Popolare Vicenza. Zonin parla e accusa i manager: falsi e incapaci. E chiama in causa Bce, Bankitalia e l'ex Ad

Popolare Vicenza. Zonin parla e accusa i manager: falsi e incapaci. E chiama in causa Bce, Bankitalia e l'ex Ad
Popolare Vicenza. Zonin parla e accusa i manager: falsi e incapaci. E chiama in causa Bce, Bankitalia e l'ex Ad
di Maurizio Crema
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Mercoledì 24 Giugno 2020, 09:09 - Ultimo aggiornamento: 25 Giugno, 12:08

«Non ho mai saputo delle operazioni baciate fino all'aprile del 2015 e mai ne ho sentito parlare dall'ex direttore generale Samuele Sorato e da altri fino a quel momento. E la Banca d'Italia mai mi ha fatto cenno di problemi: Popolare Vicenza fino al 2014 era solida e aveva passato tutti i controlli, è stata la nuova gestione dal luglio 2015 a portarla al tracollo».

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Gianni Zonin per la prima volta si difende davanti alla corte che lo sta giudicando per i reati di aggiotaggio, ostacolo alla Vigilanza e falso in prospetto. Una deposizione spontanea che l'ex presidente di Popolare Vicenza, 82 anni, fa dopo una settantina di udienze di un processo iniziato nel dicembre del 2018 che lo vede imputato insieme a tre ex vicedg della banca - Emanuele Giustini, Andrea Piazzetta, Paolo Marin - un manager come Massimiliano Pellegrini e uno solo tra gli ex consiglieri di amministrazione, Giuseppe Zigliotto. Zonin consegna al tribunale di Vicenza la sua verità in un documento di 66 pagine dove ripercorre la storia degli ultimi vent'anni della banca e quindi della sua presidenza, conclusasi nel novembre 2015. «La fine della Popolare di Vicenza ha costituito, e costituisce, per me un trauma e un dolore con cui non ho ancora imparato a convivere», scrive alla fine Zonin, sicuro di non aver commesso niente di illecito.

Zonin, assistito dall'avvocato Enrico Ambrosetti, in questo documento-deposizione - l'ex presidente non ha voluto sottoporsi a interrogatorio perché non si sente in grado di affrontarlo a causa della sua età - spiega i passaggi salienti della crisi della banca. La stoccata più profonda forse la riserva all'istituto di Vigilanza che - sostiene - ha sempre avallato tutte le acquisizioni di BpVi avvenute sotto la sua presidenza, suggerendogli anche di «incorporare» Veneto Banca, e non ha mai segnalato problemi sulla gestione.



VIGILANZA
«Voglio fare un cenno all'ispezione della Banca d'Italia del 2012 - scrive Zonin -. Dopo le deposizioni dei testimoni e soprattutto del dottor Marin, credo che sia incontestabile che il team degli ispettori di Banca d'Italia già nel 2012 avesse un quadro preciso e dettagliato del capitale finanziato nella BpVi. Ciò nonostante, al CdA e a me personalmente, non venne fatta mai alcuna comunicazione né formalmente né informalmente. Se all'epoca fosse stata fatta, il CdA si sarebbe subito attivato per trovare una soluzione al problema. Nulla di tutto questo è avvenuto e mi sembra oggi per lo meno singolare che il team ispettivo della Banca d'Italia si sia trincerato su una linea difensiva secondo cui il fenomeno non poteva essere compreso nella sua reale entità dagli ispettori. Se ciò fosse vero, mi domando come il sottoscritto, imprenditore del settore agricolo, avrebbe potuto avere una diversa e più pregnante comprensione di un fenomeno che un collaudato team della Banca d'Italia aveva considerato perfettamente lecito».

EUROPA
Poi Zonin di fatto accusa la Vigilanza europea di aver affondato la banca. «Sul fronte dei bilanci si richiedeva di prevedere, a fronte dei crediti deteriorati, accantonamenti a bilancio per importi rilevantissimi nemmeno raffrontabili con quelli previsti dalla normativa italiana precedentemente in vigore. Va evidenziato che sono stati solo questi accantonamenti a portare il bilancio 2014 a chiudere con importanti perdite, che non derivarono quindi dai risultati dell'attività ordinaria dell'esercizio (che anzi per tutto il 2014, e per i primi mesi del 2015, continuarono ad essere positivi). La Bce poi ha di fatto bloccato il Fondo Acquisto Azioni Proprie, consentito in precedenza dalla Banca d'Italia fino all'ammontare di 300 milioni, condizionando inoltre il suo utilizzo alla sua preventiva autorizzazione». Di fatto bloccando la «stanza di compensazione fra la vendita e gli acquisti della coop Popolare». Queste innovazioni condite con la crisi economica e la legge Renzi che obbligava al passaggio in spa avrebbero segnato il destino di BpVi.

