Il palindromo della domenica: 02-02-2020, la storia di una data avvolta dal mistero

Il palindromo della domenica: 02-02-2020, la storia di una data avvolta dal mistero
di Raffaele ARAGONA
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Sabato 1 Febbraio 2020, 19:30 - Ultimo aggiornamento: 19:51
A leggere la data di domani, domenica, 02.02.2020, salta agli occhi la sua particolarità: è una sequenza palindroma, la si può leggere, cioè, indifferentemente da sinistra o da destra senza che cambi nulla. In questo secolo è già successo altre volte: per due anni consecutivi, a cominciare dal 10.02.2001 e dal 20.02.2002 (data ancor più singolare perché costituita da sole due diverse cifre, così come quella di oggi), poi con 01.02.2010, con 11.02.2011 e con 21.02.2012; capita ora e capiterà ancora altre 23 volte. 

Nel prossimo secolo saranno invece 30 le date del genere e l’ultima sarà quella del 29.12.2192; dopo bisognerà attendere il terzo millennio con il 10.03.3001. Una data palindroma per noi non lo è quasi mai per chi utilizza notazioni differenti: si pensi all’uso anglosassone che, all’anno fa seguire il mese e il giorno. Nessuna differenza, però, questa volta, poiché la stessa successione indica sempre il 2 febbraio 2020, sia a Napoli come a New York, dove il «palindrome day» è 2020.02.02.

Non sono soltanto i numeri a poter essere palindromi; possono esserlo vocaboli, frasi o interi testi: a cominciare da singole parole come «otto», «ossesso», «anilina», «onorarono» o frasi intere come «è la morte tetro male» o come il noto verso latino riportato da Sidonio «in girum imus nocte ecce et consumimur igni» («andiamo in giro di notte ed ecco ci consumiamo nel fuoco»), forse riferito alle falene che il poeta vedeva bruciarsi alla fiamma della lucerna. «Nizon anomemata me monan ozin» («làvati i peccati, non soltanto il viso») è l’iscrizione greca del fonte battesimale di Notre-Dame des Victoires a Parigi. Anche il «quadrato di Pompei» («sator, arepo, tenet, opera, rotas»), se svolto di séguito, è un palindromo; Hugo Brandt Cortius, un letterato-matematico olandese, nel suo Symmys, ha raccolto in bell’ordine oltre duemila esempi di versi palindromi in tante lingue diverse.

È palindromo, a cominciare dal titolo, l’intero testo teatrale «Oír a Darío» del poeta venezuelano Dario Lencini; si deve a Georges Perec, lo scrittore di “La vita istruzioni per l’uso”, un saggio di oltre 5.000 lettere, mentre il primato italiano spetta a Giuseppe Varaldo con lo scritto di 4.587 lettere dedicato alla vittoria dell’Italia ai mondiali del 1982. A un altro episodio, questa volta certamente non lieto, è legata una frase che ha del prodigioso; il matematico Marco Buratti l’ha immaginata contenuta nelle pagine di un diario: «era gennaio, vedevo il giglio…il giglio vede voi annegare». Un altro matematico, Douglas Hofstadter, l’autore di Godel, Escher, Bach, ha pubblicato il volume Ambigrammi (Hopefulmonster, 1987) nel quale nomi di persona e di luoghi sono scritti con una particolare grafia che li fa leggere egualmente anche se capovolti.

Il palindromo ha da sempre interessato anche altri campi. Musicisti come Benedetto Marcello, Beethoven, Satie e Boito hanno composto partiture che restano identiche, anche se eseguite al rovescio. «Elle difame ma fidelle», così si espresse il Conte di Chasteauneuf nei riguardi di una poco gentile amica che aveva detto male della sua fidanzata. Del tutto fantastica è, invece, l’ammissione (in inglese...!) di Napoleone: «able was I ere I saw Elba» e altrettanto surreale è la presentazione che Adamo fa di sé a Eva: «Madame, I’m Adam». Arrigo Boito, nel donare un anello a Eleonora Duse, segnò sul biglietto: «È fedel non lede fe’/ e Madonna annod’a me». In una lettera indirizzata alla stessa Duse, il letterato-compositore scrisse «Le parole son fatte per giocare»; e davvero, a cominciare con il proprio nome anagrammato in Tobia Gorrio, egli si divertì molto in questo modo. In alcuni testi simpaticamente licenziosi riferentisi a Lucia Hollebut, una sua amica olandese, Boito non finisce mai di stupire con la girandola di artifici centrati proprio sul palindromo.

I versi palindromi, cui nel passato si vollero attribuire origini soprannaturali e misteriose, ebbero nel tempo diverse denominazioni: furono detti «cancrini» perché, come il gambero (cancer), vanno anche all’indietro o «sotadici» dal nome del poeta greco Sotade, del quale si racconta che il re Tolomeo Filadelfo, esasperato dai continui esempi che il poeta gli dedicava, lo fece precipitare in mare; Diomede li disse «reciproci», mentre Sidonio Apollinare li definì «concorrenti». E non basta: per il Tabourrot delle Bigaurres erano «rétrogrades» («retrogradi») ed Étienne Pasquier, nelle sue Recherches, li chiamò «retournantes» («rigiranti»), senza dire di altre denominazioni: «rotolanti», «anaciclici», «rovesciantisi».
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