Comunicazione e propaganda: la difficile distinzione tra vero e falso

Comunicazione e propaganda: la difficile distinzione tra vero e falso
di Stefano CRISTANTE
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Martedì 16 Aprile 2019, 17:25
Non semplice persuasione dunque, ma persuasione retoricamente belligerante: studio degli argomenti per imporre un punto di vista, non per discutere. Gli strumenti sono stati da principio libri, libelli e pamphlet, poi i giornali e quindi la triade novecentesca dei media di massa: cinema, radio e televisione.
Oggi i media attraverso cui si diffonde la propaganda sono in gran parte cambiati: c'è un passato prossimo che ancora si allunga prepotentemente sul presente e che si chiama televisione e un presente-futuro che si chiama social media. Sulla tv sappiamo quasi tutto: ne conosciamo le fasi primigenie, in Italia monopolizzate da una visione paternalista dove la propaganda era imparentata con la censura e con il bigottismo democristiano. Poi avvenne la rottura del monopolio da parte delle tv di Berlusconi, seguita da una propaganda inizialmente molto smaccata a favore del Cavaliere quando decise la sua discesa nel campo della politica. Per impedire eccessive sperequazioni, venne poi varata la par condicio, che tuttavia non impedì disequilibri, appena scalfiti dalle multe dell'Agcom. Fatto sta che tutti i leader principali degli ultimi vent'anni, dallo stesso Berlusconi a Renzi e poi Salvini hanno dimostrato, forse con la sola eccezione di Prodi, di amare molto il mezzo televisivo. Dalla tv Matteo Salvini ha cominciato la risalita di una china che sembrava impossibile dopo le inchieste della magistratura sulla Lega di Bossi. Già nel 2015 i suoi numeri erano impressionanti: 73 presenze televisive in meno di 60 giorni, un vero e proprio record secondo l'Huffingtonpost del 7 marzo di quell'anno. Ora, quattro anni dopo, il cosiddetto tempo di parola di Salvini è, se possibile, ancora aumentato: basta scorrere i dati dell'Agcom relativi a gennaio 2019 per verificare che l'attuale ministro degli Interni è in testa a tutte le reti Rai con grandissimo vantaggio sugli altri politici (compreso l'alleato-competitor Di Maio) e ha tempi stratosferici anche su Mediaset, la 7 e Sky.
D'altronde la stabilizzazione delle presenze del leader leghista in tv è avvenuta in mezzo ad altre operazioni di accreditamento mediatico tutte giocate sulla figura e sulla personalità di Salvini: sempre pronto ad apparire in un talk o in una diretta del tg, lo era anche per comparire semi-nudo a letto (con cravatta verde leghista al collo) nella copertina del settimanale Oggi del 3 dicembre 2014 (titolo: Salvini desnudo). Una comunicazione sfrontata e senza timori, mentre dagli schermi tv proseguiva incessante il mantra della sua propaganda, costruita su assiomi quasi sempre smentiti dai fatti ma percepiti come credibili da una società confusa e impaurita. Il succo era (è) questo: I crimini sono in aumento e chi commette la maggior parte dei crimini sono gli immigrati; bisogna espellere questi parassiti che succhiano decine di euro al giorno allo Stato italiano e che passano il loro tempo a spacciare e al telefonino; bisogna espellerli e aiutarli a casa loro; bisogna aiutare prima gli italiani. Quante centinaia di volte abbiamo sentito questi slogan con le nostre orecchie? Nessuna complicazione linguistica, nessuna complessità analitica: sguardo dritto nella telecamera, in un'alternanza di violenza nei contenuti e di bonomia nelle espressioni pop. Quando gli fecero notare che ancora nel 2009, quando era già un pezzo grosso della Lega, ballava al ritmo di slogan razzisti anti-meridionali, replicava con un sorrisone che si era fatto prendere la mano da un comportamento da stadio. Stop.
Ma il vero capolavoro di Salvini è stato l'aggancio tra le presenze ossessive in tv e la strutturazione di un lavoro sistematico sui social, in particolare Fb e Twitter. Gli addetti ai lavori chiamano il sistema social di Salvini La Bestia. Dopo due anni di rodaggio (2014-2016), la Bestia ha cominciato a macinare post e tweet, re-indirizzando ogni comunicazione anche a una nutritissima mailing list via posta elettronica. Anche qui, come nelle foto di Oggi, Salvini e il suo staff sono stati abili ad alternare vari volti: la grinta dell'irriducibile tribuno anti-immigrati con l'estasi del mangiatore di Nutella, il vendicatore di onesti cittadini derubati dagli zingari con il genitore esemplare di due bambini, il fidanzato innamorato con l'additatore dello scrittore cui vanno tolte le scorte.
Salvini si è in sostanza costruito, in soli cinque anni, la personalità mediatica del nuovo arci-italiano, summa vivente della nostra aggressività e della nostra paciosità. Ha imparato dai fallimenti del suo predecessore Matteo Renzi, che aveva a sua volta provato a rendersi maschera italiana senza riuscire nell'intento e cadendo sulla propria stessa sfrontatezza, esasperando il conflitto tra sé e gli avversari politici e poi tra sé e il mondo. Il gioco di Salvini è mitigare la carica estremista di cui è portatore naturale con iniezioni di apparente buon senso. Finora gli è riuscito di tenere insieme il razzismo e l'amore infelice per la Isoardi, le felpe territorialiste e le dichiarazioni anti-francesi, l'attenzione verso i piccoli imprenditori e il disprezzo per il 25 aprile, la santificazione della legittima difesa e le strette di mano ai negazionisti dell'Olocausto. Di sicuro Salvini non si risparmia, e di sicuro la sua vita gli piace da matti (come d'altronde piaceva a Renzi la propria). Ma agli italiani piace vivere in un ottovolante di sola propaganda? E per quanto?
Stefano Cristante
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