Coronavirus, Cts: «Misure diverse per le Regioni». Ma Conte decise di chiudere tutto

Coronavirus, Cts: «Misure diverse per le Regioni». Ma Conte decise di chiudere tutto
Coronavirus, Cts: «Misure diverse per le Regioni». Ma Conte decise di chiudere tutto
di Mauro Evangelisti
4 Minuti di Lettura
Venerdì 7 Agosto 2020, 00:41 - Ultimo aggiornamento: 14:14

Il 7 marzo il Comitato tecnico scientifico propose di chiudere solo un pezzo d’Italia, quello con più casi positivi, ma il lockdown deciso dal governo, quattro giorni dopo, ha paralizzato tutta l’Italia. Senza distinzioni.
 

La percentuale


Partiamo dalla fine di questa storia. Dalla Sicilia alla Sardegna, dalla Calabria all’Umbria, dal Lazio all’Abruzzo: le regioni del Centro-Sud, tutte insieme, hanno solo il 12 per cento dei casi positivi registrati in Italia da inizio epidemia, appena l’8,5 per cento dei decessi. Eppure, sono state condannate allo stesso tipo di chiusure della Lombardia, che, da sola, ha oltre il triplo di infetti e il quintuplo dei morti delle regioni del Centro-Sud. Il barbiere di Isernia (Molise 421 casi e 23 decessi), per mesi, ha dovuto sospendere l’attività come il collega di Bergamo (Lombardia quasi 97.000 casi positivi e, purtroppo, 16.829 decessi). Qualcosa non torna. La risposta del governo è che, chiudendo tutto il Paese contemporaneamente, si è evitato che il contagio raggiungesse anche le regioni meridionali che così si sono salvate. Resta, però, indubbio il danno economico enorme per un provvedimento sovradimensionato per i numeri del Centro-Sud. Il paradosso crudele è che la Lombardia, da decenni attratta dalle spinte indipendentiste, in questo caso, anche per ragioni economiche, ha fatto pressioni perché l’Italia fosse una e indivisibile di fronte al lockdown.

Coronavirus, bollettino: 402 nuovi casi e 6 morti. «Indice Rt sopra 1 in 12 regioni»

Coronavirus, Galli: «Vaccino su larga scala temo disponibile non prima della fine 2021»


 

Suggerimento


I documenti del Comitato tecnico scientifico, diffusi ieri dalla Fondazione Einaudi, confermano che il primo suggerimento al Governo andava verso provvedimenti differenziati, con un lockdown concentrato solo sulle regioni più colpite dalla diffusione di Sars-CoV-2. Partiamo dal verbale numero 12 de 28 febbraio. Il Cts, vale a dire gli scienziati scelti dal Governo per affrontare l’emergenza del coronavirus, propone una serie di misure più leggere per tutto il Paese; altre più significative per regioni in cui «non si sono verificati casi con modalità di trasmissione non note», vale a dire per Friuli-Venezia Giulia, Liguria e Piemonte. Infine, misure severissime, che vanno ad aggiungersi a quelle già adottate, per regioni con «una situazione epidemiologica complessa»: Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Si ricorderà che inizialmente il premier Conte scelse la linea degli interventi differenziati, con un’estesa zona rossa che interessava la Lombardia, parte dell’Emilia, del Piemonte, del Veneto e delle Marche. Era l’8 marzo. Dopo tre giorni, però, ecco il colpo di spugna: lockdown in tutto il paese dall’11 marzo, a Isernia come a Bergamo. Ma è nel verbale numero 21 del 7 marzo che il Comitato tecnico scientifico entra più nello specifico. Gli scienziati, nel testo inviato al ministro della Salute, Roberto Speranza, manifestano la loro preoccupazione per l’andamento dell’epidemia; dove sono state previste delle zone rosse (il Lodigiano) c’è un debole decremento, ma in altre aree il contagio sta volando.
 

Livelli


E scrive apertamente il Comitato: «Viene condiviso di definire due livelli di misure di contenimento da applicarsi: a) l’uno, nei territori in cui si è osservata ad oggi maggiore diffusione del virus; b) l’altro, sull’intero territorio nazionale». Per le misure più rigorose il Comitato cita espressamente tutta la Lombardia, le province di Parma, Piacenza e Modena in Emilia, di Rimini in Romagna, di Pesaro-Urbino nelle Marche, di Venezia, Padova e Treviso in Veneto, di Asti e Alessandria in Piemonte. Per tutti questi territori chiede stop a eventi sportivi, all’attività sciistica (e le settimane bianche, bloccate troppo tardi, originarono centinaia di contagi); stop a scuole, musei e concorsi pubblici; limitazioni a ristorazione e commercio; limitazione degli spostamenti. Per tutte le altre regioni sono sì indicate misure di contenimento, ma molto meno invasive di quelle del decreto dell’11 marzo che portò al lockdown dell’intero paese. Quando il barbiere di Isernia fu costretto a fermarsi esattamente come il suo collega di Bergamo.

 
 
 



 

© RIPRODUZIONE RISERVATA