensavano di intubarmi. Da qualche giorno ho recuperato il senso del gusto, dicono che dovrei negativizzarmi da sola, ma ho paura perché nella mia stanza è ricoverata una signora che ha una carica più virulenta delle mia. Non vorrei ricominciare da capo. Adesso mi sogno una bella amatriciana».

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Che cosa ha pensato quando ha saputo di essere positiva?
«Il mio primo pensiero è stato per mia zia che vive al piano sopra il mio e che assisto. Poi per mia madre, ho cominciato a chiedermi quand'è che l'ho toccata l'ultima volta. Quindi l'interrogativo più angosciante: Uscirò mai da qui?. Per fortuna lo racconto. Ma ho tanta rabbia».

Perché?
«Perché al mio compagno non è stato fatto il tampone. A mio figlio più piccolo che ha manifestato i sintomi, lo hanno fatto solo tre giorni fa dopo che smosso mezzo mondo e ancora stiamo aspettando l'esito. Lui che è una persona coscienziosa si è messa in isolamento nella casa in campagna, a Fiumicino, anche oltre i 14 giorni, è giovane e probabilmente la sta superando. Ma non si può convivere con questa incertezza e anche al lavoro non lo faranno rientrare finché non avrà il risultato».

Ora lei è ricoverata ma sta meglio e dialoga con molte persone, che le dicono?
«Dopo il mio outing mi hanno contattato in tanti via messanger, disperati, perché sono soli in casa e non sanno che fare. Nessuno dice loro se sono positive o meno anche se hanno i sintomi. I medici delle Asl e di famiglia continuano a dire, se si ha poca febbre o poca tosse, di stare a casa, di richiamare solo quando la situazione si aggrava. Ma chi sta male deve essere curato subito».

Curato come?
«A me per esempio il medico diede un fluidificante, ma a poi ho saputo che non è indicato per il coronavirus. Serve uno sforzo in più da parte della medicina di base e dell'assistenza territoriale. Chi è positivo va subito individuato e assistito, anche con visite a casa».

Come si è accorta di essere malata?
«Era il 23 febbraio. Avevo un raffreddore, niente di più. Dopo una settimana è cominciata ad apparire qualche linea di febbre, 37.3, 37.4, andava e veniva, infine tosse sporadica. Il 29 febbraio ho terminato di fare la cassiera al Risparmio Casa. Per scrupolo sono andata dal dottore ma non sono voluta entrare, ci ho parlato dalla finestra. Lui mi ha detto ma dai Stefa' prenditi la tachipirina, ti pare che ce l'hai tu il coronavirus! Però mi viene di nuovo la febbre e torno da lui una seconda volta, sempre dalla finestra. Il sabato successivo la mattina mi sentivo benissimo, ho fatto un sacco di cose, poi il pomeriggio sono entrata in crisi respiratoria. Al numero anti-covid non rispondevano, siccome abito vicino largo La Loggia, mi sono fatta portare dal mio compagno allo Spallanzani».
 



E cosa le hanno detto?
«Mi hanno fatto entrare nel tendone e lì è venuto un medico tutto bardato. Appena ha auscoltato i polmoni, ha disposto il ricovero. A mezzanotte mi hanno fatto il tampone».

Quando ha saputo di essere positiva?
«L'8 sera o il 9. Avevo comunque già avvisato al lavoro del ricovero. Quindi ho dichiarato pubblicamente di essere positiva perché pensavo a tutte le vecchiette che la mattina venivano in cassa a portarmi un caffè o un cornetto e mi davano il bacino... Tutti dovevano sapere e mettersi al riparo».

E come hanno reagito?
«Il grande magazzino ha chiuso subito e sanificato. Nel frattempo il premier Conte usciva con il decreto per restare a casa. Alla Magliana, devo dire, hanno reagito bene, mi sono arrivati tanti attestati di solidarietà, ma non è mancato chi sui social mi ha attaccato e insultato».

E ora?
«Io ho una tempra forte, ma ci sono persone più fragili che si sentono sole, chiuse in casa, che vanno assistite. Ora pensiamo alla salute, poi bisognerà fare i conti con il lavoro: il mio contratto era scaduto, il figlio più grande parrucchiere non lavora, l'altro è a casa. Speriamo finisca questo incubo».

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