NUOVA GESTIONE
Zonin critica anche inmaniera decisa la gestione dell'Ad Francesco Iorio. «Penso che, a partire dal luglio 2015, si sia, scientemente o per incapacità, posta in atto da parte dei nuovi vertici manageriali una serie di misure che hanno condotto nei due anni successivi la Banca al suo definitivo tracollo. Posso elencarne alcune: l'abbandono della cura della clientela, molta parte di essa anche socia, la non gestione del personale, lasciato solo sul frontline, una comunicazione incerta, confusa e talvolta addirittura terroristica con i media locali e nazionali, hanno fatto in modo che l'emorragia dei depositi e la chiusura dei rapporti toccassero il punto di non ritorno, ingenerato dalla fuga in massa di soci e correntisti soprattutto dal dicembre del 2015, quindi subito dopo le mie dimissioni da Presidente». Non ci si è poi impegnati a disegnare «un progetto di rafforzamento patrimoniale, che iniziasse a dismettere le partecipazioni ancora esistenti e appetibili dal mercato (da Cattolica Assicurazioni ad Arca, all'aeroporto di Venezia) e a cedere le società partecipate ancora in portafoglio, da Prestinuova a Farbanca. Neanche si è pensato seriamente ad un piano di dismissione del consistente patrimonio immobiliare, per cui la Cattolica Assicurazioni aveva espresso il proprio interesse».

DIRETTORE
Zonin smentisce di aver mai dato il via libera all'ex direttore generale per le operazioni baciate. «Alcuni dei funzionari hanno, infatti, riferito che a specifica domanda di regola al dottor Emanuele Giustini questi avrebbe risposto che il Direttore Sorato avrebbe confermato che io ero a conoscenza delle operazioni di capitale finanziato. Tale affermazione è completamente falsa. Il Direttore Sorato non mi ha mai illustrato l'esistenza di tale fenomeno. Ho purtroppo compreso solo dopo l'inizio del procedimento penale che Sorato in tutti i modi aveva cercato di creare una separazione tra il CdA e la struttura operativa della Banca, in modo che il Presidente e il Cda non potessero venire a conoscenza dell'esistenza di un fenomeno che si sarebbe rivelato pernicioso per l'istituto di credito». Poi Zonin smonta le intercettazioni nelle quali l'ex dg lo accusa: «Faccio presente che tali intercettazioni si collocano prevalentemente nel periodo di agosto-settembre 2015, e cioè dopo l'allontanamento del Direttore Sorato», quando poi era «praticamente certo di essere sottoposto ad intercettazioni».

Il dipendente Antonio Villa denuncia l'esistenza delle baciate in una missiva che manda anche a Zonin. «Quando la mia segretaria sig.ra Camilla Lizza mi sottopose all'attenzione questa lettera, la mia doverosa preoccupazione fu quella di aggiungere altri soggetti (dott. Cauduro e avv. Papacchini) alla già lunga lista ... cui la Segreteria Generale aveva già indirizzato la segnalazione dell'avv. Esini per il dipendente Villa. Da questa mia segnalazione nulla più ho saputo di specifico circa gli accertamenti svolti. Pertanto, non può certo essere stata quella lettera a costituire per me un serio ed effettivo campanello d'allarme».

LE DENUNCE
«Non vi era assemblea della Banca in cui il socio Maurizio Dalla Grana non intervenisse per lamentare presunte irregolarità della gestione. Pertanto, quando, per l'ennesima volta, nel corso dell'assemblea del 2014 segnalò tali presunte irregolarità, la mia attenzione non fu particolarmente alta, anche perché egli si limitò ad affermare, in modo generico, che alcuni soggetti erano stati finanziati dalla Banca al fine di diventare soci... da parte del Collegio Sindacale e dalle altre funzioni di vigilanza interna non giunse alcuna segnalazione che confermasse l'esattezza di quanto dichiarato».

FONDI LUSSEMBURGHESI
«Quando è stata comunicata al CdA la proposta del Direttore Generale di nuovi investimenti in diverse società, ho ritenuto che tali investimenti avessero le medesime finalità e modalità delle operazioni precedentemente autorizzate. È stato, perciò, con stupore e amarezza che nell'aprile del 2015 venni a conoscere la diversa natura dei fondi di investimento, ed in particolare che attraverso questi fossero state acquistate azioni di BpVi.

Prima di allora nulla sapevo e nulla è mai emerso nelle segnalazioni del Risk Manager e degli altri organi di vigilanza interna». 

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