Pizza, senza il dolce di Poggio Bustone che Pasqua è? La ricetta segreta e anti dieta di nonna Maria, 92 anni

Pizza, senza il dolce di Poggio Bustone che Pasqua è? La ricetta segreta e anti dieta di nonna Maria, 92 anni
di Sabrina vecchi
3 Minuti di Lettura
Mercoledì 31 Marzo 2021, 13:43 - Ultimo aggiornamento: 13:58

Se non fai le pizze di Pasqua, che Pasqua è? Maria, novantadue anni che sembrano settanta, le fa da quando aveva vent'anni, da quando «me l'ha insegnate Filomena la fornara del paese». Il paese è Poggio Bustone e qui l'usanza dei dolci pasquali è ancora molto sentita, come segno tradizionale del periodo. Certo, «so' commattute», spiega Maria ponendo l'accento sulla lunghezza della preparazione che dura quasi tre giorni, «ma la ricetta la so a mente, non me la sono mai scordata e non è passato un anno che non l'ho fatte, pure quando è morto mio marito». Giovanni a Poggio Bustone lo chiamavano il brigadiere per la sua capacità di tenere banco e organizzare le feste, e ora che lui non c'è più la brigadiera del paese è Maria: «Stava all'ospedale la settimana di Pasqua, era malato eppure mi disse: vai a casa e fai le pizze».

Napoli, l'uovo di Pasqua da record dedicato a Dante

Pasqua in lockdown, boom di acquisti di barbecue: irrinununciabili anche uova di cioccolata e frutta secca


IL RACCONTO
La morte arrivò prima di riuscire a mangiarle un'ultima volta, ma oggi i dolci si fanno per i figli, i nipoti, i vicini di casa o per le persone alle quali fare gli auguri: «Ho cinque figli, le nuore e otto nipoti, le faccio per loro». La pasta è fatta in casa? «E certo: i tagliolini, le fettuccine, i capellini, tutto. Per Pasqua viene un figlio solo, faccio la pasta, la coratella con le uova, le cotolette d'abbacchio fritte, e poi stamo a Poggio Bustone.

Che un pezzetto di porchetta col pane fresco o la pizza non te li mangi?».

Certamente sì. Perché le tradizioni passano anche da quello che si mette in tavola, e nei paesi l'usanza è sinonimo di affetto verso i propri cari e rispetto verso chi non c'è più. A Poggio il Lunedì dell'Angelo si andava tutti a fare la gita a piedi al Sacro Speco, «dove l'Angelo apparve a San Francesco», si apparecchiava per terra dopo la Messa, si portavano gli avanzi del giorno prima e si condivideva tutto con tutti: «Adesso c'è poca gente al paese, ma la tradizione è rimasta. Erano belle giornate, ballavamo pure». Maria guarda le pizze pronte e imbustate, ma è preoccupata: «Mi sa che non bastano, mi tocca farne altre. Ho utilizzato dodici uova ma l'ho già date al prete, ai parenti, ai vicini. E se capita qualcun altro che gli do?». Gli ingredienti anti dieta? Non sono un segreto. Sei etti di zucchero, «ma io ce ne metto di più, sennò di cosa sanno? Di niente». Poi la farina, le uova, il lievito, il latte, gli aromi e i liquori, senza pesare le dosi, tutto fatto a occhio. «Io ci metto un misto di sambuca, vermut, alchermes e rosolio di cannella. E poi gli estratti di limone e mandorla che danno il profumo: sennò di cosa sanno?». Di niente.

Sopra, per guarnire e addolcire, glassa di zabaione e granelli di zucchero colorato. Maria non le fa di formato molto grande, preferisce comporre delle porzioni più piccole perché non secchino troppo in dispensa e rimangano più friabili e compatte, «sennò sembra la carta e poi di che sanno?» Di niente, ovviamente. La brigadiera, sotto l'aspetto deciso, ha un cuore tenero, e si vede. «Vedi che la ricetta la svelo? E che me la porto al camposanto?».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA