Esplosioni Kiev, generale Chiapperini: «È la vendetta di Putin e l'avvio dell'ingresso della Bielorussia in guerra. Opzione atomica in dottrina militare Mosca»

L'ex pianificatore nel comando Kosovo Force della Nato: «Ecco cosa sono i nuovissimi carri armati T14 schierati da Mosca»

Esplosioni Kiev, generale Chiapperini: «Azione preliminare ingresso Bielorussia in guerra. Opzione atomica in dottrina militare Mosca»
Esplosioni Kiev, generale Chiapperini: «Azione preliminare ingresso Bielorussia in guerra. Opzione atomica in dottrina militare Mosca»
di E.P.
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Lunedì 10 Ottobre 2022, 18:37 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 01:21

La Russia ha sferrato un attacco con missili e droni su 14 regioni dell’Ucraina colpendo duramente anche Kiev. Una recrudescenza che preoccupa non poco. Il generale Luigi Chiapperini, già pianificatore nel comando Kosovo Force della Nato, comandante dei contingenti nazionali Nato in Kosovo nel 2001 e Onu in Libano nel 2006 e del contingente multinazionale Nato su base Brigata Garibaldi in Afghanistan nel 2012, attualmente membro del Centro Studi dell’Esercito e autore del libro “Il Conflitto in Ucraina” (Francesco D’Amato Editore 2022) offre un’analisi di quanto sta accadendo in queste ore.

Generale si sono registrati bombardamenti russi su Kiev ed altre città ucraine. È la vendetta di Putin? E si tratta di una prima risposta o dobbiamo attenderci un'escalation?

«I bombardamenti di oggi sono quasi sicuramente la risposta di Putin a quanto è avvenuto negli ultimi giorni: la controffensiva ucraina che continua a procedere con successo nella regione di Luhansk e a Kherson ma soprattutto le esplosioni che hanno danneggiato il ponte simbolo di Kerch. Potrebbero però essere anche azioni preliminari rispetto alla possibile entrata in conflitto della Bielorussia che sinora si era tenuta fuori almeno in campo militare.

Era da giugno che la capitale Kiev e tante altre città non venivano colpite così pesantemente. Da allora però si è registrato uno stallo delle operazioni dei russi, seguito a settembre da una vera e propria controffensiva delle forze ucraine che hanno riconquistato parecchi territori nelle regioni di Karkhiv, Luhhansk e Kherson».

 

«Le esplosioni al ponte di Kerch, infrastruttura strategica considerata dai governanti russi il nuovo cordone ombelicale che ha nuovamente unito la Crimea alla madre Russia, hanno non solo reso più vulnerabili e un po’ più isolate le truppe russe operanti a nord della penisola, ma anche inferto un ulteriore duro colpo al prestigio della Russia. Tutto ciò non poteva rimanere impunito e i bombardamenti delle ultime ore costituiscono la loro riposta che si aggiunge alla mobilitazione “parziale” di fine settembre i cui effetti però verosimilmente non si vedranno nell’immediato. In tale quadro le dichiarazioni del presidente bielorusso Lukashenko, che ventila un possibile coinvolgimento delle proprie truppe a fianco di quelle russe, confermano il momento di difficoltà russo e la possibilità che il conflitto si allarghi, almeno a livello regionale».

Un attacco nucleare (anche con un ordigno tattico) è un'eventualità più vicina o più lontana dopo i missili di oggi?

«I missili e i droni di oggi hanno avuto come obiettivi alcune infrastrutture strategiche, essenzialmente impianti di produzione e distribuzione dell’energia elettrica. Ciò presumibilmente per dimostrare la risolutezza dei russi e contestualmente raggiungere alcuni scopi: spezzare la volontà di combattere degli ucraini, degradare la capacità difensiva dell’avversario e far cambiare la gravitazione dei sistemi antiaerei facendoli allontanare dalla linea di contatto dove le truppe russe stanno subendo, a parte l’area nei pressi della città di Bakmut dove sembra stiano riprendendo coraggio, l’iniziativa delle forze di Kiev.  L’opzione atomica è contenuta nella dottrina militare russa. Due anni fa il presidente Putin ha diramato una direttiva con la quale ha chiarito quali possono essere le situazioni in cui può rientrare l’impiego di armi nucleari. Tra queste c’è anche l’integrità e la sopravvivenza della Federazione».

