Minelli: «Ecco perché il tampone va fatto a tutti»

Minelli: «Ecco perché il tampone va fatto a tutti»
di Mauro MINELLI
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Mercoledì 18 Marzo 2020, 11:55
Lo abbiamo sempre creduto e sostenuto convintamente tutte le volte che abbiam potuto dirlo. Il numero di persone colpite dal virus della CoViD-19 è molto, molto più piccolo dei numeri reali e, dunque, non potrà mai consentire a nessuno di comprendere le vere dimensioni dell’epidemia.

Il censimento ufficiale dei “contagiati” non corrisponde, pertanto, al numero delle persone che realmente hanno avuto contatto con il SARS-CoV2: ne mancano tanti e non sappiamo quanti! Per questo, personalmente, ritengo urgente e perfino doveroso un cambio della politica di campionamento: è indispensabile effettuare a tutti i tamponi o, comunque, altri esami pure oramai disponibili in grado di accertare l’avvenuto contatto con il coronavirus, da eseguire a tappeto nella popolazione, anche perché la tracciabilità della malattia si rivela strategia fondamentale per conoscere i numeri reali del contagio,ma anche per agire più efficacemente in termini di prevenzione.

A Vo’ Euganeo, in provincia di Padova, per esempio, dove il tampone è stato praticato a tutti i 3300 abitanti del paese, si è visto che circa il 75% della gente che si infetta è del tutto asintomatica o con sintomi davvero moltomodesti. E questo è immaginabile possa non essere accaduto solo a Vo’. Dunque, un gran numero di persone che, non avendo sintomi di particolare rilevanza non sonomai state sottoposte a tampone, sono ovviamente esenti da specifiche misure di prevenzione e così possono inconsapevolmente contribuire a mantenere alto il contagio. Se poi si considera che, secondo dati scientifici recenti e ultrareferenziati, i tempi di eliminazione del virus dall’organismo di un soggetto contagiato sono di almeno 21 giorni, nelle nostre comunità possono liberamente circolare non solo soggetti portatori inconsapevoli di SARS-CoV2 ma anche persone che, superati i canonici 14 giorni di quarantena, non hanno rifatto un controllo al momento della “libera uscita” per verificare che il tampone si sia realmente negativizzato.

Tutto questo impone, nella gestione socio-sanitaria di CoViD-19, un deciso cambio di rotta che individua in una massiva “sorveglianza attiva” il proprio punto di forza. Voglio dire che, in un momento in cui il virus è ampiamente diffuso, non credo sia oramai così importante sottoporre al tampone solo i soggetti sintomatici, cioè quelli con febbre, tosse e disturbi respiratori più o meno severi. Ciò che attualmente mi sembra cruciale nella battaglia contro il SARS-CoV2 è cercare le persone con sintomi scarsi o assenti e però già infettate, le quali, proprio in ragione della loro apparente innocuità, hanno evidentemente unamaggiore probabilità di contagiare.

A riprova di quel che dico c’è l’evidenza, sempre maturata a Vo’ Euganeo, di avere registrato in poco più di una settimana un vertiginoso calo del numero dimalati - da 88 a 7 - dopo aver provveduto ad isolare anche i soggetti asintomatici risultati positivi al tampone. Tra l’altro, si è potuto pure constatare che l’isolamento dei soggetti infettati (tanto sintomatici quanto non sintomatici), oltre a proteggere dal contagio, riusciva anche a rendere meno grave l’evoluzione della malattia nei soggetti contagiati, visto che nel 60% dei pazienti colpiti ma isolati la guarigione è arrivata in soli 8 giorni. Se poi l’impedimento alla realizzazione di tale strategia dovesse risiedere nella spesa sanitaria connessa ad un elevato numero di campioni, basterebbe correlare i costi valutati in termini di vite salvate ai rischi, anche in termini economici, di una terapia intensiva eventualmente estesa non senza difficoltà logistiche ad un numero considerevolmente più alto di pazienti per i quali l’attuazione di protocolli preventivi semplicima mirati potrebbero evitare lunghe e pericolose complicanze.
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