Torre dei Beati d’Abruzzo: Il carattere dei vitigni antichi riscoperto da Adriana Galasso e Fausto Albanesi

Torre dei Beati d’Abruzzo: Il carattere dei vitigni antichi riscoperto da Adriana Galasso e Fausto Albanesi
Torre dei Beati d’Abruzzo: Il carattere dei vitigni antichi riscoperto da ​Adriana Galasso e Fausto Albanesi
di ​Alessandro Brizi
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Giovedì 9 Aprile 2020, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 08:38
Nella chiesa di S. Maria in Piano, a Loreto Aprutino (Pescara), si trova l’affresco del Giudizio universale, uno dei simboli dell’arte d’Abruzzo insieme al guerriero di Capestrano e il rosone della basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila. Risalente alla prima metà del ‘400 e di autore sconosciuto, l’opera raffigura la “torre dei beati” come traguardo finale per i fedeli, una Gerusalemme celeste quasi plastica per la vivacità dei colori e la risolutezza del tratto.

Proprio dalla torre dell’affresco trae il nome un’azienda vinicola altrettanto simbolica per questo spicchio di territorio pescarese. Condotta dalla coppia Adriana Galasso e Fausto Albanesi, Torre dei Beati è una cantina che racconta la storia di due giovani imprenditori percorsi dalla voglia di ridare valore al proprio territorio.

«Poco prima del 2000 – racconta Fausto Albanesi – avevamo ereditato circa 20 ettari di vigna da mio suocero e dai suoi fratelli. Subito ci siamo dedicati alla produzione di vino con l’idea di rispettare l’equilibrio ambientale dei vigneti e offrire qualità con le uve tradizionali della zona».



A distanza di vent’anni i desideri di Adriana e Fausto si sono avverati. I loro vini raccontano l’Abruzzo: il Montepulciano Mazzamurello, goloso e potente, così come il Cocciapazza, elegante e vellutato, hanno sedotto pubblico e critica con premi ogni anno. Non da meno i vini da uva Pecorino e il Cerasuolo Rosa-ae, tra i migliori rosé del Bel Paese per la guida del Touring Vini Buoni d’Italia, la sola dedicata ai vini da vitigni autoctoni. «Abbiamo avuto tante soddisfazioni – aggiunge – e sin dall’inizio è stata apprezzata l’idea di fare vini bio e territoriali. Oggi, in un momento molto difficile, tutto questo ci dà forza e speranza per un futuro ancora da vignaioli». Questo messaggio ha un valore doppio perché viene da una terra che, proprio undici anni fa, in questa settimana, entrava nell’incubo di un terremoto tra i più devastanti. Ferite e rabbia però, qui in Abruzzo, non hanno mai sopito la speranza: ingrediente indispensabile, per tutti noi, in questo aprile 2020.
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