«I referendum farsa di fine settembre che hanno sancito l’annessione alla Russia delle quattro regioni di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson, peraltro neanche completamente occupate dai russi ma che considerano ormai parti integranti del loro paese, hanno pertanto messo nelle mani di Putin uno strumento in più per consentirgli l’uso di bombe nucleari. Parliamoci chiaro, la meno potente delle armi nucleari di tipo tattico produce, al netto delle conseguenze dovute alle radiazioni, all’incirca gli stessi effetti distruttivi di alcune delle più moderne e potenti armi convenzionali, ma il solo fatto di ricorrere al nucleare farebbe cadere un tabu che dura da quasi ottanta anni rischiando di provocare una ulteriore escalation con gravi conseguenze per tutti. Non credo che qualcuno lo desideri e tra questi c’è anche la Cina che lo ha ribadito proprio oggi».

Lei si è detto favorevole allo svolgimento di referendum in Ucraina ad alcune condizioni. Quali?

«Ritengo che gli eventi che hanno coinvolto il Ponte di Kerch unitamente ai referendum di Putin, abbiano al momento allontanato possibili negoziati e quindi anche iniziative in tal senso. Peraltro è necessario continuare a dialogare e a cercare costantemente possibili vie di uscita. Con la Cina scontenta per il rallentamento della sua economia e che continua a premere per uscire dalla ormai troppo lunga situazione di conflitto, la Russia potrebbe trovarsi isolata in ambito Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Fatte salve le necessarie considerazioni basate sul diritto internazionale, nel caso di ricorso a dei veri referendum ritengo che si debba procedere come ho assistito in altri teatri operativi, ad esempio in Kosovo e in Afghanistan. Intanto risulta necessario che le attività di voto siano predisposte da una organizzazione sovranazionale come l’ONU. Come pre-condizione, tutte le forze militari presenti nei territori contestati devono ritirarsi al di là dei confini internazionalmente riconosciuti e sostituite da caschi blu pesantemente armati, per intenderci ancor più delle forze di UNIFIL schierate nel sud del Libano. Naturalmente tutte le fasi del voto dovranno essere monitorate sia da osservatori internazionali che dalle parti in causa. Il punto più critico è la partecipazione popolare che dovrebbe necessariamente coinvolgere tutti i cittadini di quelle regioni, compresi quelli che avevano dovuto lasciare le proprie abitazioni dal 2014 in poi ed escludendo chi vi è stato insediato dopo tale data. Insomma, non è così semplice e inoltre sorge spontanea una domanda: può essere considerato valido un referendum al quale, ancorché condotto con tutti i crismi, non parteciperanno tutti coloro che sono stati uccisi in tutti questi anni?»

Una curiosità. Pare abbiano fatto la loro comparsa sul campo di battaglia i nuovissimi carrarmati T14. Perché la Russia ha deciso di schierarli in Ucraina?

«Al momento circolano immagini di pochissimi esemplari di questo carro armato che si muovono nelle retrovie dei campi di battaglia nelle regioni del Donbass. La Russia potrebbe schierare un numero limitato di questi mastodontici mezzi chiamati “Armata”, con caratteristiche similari a quelle dei carri occidentali sia in termini di dimensioni che di utilizzo esteso dell’elettronica, ma che avrebbero la capacità di sparare fino a 10 colpi da 125 mm al minuto e colpire bersagli a una distanza di 7 km.  Per dare un’idea di quanto sia potente l’ultimo nato in casa russa, il carro armato statunitense M1 Abrams può sparare “solo” 3 proietti al minuto, con una portata di “appena” 4.500 metri. Naturalmente gli USA non si sono fermati a guardare e quindi vedremo cosa sarà in grado di fare la nuova versione del carro statunitense in uscita proprio in questi giorni denominata ”X”. Inoltre il mezzo russo dispone di una corazza reattiva Malachit e un sistema di protezione attiva Afganit, che include un radar a onde millimetriche per rilevare, monitorare e intercettare munizioni anticarro in arrivo a similitudine dell’avanzatissimo sistema israeliano Trophy. Peraltro di T-14, che ha avuto una genesi a dir poco travagliata proprio a causa della sua complessità e dei costi di sviluppo e produzione molto elevati, ce ne sono al momento disponibili relativamente pochi (probabilmente solo alcune decine) nei ranghi di una delle divisioni di punta dell’esercito russo, la 2^ Divisone della Guardia Tamanskaya. La domanda è se si tratta solo di prove sul terreno effettuate per ora a debita distanza dal nemico o se i russi si fideranno a immettere in combattimento un maggior numero di un veicolo sicuramente mobile, protetto e potente, ma verosimilmente non ancora maturo in quanto non testato a sufficienza. Ma dovrebbero fare in fretta perché la “rasputica”, la stagione del fango che tutto immobilizza, è alle porte».  

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