Covid, una giovane mamma disse al primario: «Rischio di morire, pensi a mio figlio appena nato»

Al centro il primario Antonella D'Alonzo. Covid, una giovane mamma disse al primario: «Rischio di morire, pensi a mio figlio appena nato»
Al centro il primario Antonella D'Alonzo. Covid, una giovane mamma disse al primario: «Rischio di morire, pensi a mio figlio appena nato»
di Maurizio Di Biagio
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Venerdì 7 Gennaio 2022, 10:08 - Ultimo aggiornamento: 15:21

Storie di sofferenza ma anche storie di lotta e rinascita nel reparto Malattie infettive dell'ospedale "Mazzini" di Teramo. Come la storia di Daniela, ragazza di 26 anni, infettata dal Covid, che ha partorito in ospedale e di fronte a un virus che sembrava non lasciarla disse al primario Antonella D'Alonzo: «Dottoressa se mi succede qualcosa pensi lei a mio figlio». Quando ricorda  questa storia di umana sofferenza che buca il cuore, la dottoressa D’Alonzo a stento riesce a trattenne le lacrime.

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Poi si sono i no vax, e qui è tutta un'altra prospettiva. «Fino all’ultimo, da intubati, i no vax che finiscono in terapia intensiva del Mazzini, anche con 15 litri di ossigeno, negano il virus e mi danno perfino della complottista e di chi ci guadagna su tutta questa pandemia». La vita della primaria del reparto di malattie infettive è sotto pressione tra recrudescenza del virus e via personale annullata. I ricoverati tra reparto (ala ovest) e parte dell’Hospice (ala est) sono arrivati a 24 e nell’ultima settimana vi sono stati tre morti. Con Omicron saltano i turni e manca il sonno notturno, quello riparatore: «Siamo stanchi, tutti. Dopo due anni ininterrotti in prima linea è dura».

Eppure le gratificazioni non mancano: «Casa mia è piena di statue di angeli che i pazienti, una volta dimessi, mi regalano, io per loro sono appunto l’angelo della famiglia». E la consuetudine che ora vige al lotto tre è quella di accompagnare personalmente i guariti, «assieme al caposala Battista e al team, fin alla soglia dell’uscio dove i parenti scalpitano in trepida attesa per riabbracciarli», insomma un corteo di felice commiato. Si perde la vita familiare ma in compenso si incassano tante soddisfazioni. 

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Un reparto che funziona, il suo. Come con i suoi predecessori, Pierluigi Tarquini e Dante Di Giammartino, direttori Uoc che l’hanno preceduta a Malattie infettive, un reparto che ha visto arrivate molti giovani motivati che la seguono in tutto (in corsia sono in 27: 4 medici, 19 infermieri e il resto Oss). «I miei figli, Eddy e Stefania, di 9 e 13 anni, all’inizio avevano paura che mi infettassi ora invece addirittura condividono con me nozioni tecniche», racconta. Con la nuova ondata il reparto non è più sufficiente e si è andati a pescare in quello confinante per altri 7 posti letto oltre ai 17 di malattie infettive: e non finisce qui perché a Teramo il picco è previsto «per fine gennaio inizio del mese prossimo». «I ricoverati hanno paura: l’80% da noi non è vaccinato ma questa percentuale (tutte persone che si sono informate sul web) poi in grande quantità viene convertita alla medicina ufficiale».

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Nella ricerca tutta sua che sta conducendo sul Long Covid (il reparto ha istituito un ambulatorio) ha notato come, oltre a inficiare su umore, memoria e sonno, agisce anche a livello di fegato producendo steatosi (fegato grasso): «Non manca quella nebbia cerebrale, formicolii, oppure casi di diabete». Procede di gran passo la dotazione dei monoclonali con Sotrovimab in prima posizione, tra i primi in Abruzzo a usarlo. «In reparto 5 posti letto sono dedicati alla terapia con anticorpi monoclonali: ogni giorno ne facciamo 5, ben 400 in totale finora su 100 solo due pazienti sono tornati al ricovero, una terapia che evita l’ospedalizzazione». 

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