Coronavirus, studio Iss su animali: criceti e furetti i più vulnerabili, i maiali i più resistenti. Ma non contagiano uomo

Coronavirus, studio Iss su animali: criceti e furetti i più vulnerabili, i maiali i più resistenti. Ma non contagiano uomo
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Mercoledì 22 Aprile 2020, 15:15 - Ultimo aggiornamento: 17:57

Gli animali domestici non contagiano l'uomo, ma possono essere suscettibili all'infezione da coronavirus. Lo sottolinea il nuovo rapporto tecnico dell'Istituto superiore di sanità (Iss). Criceti, furetti e pipistrelli appaiono vulnerabili, al contrario di maiali, anatre e polli. 

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Tra i primi casi di contagio ci sono quello di un volpino di Pomerania a Hong Kong, di un gatto in Belgio e in una tigre a New York. Sono stati segnalati anche tre leoni africani. «La diffusione dell'infezione da virus Sars-CoV-2 nell'uomo avviene per contatto interumano. Tuttavia, i gatti, i furetti e, in misura minore, i cani sono suscettibili all'infezione» spiegano gli scenziati.

IL CONTAGIO - Gli animali da compagnia, infatti, «possono essere potenzialmente esposti al virus Sars-CoV-2 in ambito domestico e contrarre l'infezione attraverso il contatto con persone infette. Ciononostante, allo stato attuale, non esistono evidenze che gli animali da compagnia svolgano un ruolo epidemiologico nella diffusione all'uomo del virus - ricorda l'Iss - Anzi, il rapporto con gli animali è importante per il nostro benessere in questo periodo di forzato isolamento. Tuttavia per proteggerli è necessario adottare precauzioni per un accudimento sicuro, soprattutto se si è contagiati». Per questo «le persone con diagnosi sospetta o confermata di Covid-19 dovrebbero evitare di avere contatti con gli animali presenti nel contesto domestico e non dovrebbero, nei limiti del possibile, occuparsi del loro accudimento. Questo dovrebbe essere assicurato prioritariamente grazie all'aiuto di un familiare o convivente e in caso di necessità, prevedendo il ricorso ad aiuti esterni».

LE PRECAUZIONI - Gli aiuti esterni «dovrebbero adottare misure di protezione individuali e procedure che permettano di minimizzare il rischio di esposizione diretto (contatto con le persone presenti nel nucleo abitativo) o indiretto (contatto con l'ambiente abitativo). E devono essere informati in anticipo se l'animale di cui si prendono cura appartiene ad un nucleo in cui vivono o hanno vissuto persone con sospetta o confermata Covid-19», raccomandano i ricercatori. I numeri però finora sono tranquillizzanti: a fronte di «oltre 2,3 milioni di casi di Covid-19 riportati nell'uomo in tutto il mondo sono stati segnalati solo quattro animali (due cani e due gatti) con diagnosi certa per Sars-CoV-2 in condizioni naturali». Ciononostante, «occorre agire con un principio di precauzione ed evitare che gli animali possano contrarre l'infezione ed eliminare il virus».

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CANI E GATTI - Tra i casi di animali contagiati ci sono due casi a Hong Kong, un pastore tedesco di un paziente affetto da Covid-19, che viveva assieme ad un altro cane, risultato negativo ai test. «Nessuno dei due animali presentava sintomi clinici rilevanti». Poi un gatto positivo, che non mostrava segni di malattia. Il 27 marzo presso l'Università di Liegi in Belgio, è stata rilevata la presenza dell'Rna virale nelle feci e nel vomito di un gatto che mostrava sintomatologia respiratoria e gastroenterica. L'animale aveva sviluppato i sintomi a distanza di una settimana dal rientro della sua proprietaria dall'Italia, con diagnosi positiva per Covid-19.

FURETTI E PIPISTRELLI - Alcune «infezioni sperimentali sono state condotte in Germania presso il Friedrich Loeffler Institute somministrando Sars-CoV-2 per via intranasale a maiali, polli, pipistrelli della frutta e furetti. Furetti e pipistrelli sono risultati suscettibili all'infezione, a differenza dei maiali e dei polli. La replicazione virale più efficiente, con titoli più elevati, è stata osservata nei furetti. Inoltre, tre furetti non infettati sperimentalmente, posti nelle gabbie in prossimità dei furetti infettati, sono anch'essi risultati positivi».

I CRICETI  I PIU' DEBOLI - Due recentissimi studi hanno indagato la suscettibilità del criceto (Mesocricetus auratus) all'infezione intranasale: «Entrambi i lavori documentano una significativa suscettibilità del criceto al virus. Gli animali - riferisce l'Iss - hanno sviluppato una sintomatologia lieve caratterizzata da letargia, pelo arruffato, moderata perdita di peso e aumento della frequenza respiratoria». Il quadro clinico-patologico di questi animali «va incontro a progressiva e completa remissione dopo circa 2 settimane, allorché si osserva la comparsa di anticorpi neutralizzanti. Criceti sani, alloggiati nelle stesse gabbie di quelli infettati sperimentalmente, contraggono anch'essi l'infezione, segno della possibilità di trasmissione intraspecifica del virus». Il lavoro sperimentale citato in precedenza per gatti, furetti e cani ha testato anche animali di interesse zootecnico quali suini, anatre e polli, escludendo, nelle condizioni sperimentali adottate, la loro suscettibilità a Sars-CoV-2. «Si tratta, però, di dati preliminari - ammonisce il report Iss - che necessitano di ulteriori conferme sperimentali, anche in funzione del fatto che Sars-CoV, strettamente correlato a Sars-CoV-2 dal punto di vista genetico e biologico, è stato in grado di infettare per via naturale la specie suina». 

 


 

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