Due manager friulani tra le vittime
Erano a cena con altri 3 amici

Cristian Rossi e Marco Tondat
Cristian Rossi e Marco Tondat
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Venerdì 1 Luglio 2016, 19:22 - Ultimo aggiornamento: 3 Luglio, 09:40

La strage a Dacca in Bangladesh ha due vittime friulane: l 47enne, Cristian Rossi, di Feletto Umberto (Udine) ex manager della grande catena Bernardi, che ora faceva il consulente per aziende italiane di abbigliamento e il collega Marco Tondat, 40enne imprenditore nel settore tessile, di Cordovado (Pordenone).
 
LE DUE VITTIME FRIULANE
I friulani erano a cena nel locale teatro dell'assalto dei terroristi, l'Holey Artisan Bakery, con altri amici. Si trovavano in una saletta dove ci sarebbe stata la prima terribile carneficina. La famiglia del 47enne manager friulano è stata avvertita stanotte dalla Farnesina che il congiunto era fra gli ostaggi poi stamani la triste notizia:
«E' fra le vittime dei terroristi». Il 47enne Rossi - padre di due gemelline di soli 3 anni - sarebbe dovuto ripartire per tornare in Italia giovedì sera, ma aveva telefonato per avvisare del ritardo per definire e della cena nel locale della strage che si trova nel quartiere diplomatico della capitale del Bangladesh. Tondat era da 3 mesi in attesa dei permessi per trasferire la propria attività in Bangladesh: era separato con una figlia piccola. Tra i commensali italiani c'era pure Gianni Boschetti, riuscito a fuggire e a mettersi in salvo. 

Cristian, il ricordo dei colleghi
«Un gran lavoratore, estremamente preciso e competente. Pronto a trovare sempre il lato positivo delle cose». È così che gli ex colleghi ricordano Cristian Rossi. Per anni aveva lavorato per la Bernardi come buyer proprio in Bangladesh, dove aveva il compito di comprare la merce e seguire i fornitori. E proprio grazie all'esperienza maturata, quando il gruppo tessile friulano aveva cessato l'attività, si era messo in proprio avviando con un collega un'attività di importazione di capi di abbigliamento realizzati nelle fabbriche di Dacca per conto di aziende italiane del settore tessile. «Era una persona di spirito, anche nei momenti più difficili riusciva sempre a fare la battuta per sdrammatizzare le situazioni e fare gruppo», lo ricorda il segretario provinciale della Filcams Cgil di Udine, Francesco Buonopane, che aveva avuto modo di conoscerlo durante i delicati momenti della vertenza sindacale della Bernardi. «Il nostro cordoglio va a tutte le vittime del terrorismo e ancor di più alla famiglia Rossi a cui rivolgiamo un ideale abbraccio».



Il fratello di Marco Tondat: «Stiamo vivendo un dolore immenso»
Lo ha affermato Fabio Tondat, fratello di Marco, l'imprenditore di 39 anni ucciso a Dacca, aggiungendo che «la Farnesina ha chiamato mezz'ora fa per ufficializzare il decesso». Marco Tondat era nato a Spilimbergo (Pordenone), ma viveva a Cordovado. «Ci eravamo sentiti ieri mattina - ha riferito il fratello - doveva rientrare in Italia per le ferie e abbiamo concordato alcune cose, lo aspettavo per lunedì. Era un bravo ragazzo, intraprendente e con tanta voglia di vivere». Il fratello di Tondat ha quindi detto che Marco «era partito un anno fa, perché in Italia ci sono molte difficoltà di lavoro e ha provato ad emigrare. A Dacca era supervisore di un'azienda tessile, sembrava felice di questa opportunità. A tutti voglio dire che quanto accaduto deve far riflettere: non è mancato per un incidente stradale. Non si può morire così a 39 anni».


Veronese scampato all'attacco
Un altro italiano, impiegato nel locale preso d'assalto, è riuscito a sfuggire agli attentatori rifugiandosi sul tetto dello stabile. Si tratta del 34enne Jacopo Bioni che si trovava in Bangladesh da pochi mesi. Il 34enne era al lavoro in cucina e aveva parlato da pochi istanti con il tavolo dei friulani, poi si era allontanato. Al momento della strage non era in sala, solo questo gli ha permesso di scappare e salvarsi.

L'assalto
Un commando jihadista aveva assaltato nel pomeriggio di ieri un popolare caffé nella zona diplomatica della capitale Dacca, non lontano dall'ambasciata italiana.. È stato proprio l'ambasciatore italiano a Dacca, Mario Palma, a chiarire le modalità dell'assalto. Il diplomatico, da parte degli assalitori «non c'è alcuna volontà di negoziare alcunchè» perché si tratta di una «missione suicida» e «vogliono attuare un'azione molto forte e cruenta in cui non c'è spazio per il negoziato». 


 

 

Un impiegato del locale riuscito a fuggire sul tetto ha raccontato che «cinque assalitori hanno fatto irruzione armati di pistole e machete ed hanno lanciato bombe, al grido di 'Allah uh Akbar' (Allah è grande), scatenando il panico tra le persone». Altri testimoni che sono scappati hanno detto di avere visto «molti corpi a terra», anche se non hanno potuto sostenere che si trattasse di cadaveri.
 

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