Musei romani: al Macro, otto mostre compongono "Il Museo per l'Immaginazione Preventiva"

Nathalie Du Pasquier in mostra al Macro
Nathalie Du Pasquier in mostra al Macro
di Valeria Arnaldi
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Martedì 9 Febbraio 2021, 13:19

È una struttura editoriale a farsi musa e modello per il Museo per l’Immaginazione Preventiva, programma di Luca Lo Pinto, direttore artistico del Macro, che trasforma gli ambienti del Macro, appunto, in “rubriche”, andando così a comporre una sorta di magazine tridimensionale. A inaugurare il progetto sono, appena aperte, ben otto mostre. La sezione Solo/Multi è dedicata all’artista e designer Nathalie Du Pasquier: “Campo di Marte” è la sua prima grande personale ospitata in un’istituzione museale italiana. Fino al 20 giugno, oltre cento opere realizzate dagli anni Ottanta fino a oggi sono riunite a costruire una sorta di monumentale installazione che illustra la visione dell’artista, tra dipinti, stampe, elementi di design e “cabine” che definiscono lo spazio, spezzando l’orizzonte. E nella rivoluzione dell’idea di ambiente è la prima chiave di lettura della mostra e, in generale, dell’intero progetto articolato in più esposizioni. L’opera si “diffonde” nella grande sala, giocando con le due e le tre dimensioni, per trasportare l’osservatore in una realtà alternativa a quella usuale, in una vera “immersione” nel mondo dell’artista.

Non solo Du Pasquier. “Retrofuturo – Appunti per una collezione” è il titolo della collettiva dedicata a undici artisti italiani della nuova generazione.

La collezione permanente del museo dialoga così, in modo ideale, con la scena contemporanea attuale. Le foto dei lavori nel patrimonio museale, in giganteschi wallpaper, si fanno scenario per le nuove opere. Ecco allora lavori di artisti nati tra gli anni Ottanta e Novanta: Carola Bonfili, Costanza Candeloro, Ludovica Carbotta, Gianluca Concialdi, Giulia Crispiani, nonché Giorgio Di Noto, Beatrice Marchi, Diego Marcon, Sagg Napoli. Senza dimenticare Francesco Pedraglio e Davide Stucchi. Un work in progress per ampliare l’orizzonte della collezione.

La sezione “Aritmici”, incentrata sulle figure irregolari del mondo dell’arte, si apre con la mostra su Wolfgang Stoerchle, realizzata con Alice Dusapin e visitabile fino al 27 giugno. L’esposizione riunisce per la prima volta in un’istituzione museale italiana un corpus consistente di opere dell’artista, considerato  uno dei riferimento della scena californiana anni Settanta.

“Polifonia” invece è l’area che guarda a monografie sperimentali che seguono i metodi dell’improvvisazione musicale. Primo appuntamento, fino al 6 giugno, "Simone Carella. Io poeto tu”, che illustra il lavoro di Carella attraverso più testimonianze ma anche con riletture create appositamente da altri autori per ragionare sulla “risonanza” della sua visione nel tempo e nelle ricerche successive. In tale meccanismo di “confronto” e indagine, contributi di Ulisse Benedetti, Pippo Di Marca, Paolo Grassini, Rossella Or, Mario Romano, Fabio Sargentini, Marco Solari dialogano con opere di Rä di Martino, Anna Franceschini, Emiliano Maggi, interventi di Vega, Francesca Corona e Alessandra Vanzi, Andrea Cortellessa, Silvia Fanti e Giorgio Barberio Corsetti, Valerio Mattioli.

Ancora mostre e sperimentazione. La ricerca musicale di Editions Mego, dal 1995–2020, condotta con la guida di Peter Rehberg, è al centro dell’area “Musica da Camera”. Non uno spazio espositivo tradizionalmente inteso ma un luogo dedicato all’ascolto.

Nel Museo dell’Immaginazione Preventiva, anche “In-Design”, stanza dedicata ai più interessanti e innovativi graphic designer: fino al 13 giugno, Boy Vereecken si racconta in “Back Matter”, in una monumentale espressione della sua filosofia basata sulla continua evoluzione delle identità visive. Stessa data di chiusura per  l’esposizione di Soshiro Matsubara, “Caresses”, nell’area denominata “Palestra”, dove gli artisti possono presentare opere d’arte in fieri.

All’interno del “magazine tridimensionale”, non poteva mancare un’area dedicata allo “Studio Bibliografico”, riservata a riviste, fanzine, libri, operazioni artistiche ed ephemera. I riflettori, fino al 30 maggio, sono puntati su “Playmen: un album”, con interventi di Vega, Carlo Antonelli, Maria Luisa Frisa, Michele Masneri. E contributi di Fulvio Jacometti, Mauro Piccini, Pier Francesco Pingitore, Bruna Reali, Roberto Rocchi. Il racconto di un’esperienza editoriale che ha segnato l’immaginario culturale italiano, contribuendo a cambiarlo profondamente. E pure a “liberarlo”.

Dal Macro al Mattatoio. La struttura museale ha appena riaperto con la mostra “Luigi Presicce. Le Storie della Vera Croce”, a cura di Angel Moya Garcia, visitabile fino al 2 maggio. Avviato nel 2012, il ciclo viene qui esposto per la prima volta nella sua interezza, per un totale dunque di dieci capitoli, formati da diciotto performance presentate in video. Il ciclo si presenta come un’opera unica. A completare la “narrazione”, una nuova produzione realizzata dall’artista negli scorsi mesi nell’ambito del programma di residenze produttive “Prender-si cura”.

"Le Storie della Vera Croce" si ispira alle omonime vicende del Sacro Legno tratte da La Legenda Aurea di Jacopo Da Varagine e dalla Sacra Bibbia, nonché ai cicli pittorici di  Agnolo Gaddi e Piero Della Francesca.

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